Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1338 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. I, 22/01/2021, (ud. 11/09/2020, dep. 22/01/2021), n.1338

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10217/2019 proposto da:

L.R.M., rappresentata e difesa dall’avv. Emanuela Lo

Faro, del Foro di Catania;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA PROVINCIA CATANIA;

– intimata –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di CATANIA, depositata il

25/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/09/2020 da Dott. RUSSO RITA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1.- La ricorrente, cittadina (OMISSIS), ha proposto opposizione al decreto di espulsione emanato dal Prefetto di Catania in data 26 aprile 2018 in quanto sprovvista di permesso di soggiorno.

Il giudice di pace di Catania ha rigettato il ricorso osservando che la mancata traduzione del provvedimento di espulsione in lingua portoghese non ne inficia la validità poichè la ricorrente nel foglio notizie ha dichiarato di conoscere la lingua italiana e comunque gli atti sono tradotti in lingua inglese; che non sussistono i gravi motivi di carattere sanitario ostativi all’espulsone dal momento che nessuna patologia è stata riferita dalla straniera in sede di foglio notizie nè documentata nel giudizio di opposizione.

2.- Presenta ricorso per cassazione la R. affidandosi a quattro motivi. Non si è costituita l’intimata amministrazione.

Diritto

RITENUTO

Che:

3.- Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la nullità della costituzione in giudizio di primo grado del Questore, in quanto il Prefetto avrebbe conferito una delega per la rappresentanza e difesa al Questore che non reca la firma digitale nè la dicitura di conformità dell’atto e quindi sarebbe affetto da nullità. Il motivo è inammissibile, difettando di specificità, in quanto l’atto di costituzione in giudizio del Questore e la delega di cui si invoca la nullità per difetto di firma digitale e attestazione di conformità non sono trascritti in ricorso.

4.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione di norme e segnatamente la violazione del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 3,D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, nonchè l’omessa motivazione.

La ricorrente lamenta che il giudice di pace ha respinto il motivo di nullità per omessa traduzione con un solo rigo di motivazione, affermando che ella conosce la lingua italiana, perchè così è riportato nel foglio notizie e che comunque il provvedimento è stato tradotto in lingua inglese.

Di contro la ricorrente deduce di conoscere soltanto la lingua portoghese, perchè in Brasile non si parla nè l’inglese nè l’italiano, e che il decreto di espulsione è stato redatto solo in lingua italiana/inglese senza alcuna giustificazione sulla mancata traduzione nella lingua natia, se non sulla impossibilità di reperire un interprete di lingua portoghese, mentre ciò sarebbe stato possibile essendovi in Catania molti interpreti di lingua madre brasiliani. Si rileva infine la nullità del foglio notizie perchè redatto in italiano.

Il motivo è infondato.

L’omessa traduzione del decreto di espulsione nella lingua conosciuta dall’interessato o in quella cd. veicolare, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, comporta la nullità del provvedimento espulsivo, salvo che lo straniero conosca la lingua italiana e che di tale circostanza venga fornita prova, anche presuntiva, e ciò costituisce accertamento di fatto censurabile nei ristretti limiti dell’attuale disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Peraltro, tra gli elementi probatori che il giudice di pace può valutare del processo, assumono rilievo anche le dichiarazioni rese dall’interessato all’autorità amministrativa nel cosiddetto foglio-notizie, ove egli abbia dichiarato di conoscere una determinata lingua (Cass. 31/01/2019 n. 2953; 15/06/2011, n. 131; Cass. 15/05/2018, n. 11887).

Nella fattispecie, a fronte di un accertamento in fatto fondato sulle dichiarazioni rese dall’interessata in sede di compilazione del foglio notizie, dal quale – secondo quanto risulta nel provvedimento – emerge che la stessa ha dichiarato di conoscere la lingua italiana e che ha chiesto di avere un termine per il rimpatrio volontario (ai sensi dell’art. 13, comma 5), non viene specificato quale fatto decisivo avrebbe omesso di considerare il primo giudice, se non la mera affermazione che la lingua ufficiale del brasile è il portoghese, il che non esclude di per sè che i suoi cittadini parlino l’inglese, ovvero la lingua del paese dove (anche irregolarmente) soggiornano di fatto. Di contro non solo la dichiarazione di conoscere la lingua italiana e la sottoscrizione della notifica, ma anche la richiesta del termine per la partenza volontaria, e la successiva impugnazione sono tutti elementi concordanti, indicativi di una piena comprensione del decreto.

5.- Con il terzo motivo del ricorso si deducono motivi di carattere sanitario che inficiano la validità del decreto di espulsione.

Il motivo è inammissibile poichè non si deduce alcuna delle ragioni di ricorso di cui all’art. 360 c.p.c.. La ricorrente si limita ad affermare di soffrire di gravi condizioni di salute tra le quali un disturbo psicotico per le quali non può essere espulsa verso il Brasile. Tuttavia nella ordinanza impugnata si afferma che nessuna patologia tale da escludere la possibilità dell’espulsione è stata riferita in sede di compilazione foglio notizie e documentata in sede giudiziale. Avverso questa affermazione non è prospettata alcuna critica nè si afferma di avere prodotto della documentazione che il giudice di pace non ha tenuto in considerazione.

6.- Con il quarto motivo di ricorso si deduce la sussistenza del diritto al permesso di soggiorno ad altro titolo ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5.

Anche questo motivo è inammissibile perchè non consiste in una critica nei termini consentiti dalla legge processuale alla ordinanza impugnata, ma la ricorrente si limita ad affermare di avere diritto ad un permesso di soggiorno per residenza elettiva, senza peraltro specificare se il permesso di soggiorno è stato richiesto e in quale circostanza.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Nulla sulle spese in difetto di costituzione dell’intimata amministrazione. Trattandosi di procedimento esente da ogni tassa o imposta (cfr. del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, comma 8, che ha sostituito del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13-bis), non è dovuto il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

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