Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13379 del 30/06/2016

Cassazione civile sez. un., 30/06/2016, (ud. 07/06/2016, dep. 30/06/2016), n.13379

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni Presidente di Se – –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2556/2016 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI

39, presso lo studio dell’avvocato ADRIANO GIUFFRE’, rappresentato

e difeso dall’avvocato RENATO RIZZI, per delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI CAMPOBASSO, PROCURATORE

GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 166/2015 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE,

depositata il 11/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/06/2016 dal Consigliere Dott. MARCELLO IACOBELLIS;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’avv. C.L. ha proposto ricorso per la cassazione della decisione del CNF n. 166/2015 con la quale è stato rigettato il ricorso dal medesimo proposto avverso la decisione del COA di Campobasso dell’8/4/2013, con la quale esso ricorrente era stato ritenuto responsabile dell’indebita ritenzione di somme riscosse per conto di un cliente – Banco di Sicilia, così violando gli art. 7, comma 1 (Dovere di fedeltà), art. 8 (Dovere di diligenza), art. 38, comma 1 (Inadempimento al mandata) art. 41, commi 1, 2 e 3 (Gestione di denaro altrui), con irrogazione della sospensione dall’esercizio della professione per mesi 11. Il CNF riteneva infondata l’eccezione di prescrizione formulata dal C. sul rilievo che la violazione deontologica risultava Integrata da una condotta protrattasi nel tempo, richiamando in proposito l’orientamento espresso con le decisioni n. 208 del 28/12/2012, n. 55 del 10/4/2013, n. 132 del 8/9/2011, nonchè di queste SS.UU. n. 14620 dell’1/10/2003.

Il ricorso è fondato su unico motivo. Nessuna attività difensiva ha svolto il CNF.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Assume il ricorrente la violazione del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 51, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, laddove il CNF ha ritenuto il carattere permanente della condotta da lui avuta. Afferma il C. che la data di commissione dell’illecito andrebbe individuata nel giorno successivo alla riscossione delle somme –

11/10/2006 -, come peraltro ritenuto dall’istituto bancario mandante che aveva richiesto al tribunale di Milano d.i. in danno di esso ricorrente con interessi decorrenti per l’appunto dalla suddetta data; da ciò conseguirebbe l’avvenuto decorso del termine di prescrizione quinquennale alla data di apertura del procedimento disciplinare 31/5/2012-.

La censura è infondata. Ai sensi del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 51, l’azione disciplinare nei confronti dell’avvocato si prescrive nel termine di cinque anni, che decorrono dal giorno di realizzazione dell’illecito, ovvero, se questo consista in una condotta protratta, dalla data di cessazione della condotta stessa.

E’ circostanza pacifica che il C. per conto del Banco di Sicilia s.p.a., attraverso mandati emessi a suo nome dal Cancelliere del Tribunale di Larino, abbia riscosso, in data 11/10/2006, la somma di Euro 161.151,61; e che tale somma non sia stata versata al Banco di Sicilia s.p.a. fino all’inizio del procedimento disciplinare –

l’avv. C. avrebbe ripetutamente promesso la restituzione delle somme senza a ciò provvedere.

Il disposto dell’art. 44, u.c., del codice deontologico forense vigente ratione temporis, secondo cui l’avvocato è tenuto a mettere immediatamente a disposizione della parte assistita le somme riscosse per conto di questa”, contrariamente all’assunto del ricorrente, non può essere interpretato nel senso della irrilevanza della successiva indebita ritenzione del denaro riscosso. La condotta del professionista, nel caso in esame, presenta i connotati tipici della continuità della violazione deontologica, per tale sua natura destinata a protrarsi fino alla restituzione delle somme che il medesimo avrebbe dovuto mettere a disposizione del cliente. Ne consegue che il protrarsi di tale condotta fino alla decisione del COA è ostativa al decorso del termine prescrizionale di cui all’art. 51 cit., come ritenuto dalla sentenza impugnata. Ciò non senza rilevare che analogo carattere permanente va riconosciuto alle correlate e contestate violazioni di cui agli art. 7 (dovere di fedeltà), art. 8 (diligenza), art. 38 (inadempimento del mandato).

Nulla per le spese in assenza di attività difensiva.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1 quater, il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2016

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