Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13379 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 13379 Anno 2015
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA
sul ricorso 21086-2012 proposto da:
QUASTO GIUSEPPE c.f. QSTGPP38B02F839A, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA G. AVEZZANA 2/B, presso lo
studio dell’avvocato MASSIMO CAMMAROTA, rappresentato
e difeso dall’avvocato ANTONIO TRAPANESE, giusta
delega in atti:
– ricorrente –

2015
1120

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A. P.I. 01585570581, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI

Data pubblicazione: 30/06/2015

22, presso lo studio dell’avvocato ENZO MORRICO, che
la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 581/2012 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 18/04/2012 r.g.n. 1923/2010;

udienza del 10/03/2015 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAISANO;
udito l’Avvocato COSENTINO VALERIA per delega verbale
MORRICO ENZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 18 aprile 2012 la Corte d’appello di Roma, ha
confermato la sentenza n. 18998 del 2009 del Tribunale di Roma che ha
accolto l’opposizione proposta da Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. avverso il
decreto ingiuntivo emesso dal medesimo Tribunale con il quale le era stato

stessa società e licenziato con atto dichiarato illegittimo, della somma di E
170.345,10 a titolo di retribuzioni maturate dall’esercizio del diritto di
opzione ex art. 18, comma 5 della legge n. 300 del 1970 alla data
dell’effettivo pagamento dell’indennità sostituiva pari a quindici mensilità
di retribuzione. La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia
considerando che, una volta esercitato il diritto di opzione il rapporto di
lavoro cessa definitivamente, ed il lavoratore non può conseguentemente
pretendere la tutela prevista nel caso di prosecuzione del rapporto,
costituendo il diritto alla prosecuzione del rapporto una facoltà alternativa
all’indennità in parola, per cui, una volta esercitata la scelta non è più
possibile esercitare la facoltà per la diversa tutela che presuppone la
prosecuzione del rapporto.
Il Quasto propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad
un unico motivo.
Resiste la rete Ferroviaria Italiana s.p.a. con controricorso illustrato da
memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione
di norme di diritto ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ., con particolare
riferimento agli artt. 18, commi 4 e 5 , della legge n. 300 del 1970, 12 e 14
delle preleggi, nonché degli artt. 1285 e 1286 cod. civ. In particolare il
t

ingiunto il pagamento in favore di Quasto Giuseppe, già dipendente della

ricorrente deduce che la sentenza impugnata avrebbe applicato
analogicamente gli artt. 1285 e 1286 cod. civ., in materia di obbligazioni
alternative, ad un’obbligazione facoltativa che è unica e conseguentemente
non estinguibile con la mera scelta del creditore per l’indennità sostitutiva.
Il ricorso non è fondato. La questione oggi sottoposta all’esame di questa

legittimità, finché le Sezioni Unite con la pronuncia 27 agosto 2014 n.
18353 hanno statuito che, in caso di licenziamento illegittimo, ove il
lavoratore, nel regime della cosiddetta tutela reale (nella specie, quello,
applicabile “ratione temporis”, previsto dall’art. 18 della legge 20 maggio
1970, n. 300, nel testo anteriore alle modifiche introdotte con la legge 28
giugno 2012, n. 92), opti per l’indennità sostitutiva della reintegrazione,
avvalendosi della facoltà prevista dall’art. 18, quinto comma, cit., il
rapporto di lavoro, con la comunicazione al datore di lavoro di tale scelta,
si estingue senza che debba intervenire il pagamento dell’indennità stessa e
senza che permanga – per il periodo successivo in cui la prestazione
lavorativa non è dovuta dal lavoratore né può essere pretesa dal datore di
lavoro – alcun obbligo retributivo. Ne consegue che l’obbligo avente ad
oggetto il pagamento della suddetta indennità è soggetto alla disciplina
della “mora debendi” in caso di inadempimento, o ritardo
nell’adempimento, delle obbligazioni pecuniarie del datore di lavoro, con
applicazione dell’art. 429, terzo comma, cod. proc. civ., salva la prova, di
cui è onerato il lavoratore, di un danno ulteriore.
Questo Collegio non ha motivo di discostarsi tale affermazione.
I contrasti che hanno caratterizzato la soluzione della questione fini alla
suddetta recente pronuncia, inducono alla compensazione fra le parti delle

4

spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
2

Corte è stata in passato risolta in modo non univoco anche in sede di

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso;
Compensa fra le parti le spese di giudizio.
Così deciso in Roma il 10 marzo 2015

Il Consigliere estensore

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