Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13377 del 30/06/2016


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Cassazione civile sez. un., 30/06/2016, (ud. 24/05/2016, dep. 30/06/2016), n.13377

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Primo Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente di Sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5657/2016 proposto da:

C.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ACHILLE

PAPA 21, presso lo studio dell’avvocato REMO PANNAIN,

rappresentata e difesa dall’avvocato CARMELO PICCOLO, per delega in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BARI, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE

DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 223/2015 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE,

depositata il 28/12/2015;

udito l’avvocato Carmelo PICCOLO;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/05/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Riccardo FUZIO, il quale esprime parere sfavorevole all’accoglimento

dell’istanza.

Fatto

I FATTI

Nel marzo del 2009 i germani R. presentarono un esposto al COA di Bari, riferendo di essersi avvalsi delle prestazioni professionali (aventi ad oggetto una richiesta di risarcimento danni nei confronti di un vicino per violazione delle norme sulle distanze tra fabbricati) dell’avv. C.T., la quale dopo la revoca del mandato, e dopo aver ricevuto acconti per oltre 7 mila Euro, aveva preteso ulteriori somme a titolo di competenze maturate, dando corso alle sue richieste dapprima rivolgendosi al COA di Bari per l’apposizione del relativo visto di conformità, poi intraprendendo una serie di azioni esecutive nei confronti di essi esponenti, così giungendo ad incassare l’ulteriore somma di 21.805 Euro, e proseguendo nelle azioni nonostante i successivi incassi, dopo aver rifiutato un’offerta reale.

Il Consiglio dell’ordine pugliese, ritenute provate le incolpazioni formulate a carico della C., le irrogò la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per la durata di un anno.

La decisione fu impugnata dalla predetta dinanzi al Consiglio nazionale Forense, che la accolse in parte, riducendo di sei mesi la sanzione irrogatale in prima istanza.

La sentenza è stata impugnata da C.T. con ricorso per cassazione, integrato da contestuale domanda do sospensione dell’esecutività del provvedimento disciplinare, sorretto da 2 motivi di gravame.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

La preliminare lettura del ricorso, e della contestuale richiesta di sospensione di cui in narrativa, non consente l’accoglimento dell’istanza stessa.

Il “grave ed irreparabile pregiudizio” dedotto a fondamento della medesima, difatti, derivante dall’inibizione all’esercizio professionale con effetti sulle esigenze di sostentamento proprie e dei parenti conviventi, difatti, risulta del tutto sfornito di elementi di riscontro fattuali idonei a fondare una eventuale pronuncia di accoglimento, stante la assoluta genericità della deduzione del lamentato pregiudizio.

PQM

La Corte rigetta l’istanza di sospensione.

Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2016

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