Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13373 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 01/07/2020, (ud. 09/10/2019, dep. 01/07/2020), n.13373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21943-2C13 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempere,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CIR COMPAGNIE INDUSTRIALI RIUNITE SPA, UNICREDIT FACTO ING SPA,

elettivamente domiciliate in ROMA VIALE MAZZINI 11, presso lo studio

dell’avvocato GIANCARLA BRANDA, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LIVIA SALVINI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 32/2013 della COMM.TRIB.REG. di TORINO,

depositata il 19/04/2013;

udita la relazione d& la causa svolta nella camera di consiglio

del 09/10/2019 dal consigliere Dott. FEDERICI FRANCESCO.

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 32/01/13, depositata il 19.04.2013 dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, di rigetto dell’appello proposto dall’Ufficio avverso la pronuncia di primo grado, con la quale erano riconosciuti crediti d’imposta della CIR – Compagnie Industriali Riunite s.p.a. -a titolo di interessi e capitale.

La controversia trae origine dalla emersione di crediti della società a titolo di Irpeg, relativi agli anni d’imposta 1993 e 1994. Al mancato rimborso per mancanza di fondi era seguita dopo alcuni anni la formalizzazione della istanza di rimborso e, formatosi sull’istanza il silenzio-rifiuto, l’introduzione di un contenzioso fiscale, definito dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino con sentenza n. 97/09/2008, che aveva condannato l’Amministrazione al pagamento delle imposte e degli interessi D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 44, nonchè degli interessi anatocistici sino al 4/07/2008 (data di entrata in vigore del D.L. n. 223 del 2006, che ha escluso l’anatocismo per crediti tributari). La pronuncia era passata in giudicato.

L’Amministrazione aveva provveduto al rimborso nel marzo 2009, e tuttavia, emergendo contrasti sull’esatto calcolo del dovuto e sulla corresponsione degli interessi anatocistici, la CIR e la Unicredit (nelle more cessionaria del credito) avevano promosso il presente giudizio dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, che con sentenza n. 51/22/2010 aveva riconosciuto le ragioni della contribuente.

La pronuncia era stata appellata dalla Agenzia dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, che con la sentenza ora al vaglio della Corte aveva respinto le ragioni. Il giudice regionale aveva evidenziato l’inammissibilità dei motivi d’appello, sollevati in sede contenziosa solo con l’impugnazione, e comunque aveva specificato, quanto alla eccezione di inammissibilità della domanda introduttiva perchè già oggetto di pregressa decisione in favore della contribuente, che il nuovo giudizio si traduceva in un sostanziale processo d’ottemperanza.

La ricorrente si duole della sentenza con due motivi:

con il primo per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per l’erronea qualificazione del giudizio come d’ottemperanza, mancandone i presupposti, e per conseguenza per non aver pronunciato la declaratoria di improponibilità dell’appello nel giudizio di ottemperanza;

con il secondo per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, comma 1 e 7, dell’art. 2909 c.c., dell’art. 1366 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere la decisione frutto di erronea interpretazione della pronuncia n. 97/09/2008 della CTP di Torino.

Ha dunque chiesto la cassazione della sentenza.

Con controricorso si sono costituite le società, sollevando eccezione di inammissibilità del ricorso e nel merito contestandone il fondamento.

E’ stata depositata memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

il ricorso, i cui motivi possono essere decisi unitariamente per la comunanza delle questioni sollevate, è fondato.

E’ incontestato che, a seguito del contenzioso insorto dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino avverso il silenzio rifiuto perfezionatosi sull’istanza di rimborso delle somme corrispondenti ai crediti d’imposta maturati ai fini Irpeg negli anni 1993 e 1994 il giudice di primo grado, con sentenza poi passata in giudicato (97/09/2008), riconobbe il credito anche con riferimento agli interessi anatocistici (da calcolarsi sino alla introduzione della cd. legge Bersani, che escludeva i suddetti interessi per i crediti tributari).

Successivamente l’Agenzia delle entrate provvide ad eseguire il rimborso, secondo propri calcoli. Della determinazione del rimborso provvide a dare comunicazione alla Unicredit con nota del 17 aprile 2009, con la quale l’importo spettante era quantificato nella misura di Euro 23.232.973,50.

Poichè tale importo non era ritenuto congruo dalle contribuenti, esse, con il ricorso introduttivo del presente contenzioso, provvedevano ad impugnare il provvedimento di liquidazione.

La Commissione tributaria provinciale, con la sentenza n. 51/22/2010, riconosceva le ragioni delle ricorrenti. L’appello dell’Ufficio era rigettato con la pronuncia ora al vaglio della Corte.

Questa la vicenda processuale, a fronte di una controversia già decisa con sentenza n. 97/09/2008 passata in giudicato, la pronuncia impugnata del giudice regionale va cassata per quanto appresso chiarito.

La Commissione regionale ha ritenuto di rigettare l’appello dell’Amministrazione finanziaria, sostenendo la tardività delle eccezioni formulate solo in sede d’appello e, soprattutto, qualificando il giudizio come giudizio di ottemperanza.

Sennonchè, a parte che nessuna delle parti aveva collocato in tale alveo il presente contenzioso, la sentenza è affetta da un error in procedendo perchè non si avvede che con il ricorso introduttivo si era inteso impugnare la comunicazione di liquidazione del credito d’imposta riconosciuto dalla sentenza n. 97/09/2008, secondo calcoli della Amministrazione ritenuti errati dai contribuenti.

D’altronde il giudice regionale, una volta qualificato il giudizio come d’ottemperanza, avrebbe dovuto esclusivamente dichiarare l’inammissibilità dell’appello, che è escluso espressamente dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, comma 10, nel quale si prevede solo il ricorso in cassazione avverso la decisione di primo grado.

Per tale ragione il ricorso dell’Agenzia va accolto e la sentenza va cassata.

Alla cassazione della sentenza non segue neppure il rinvio.

Sono i medesimi ricorrenti ad aver avvertito che l’impugnazione di quel provvedimento di liquidazione fu determinata esclusivamente dalla necessità (evidentemente prudenziale) di conformarsi ad un principio emerso nella giurisprudenza di legittimità, che -nella interpretazione dei contribuenti- configurava la necessità di impugnare una comunicazione di liquidazione (sent. 8165/2007).

Ebbene, a parte che il precedente invocato non era pertinente, perchè relativo ad ipotesi in cui la comunicazione era stata qualificata come un vero e proprio provvedimento di ammissione al rimborso (parziale), laddove nel caso di specie sulla spettanza del rimborso era già intervenuta una pronuncia giurisdizionale passata in giudicato, sono gli stessi contribuenti a riferire che, a seguito della comunicazione e del rimborso contestato nella sua quantificazione, fu spedito un avviso di mora per attivare il procedimento di ottemperanza di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70.

Emerge dunque che l’impugnazione della comunicazione di liquidazione era ab origine inammissibile, non rientrando tra gli atti impugnabili ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, e che in ogni caso l’esistenza di una decisione già passata in giudicato sul credito delle contribuenti, incontestato tra le parti, e comunque rilevabile d’ufficio, rendeva inammissibile il presente giudizio, altrimenti incorrendosi nella violazione del principio del ne bis in idem.

In conclusione la sentenza va cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3.

All’esito segue la soccombenza delle contribuenti nelle spese del giudizio, che si liquidano nella misura specificata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte cassa la sentenza senza rinvio. Condanna le ricorrenti-/alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore della Agenzia delle entrate nella misura di Euro 12.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2020

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