Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13371 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/05/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 18/05/2021), n.13371

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3395-2020 proposto da:

V.L., elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio

dell’avvocato RAINALDO SANITA’, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.T.A., elettivamente domiciliata in Roma, presso lo

studio dell’avvocato FABIO BORIONI che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4218/2019 della CORTE D’APPELLO DI ROMA,

depositata il 21/6/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

DELL’UTRI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza resa in data 21/6/2019, la Corte d’appello di Roma, per quel che rileva in questa sede, in parziale accoglimento dell’appello proposto da D.T.A., e in riforma della decisione di primo grado, ha condannato V.L., in qualità di subconduttore, al pagamento, in favore della D.T. (in qualità di sublocatrice), di somme a titolo di canoni non corrisposti, contestualmente attestando l’infondatezza della domanda proposta dal V. per il risarcimento dei danni asseritamente subiti a seguito del contestato inadempimento della controparte;

a fondamento della decisione assunta, il giudice d’appello, mentre ha ritenuto raggiunta la prova dell’inadempimento del V. (non avendo quest’ultimo fornito la prova del pagamento dei canoni dovuti, nè del ricorso di altre eventuali cause estintive di detta obbligazione di pagamento), ha evidenziato come il V. non avesse fornito alcuna adeguata prova dei danni rivendicati nei confronti della controparte;

avverso la sentenza d’appello, V.L. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;

D.T.A. resiste con controricorso;

a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., D.T.A. ha presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con i tre motivi d’impugnazione proposti, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere il giudice d’appello dettato una motivazione del tutto illogica in relazione alla pretesa assenza di alcun rifiuto della D.T. di consegnare al V. le chiavi del nuovo studio medico allo stesso asseritamente messo a disposizione; nonchè in relazione all’asserita mancata prova dei danni subiti dal V. e alla mancata dimostrazione del ricorso delle cause estintive del proprio obbligo di pagamento dei canoni di sublocazione;

tutti e tre i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono manifestamente infondati;

al riguardo, osserva il Collegio come, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, il difetto del requisito della motivazione si configuri, alternativamente, nel caso in cui la stessa manchi integralmente come parte del documento/sentenza (nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, siccome risultante dallo svolgimento processuale, segua l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione), ovvero nei casi in cui la motivazione, pur formalmente comparendo come parte del documento, risulti articolata in termini talmente contraddittori o incongrui da non consentire in nessun modo di individuarla, ossia di riconoscerla alla stregua della corrispondente giustificazione del decisum;

infatti, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poichè intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili;

in ogni caso, si richiede che tali vizi emergano dal testo del provvedimento, restando esclusa la rilevanza di un’eventuale verifica condotta sulla sufficienza della motivazione medesima rispetto ai contenuti delle risultanze probatorie (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 20112 del 18/09/2009, Rv. 609353 – 01);

ciò posto, nel caso di specie, è appena il caso di rilevare come la motivazione dettata dalla corte territoriale a fondamento della decisione impugnata sia, non solo esistente, bensì anche articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico, avendo la corte d’appello dato conto, in termini lineari e logicamente coerenti, dei contenuti ascrivibili alle fonti di prova esaminate e del grado della relativa attendibilità sulla base di criteri interpretativi e valutativi dotati di piena ragionevolezza e congruità logica, evidenziando in modo pienamente riconoscibile le ragioni poste a fondamento della ritenuta assenza di alcun rifiuto della D.T. di porre a disposizione del V. le chiavi della nuova stanza allo stesso offerta, nonchè del ragionamento probatorio condotto in relazione ai temi di prova proposti dalle parti;

l’iter argomentativo compendiato dal giudice a quo sulla base di tali premesse è pertanto valso a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruità logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal ricorrente;

sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva manifesta infondatezza delle censure esaminate, deve essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al rimborso delle spese in favore della controricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;

dev’essere altresì attestata della sussistenza dei presupposti per il pagamento del doppio contributo, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 5.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

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