Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13370 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/05/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 18/05/2021), n.13370

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2022-2020 proposto da:

1883 S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliata in ROMA,

presso la CANCELLERIA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato DAVIDE POLLASTRO;

– ricorrente –

contro

Z.V., elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio

dell’avvocato ROSSANA MARTIGNONI, rappresentata e difesa

dall’avvocato GUIA VILIGIARDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2253/2019 della CORTE D’APPELLO DI MILANO,

depositata il 17/6/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

DELL’UTRI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza resa in data 17/6/2019, la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, tra le restanti statuizioni, per quel che ancora rileva in questa sede, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta da Z.V., ha dichiarato la risoluzione del contratto di locazione ad uso diverso da quello di abitazione concluso tra Z.V. (in qualità di locatore) e la 1883 s.r.l. in liquidazione (in qualità di conduttrice);

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come del tutto correttamente il primo giudice avesse fatto coincidere il momento di risoluzione del contratto di locazione in esame con la data dell’incendio a seguito del quale si era verificata l’integrale distruzione della cosa locata che, ai sensi dell’art. 1588 c.c., doveva imputarsi alla responsabilità della società conduttrice, non avendo quest’ultima superato la presunzione di colpa a suo carico sancita dalla norma richiamata;

avverso la sentenza d’appello, la 1883 S.r.l. in liquidazione propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

Z.V. resiste con controricorso;

a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., Z.V. ha presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., per essere la corte territoriale incorsa nella violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, non avendo nessuna delle parti mai individuato la ragione della rivendicata risoluzione del contratto di locazione nel sinistro incendiario, viceversa posto dalla corte territoriale a fondamento dell’accertata risoluzione contrattuale;

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come la corte territoriale abbia espressamente rilevato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui ha ricondotto la risoluzione del contratto di locazione in esame all’evento distruttivo di natura incendiaria verificatosi in corso di rapporto e attribuito alla responsabilità della società conduttrice ai sensi dell’art. 1588 c.c.;

ciò posto, non avendo la società ricorrente neppure allegato di aver contestato, in sede di appello, la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato da parte della sentenza di primo grado, l’odierna censura deve ritenersi inammissibile, dovendo trovare nella specie applicazione il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte ai sensi del quale, qualora la violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato si riferisca alla sentenza di primo grado, essa non può essere denunziata per la prima volta in cassazione, essendosi formato il giudicato sulla questione oggetto della decisione (Sez. 2, Sentenza n. 20402 del 05/09/2013, Rv. 627920 – 01; Sez. L, Sentenza n. 6344 del 30/03/2004, Rv. 571682 01);

con il secondo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere entrambi i giudici di merito immotivatamente disatteso le istanze istruttorie formulate dalla società originaria ricorrente ai fini della dimostrazione delle reali cause dell’incendio dedotto in giudizio;

il motivo è inammissibile;

al riguardo – fermo il valore assorbente del rilievo concernente la mancata riproposizione, in questa sede, delle istanze istruttorie non ammesse nel corso del giudizio di merito, in violazione degli oneri di completa allegazione del ricorso rilevanti ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6 – varrà osservare come, in relazione al caso di specie, trovi applicazione il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti (rifiuto che il giudice di merito non è tenuto a formalizzare in modo espresso e motivato, qualora l’inconcludenza dei mezzi istruttori invocati dalle parti possa implicitamente dedursi dal complesso della motivazione adottata: cfr. Sez. L, Sentenza n. 5742 del 25/05/1995, Rv. 492429 – 01), il ricorrente ha l’onere di dimostrare che con l’assunzione delle prove richieste la decisione sarebbe stata diversa, in base a un giudizio di certezza e non di mera probabilità, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove (cfr. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23194 del 04/10/2017, Rv. 645753 – 01);

sul punto, è appena il caso di ribadire il principio secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della congruità della coerenza logica, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis, Sez. 5, Sentenza n. 27197 del 16/12/2011, Rv. 620709);

ciò posto, occorre rilevare l’inammissibilità della censura in esame, avendo la società ricorrente propriamente trascurato di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività della mancata considerazione, da parte della corte territoriale, delle occorrenze di fatto destinate ad essere comprovate dalle fonti di prova non ammesse (e che avrebbero al contrario condotto – in ipotesi – a una sicura diversa risoluzione dell’odierna controversia), dovendo conseguentemente ritenersi che, attraverso l’odierna censura, la ricorrente altro non abbia prospettato se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità;

sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui segue la condanna della società ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;

dev’essere, infine, attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 6.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

 

 

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