Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13370 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 01/07/2020, (ud. 10/12/2019, dep. 01/07/2020), n.13370

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2233-2018 proposto da:

B.S., P.A., elettivamente domiciliati in ROMA

VIA DEL CORSO 4, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO MANFREDONIA,

rappresentati e difesi dall’avvocato SERGIO MANFREDONIA, giusta

procura a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – TERRITORIO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5429/2017 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI,

depositata il 15/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/12/2019 dal Consigliere Dott.ssa RUSSO RITA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l’accoglimento di tutti e tre i

motivi di ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato MANFREDONIA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.-. I ricorrenti sono proprietari di un appartamento in (OMISSIS), che è stato oggetto di riclassamento ad iniziativa dell’ufficio, ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, mutando la classe da A2 ad Al con conseguente aumento di rendita. L’avviso di accertamento è stato impugnato nel 2006 dal B., deducendo il vizio di motivazione, in quanto standardizzata ed insufficiente. Il primo processo è stato annullato in cassazione per difetto di contraddittorio, non esteso alla comproprietaria P.A.. B.S. ha quindi riassunto il processo, integrando il contraddittorio, e la domanda è stata respinta dalla CTP di Napoli la quale ha rilevato che l’Agenzia ha provato “in sede di dibattito” che nella zona c’erano altri appartamenti con analogo valore. Hanno proposto appello i contribuenti e la CTR della Campania, con sentenza del 15 giugno 2017, ha confermato la sentenza impugnata affermando che: l’avviso è sufficientemente motivato in quanto contiene la indicazione della consistenza, della categoria e della classe acclarati dall’ufficio; non occorreva sopralluogo, anche a fronte dell’elenco, aggiornato al giugno 2016, di altri appartamenti siti nella stessa via Gramsci e tutti in categoria signorile Al; sono ammissibili nel giudizio di rinvio i nuovi documenti, relativi ad immobili con caratteristiche similari.

2.- Avverso la predetta sentenza propongono ricorso per cassazione i contribuenti, affidandosi a tre motivi. Non si è costituita l’Agenzia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3.- Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione di legge, con riferimento alla L. n. 212 del 200, art. 7 e alla L. n. 241 del 1990, art. 3, per difetto di motivazione dell’avviso. Con il secondo motivo, si lamenta la violazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58. La parte deduce che la motivazione dell’avviso (che trascrive) è standardizzata e limitata ad un generico riferimento alle caratteristiche dell’immobile e a quelle degli immobili presenti nel contesto insediativo, senza alcun riferimento individuale. Specifica che nell’avviso non si fa riferimento alla procedura di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 335 e 336, perchè il Comune di Napoli non è diviso in microzone, e che in ogni caso l’avviso non soddisfa nè i requisiti di motivazione propri della procedura di riclassamento L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335 e 336 nè quelli della procedura della L. n. 662 del 1996, ex art. 3, comma 58. Espone che in questo ultimo caso la prospettiva comparativa non è con la microzona, ma con altri immobili similari. La parte deduce che il potere di impulso attribuito ai Comuni dalla legge del 1996 tende a emendare le incongruenze di un singolo accatastamento rispetto agli accatastamenti di immobili simili, di conseguenza mentre nel caso di revisione avviata e sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, l’intervento è giustificato da uno scostamento tra valori di mercato dell’immobile e quelli di riferimento nella microzona, nel caso della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58 in questione il raffronto deve essere fatto tra le rendite catastali.

Con il terzo motivo del ricorso si lamenta l’omesso esame di fatto decisivo perchè la sentenza di primo grado si è basata su una (presunta) documentazione prodotta in giudizio dall’agenzia, che invece secondo il contribuente non è stata depositata e ciò è stato oggetto di specifico motivo di appello sul quale la CTR non si è pronunciata, affermando invece che nel giudizio di rinvio si possono depositare documenti nuovi.

3.1- I primi due motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono fondati.

La CTR ha ritenuto che l’avviso fosse sufficientemente motivato con la sola indicazione della consistenza, della categoria e della classe acclarati dall’ufficio e che in ogni caso i documenti successivamente prodotti in giudizio dall’ufficio in particolare l’elenco, aggiornato al giugno 2016, di altri appartamenti siti nella stessa via Gramsci tutti in categoria Al, giustificassero ampiamente il cambiamento. Così facendo la CTR ha fatto inesatta applicazione della normativa di riferimento e dei principi interpretativi in materia, più volte affermati da questa Corte; per giunta indebitamente sovrapponendo i distinti piani della “motivazione” e della “prova” della pretesa impositiva.

L’avviso di classamento che contenga solo la indicazione della consistenza, della categoria e della classe può considerarsi sufficientemente motivato, in relazione alle esigenze di difesa del contribuente, solo quando è emesso a seguito di DOCFA e cioè in esito ad una procedura collaborativa, e sempre che gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’ufficio (Cass. 30166/2019; Cass. 21505/2010; Cass. 31809/2018; Cass. 12777/2018) Di contro, quando la iniziativa promana dall’ufficio vi è un obbligo di motivazione più rigoroso, dato che, andando ad incidere su valutazioni che si presumono già verificate in termini di congruità, è necessario mettere in evidenza gli elementi di discontinuità che ne legittimano la variazione (Cass. 19990/2019).

In particolare, in tema di classamento operato ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, questa Corte si è già pronunciata affermando il principio cui questo Collegio intende dare continuità, secondo il quale: “In tema di revisione del classamento catastale di immobili urbani, la motivazione dell’atto, in conformità alla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, non può limitarsi a contenere l’indicazione della consistenza, della categoria e della classe attribuita dall’agenzia del territorio, ma deve invece specificare, a pena di nullità, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, a quale presupposto la modifica debba essere associata, se al non aggiornamento del classamento o, invece, alla palese incongruità rispetto a fabbricati similari; in questa seconda ipotesi l’atto impositivo dovrà indicare la specifica individuazione di tali fabbricati, del loro classamento e delle caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento, consentendo in tal modo al contribuente il pieno esercizio del diritto di difesa nella successiva fase contenziosa conseguente alla richiesta di verifica dell’effettiva correttezza della riclassificazione” (Cass. 25037/2017).

Altrettanto consolidato è il principio che il contenuto della motivazione non può essere integrato a posteriori, nel corso del giudizio promosso dal contribuente avverso di esso, trattandosi di requisito genetico di legittimità dell’atto (Cass. 25450/2018; Cass. 12400/2018; Cass. 25037/2017).

Pertanto, in accoglimento del primo e secondo motivo, assorbito il terzo, la sentenza impugnata deve essere cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, può decidersi nel merito, accogliendo l’originario ricorso dei contribuenti.

Le spese dei precedenti gradi di giudizio, considerato il progressivo consolidamento dell’orientamento interpretativo, sono compensate tra le parti, e le spese del giudizio di legittimità si liquidano secondo il principio della soccombenza, a carico della Agenzia, come da dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso del contribuente; condanna parte controricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 6.000,00 oltre rimborso spese forfetarie ed accessori di legge. Compensa le spese dei precedenti gradi di giudizio.

Così deciso in Roma, camera di consiglio, il 10 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2020

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