Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1337 del 19/01/2017


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Cassazione civile, sez. I, 19/01/2017, (ud. 30/11/2016, dep.19/01/2017),  n. 1337

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DIDONE Antonio – rel. Presidente – Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere – Dott. FERRO Massimo – Consigliere – Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere – Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere – ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso 4240-2013 proposto da ZAGATO ANDREA MICHELE, nella qualità di liquidatore della SZ DESIGN S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dagli avv.ti Pier Paolo Picciolini e Simonetta De Sanctis Mangelli, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultima in Roma, via Tommaso Salvini 55; – ricorrente – contro EQUITALIA NORD S.P.A., (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Romano e Lidia Ciabattini, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultima in Roma, piazzale Clodio 32; – controricorrente – e contro AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. 06363391001), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’avvocatura dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12; – controricorrente – e contro FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., IN LIQUIDAZIONE (C.F.), in persona del curatore pro tempore; PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI MILANO, in persona del procuratore generale pro tempore; COMMISSARIO GIUDIZIALE DEL CONCORDATO PREVENTIVO DELLA SZ DESIGN S.R.L., IN LIQUIDAZIONE (C.F. (OMISSIS)); – intimati – avverso il decreto della Corte d’appello di Milano, depositato il 28 novembre 2012 nel procedimento iscritto al n.r.g. 532/2012; Sentita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 30 novembre 2016 dal Presidente relatore dott. Antonio Didone; udito l’avv. Lidia Ciabattini per la controricorrente Equitalia Nord s.p.a.; udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per il rinvio a nuovo ruolo in attesa delle decisione delle sezioni unite della S.C.; in subordine, inammissibilità del ricorso per intervenuto fallimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La SZ Design s.r.l., in liquidazione (di seguito breviter SZ), impugna il decreto della Corte d’Appello di Milano depositato il 28 novembre 2012, che respinse il reclamo avverso il provvedimento reso dal Tribunale di Milano, sull’opposizione di taluni creditori, di rigetto della domanda di omologa del concordato preventivo proposto dalla medesima.

Secondo la corte d’appello, correttamente il tribunale non aveva omologato il concordato della SZ, a causa della presenza di una proposta che prevedeva il pagamento falcidiato delle ritenute fiscali operate e non versate, le quali risultavano suscettibili soltanto di una dilazione, ai sensi della L. Fall., art. 182-ter, comma 1, secondo quanto già stabilito in tema di IVA dal Giudice di legittimità, trattandosi di norma di natura sostanziale e, dunque, applicabile anche al di fuori della transazione fiscale.

Il ricorso è affidato a sei motivi, cui resistono con o controricorso Agenzia delle Entrate e Equitalia Nord s.p.a.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo la ricorrente lamenta vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo la corte d’appello omesso di considerare che la reclamante aveva contestato la ritenuta natura sostanziale della L. Fall., art. 182-ter, comma 1, nella parte in cui prevede la non falcidiabilità delle ritenute operate e non versate.

Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 12 preleggi, avendo la corte d’appello considerato la L. Fall., art. 182-ter, comma 1, come norma di natura sostanziale, applicabile anche nell’ipotesi di una proposta di concordato preventivo senza transazione fiscale.

Con il terzo motivo eccepisce ulteriore violazione dell’art. 12 preleggi, poichè il giudice di merito ha incluso tra le “ritenute operate e non versate”, di cui alla L. Fall., art. 182-ter, comma 1, anche le ritenute fiscali anzichè soltanto quelle contributive ed assistenziali spettanti agli enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatoria.

Con il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 12 preleggi e della L. Fall., art. 182-ter, comma 1, considerato che alla stregua dei precedenti giurisprudenziali, di legittimità e di merito, l’infalcidiabilità andrebbe riferita soltanto alle ritenute e contributive ed assistenziali spettanti agli enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatoria.

Con il quinto motivo deduce ulteriore violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 12 preleggi e della L. Fall., art. 182-ter, comma 1, considerato che alla stregua dei precedenti giurisprudenziali, di legittimità e di merito, il voto contrario dell’amministrazione nel concordato preventivo, a fronte di una maggioranza di creditori favorevole, non poteva determinare il rigetto della domanda di omologa.

Con il sesto motivo pone una questione di legittimità costituzionale della L. Fall., art. 182-ter, comma 1 assumendone la contrarietà all’art. 3 Cost. per irragionevolezza, ove interpretato nel senso che le ritenute fiscali operate e non versate dall’imprenditore siano sempre infalcidiabili in seno al concordato preventivo.

2. Preliminarmente il Collegio, alla luce delle conclusioni del Procuratore Generale, deve rilevare che il ricorso si palesa ammissibile, per un verso, dovendosi ritenere la natura decisoria del provvedimento che non essendo connesso con una successiva e consequenziale sentenza dichiarativa di fallimento -, abbia deciso sull’opposizione formulata dai creditori alla domanda di omologa del concordato, e per altro verso, non trovando applicazione in cassazione, pacificamente, le comuni cause di interruzione del processo, ivi compreso all’evidenza il fallimento della parte ricorrente; evento, peraltro, non risultante dagli atti.

3. – I primi cinque motivi del ricorso, da esaminare congiuntamente, stante la loro stretta connessione, sono fondati nei limiti di cui si dirà.

La L. Fall., art. 182-ter, nel testo introdotto dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, come novellato prima dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, poi dal D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2, e infine dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, prevede la facoltà per il debitore di proporre, in seno ad una procedura di concordato preventivo, ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti, una transazione fiscale per crediti tributari e previdenziali.

La norma più precisamente prevede che “con il piano di cui all’art. 160 il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, nonchè dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea”; soggiunge la disposizione in esame che “con riguardo all’imposta sul valore aggiunto – “ed alle ritenute operate e non versate” (così l’aggiunta operata dal D.L. n. 78 del 2010, art. 29, comma 2, lett. a)) – la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”.

E detta disciplina speciale ha anche superato il vaglio di costituzionalità, venendo a costituire “il limite massimo di espansione della procedura transattiva compatibile con il principio di indisponibilità del tributo” (Corte Cost. 23 giugno 2014, n. 225).

3.1. – Ora, è noto che secondo taluni arresti di questa Corte, il descritto L. Fall., art. 182-ter, comma 1 escludendo la falcidia concordataria sul capitale dell’IVA e così sancendo l’intangibilità del relativo debito, avrebbe natura sostanziale e carattere eccezionale, attribuendo al corrispondente credito un trattamento peculiare ed inderogabile, sicchè la stessa si applicherebbe ad ogni forma di concordato, ancorchè proposto senza ricorrere all’istituto della transazione fiscale, attenendo allo statuto concorsuale del credito IVA (sez. 1, 25 giugno 2014, n. 14447; sez. 1, 4 novembre 2011, n. 22931; da ultimo, con riferimento espresso anche alle ritenute fiscali, Sez. 6-1, 9 febbraio 2016, n. 2560).

Orbene, sulla questione dell’infalcidiabilità del credito IVA di cui alla L. Fall., art. 182-ter sono state di recente investite le Sezioni unite di questa Corte, chiamate a stabilire se la disposizione in esame trovi applicazione solo nell’ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale, fattispecie alla quale la norma fa espresso riferimento, ovvero anche nell’ipotesi di concordato preventivo proposto senza fare ricorso al detto istituto.

Va soggiunto che, sempre in riferimento all’IVA quale imposta di natura comunitaria, con sentenza del 7 aprile 2016 in causa C-546/14 la Corte di Giustizia UE ha dichiarato che l’art. 4, paragrafo 3, TUE nonchè gli artt. 2, 250, paragrafo 1, e 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune dell’IVA, non ostano a una normativa nazionale come la Legge Fallimentare Italiana – interpretata nel senso che un imprenditore in stato di insolvenza può presentare a un giudice una domanda di apertura di una procedura di concordato preventivo, al fine di saldare i propri debiti mediante la liquidazione del suo patrimonio, con la quale proponga di pagare solo parzialmente un debito dell’IVA “attestando, sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente, che tale debito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di proprio fallimento”.

3.2. – Quale che sarà la decisione assunta dalle Sezioni Unite in relazione all’IVA, ritiene il Collegio che per le ritenute operate e non versate dall’impresa in concordato – tra le quali vanno annoverate, per quanto rileva in questo giudizio, stante la lettera della legge anche “le ritenute a titolo di acconto” dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 23 aventi natura evidentemente fiscale la previsione dell’infalcidiabilità del credito di cui al novellato L. Fall., art. 182-ter, possa trovare applicazione solo nell’ipotesi di proposta di concordato che sia accompagnata da una transazione fiscale.

E invero, se si riconosce la facoltatività del ricorso alla transazione fiscale, sulla base del decisivo argomento testuale desumibile dall’incipit dello stesso L. Fall., art. 182-ter, che prevede appunto la mera facoltà del debitore di promuovere contestualmente sia la procedura di concordato preventivo sia il subprocedimento per la conclusione della transazione fiscale (si veda, da ultimo, Sez. 1, 22 settembre 2016, n. 18561), può allora ben dirsi che, anche quando il passivo dell’impresa risulti gravato da debiti di natura tributaria (quale che ne sia la tipologia), per il debitore sono disponibili due ipotesi di concordato preventivo: una principale, che prescinde da un previo accordo con il Fisco; l’altra speciale, che include la transazione fiscale.

Tuttavia, se tra le due fattispecie di concordato preventivo v’è appunto un rapporto di specialità, non possibile estendere alla fattispecie generale, id est quella del concordato senza transazione fiscale, la disciplina della fattispecie speciale, del concordato con transazione fiscale.

Solo se si ipotizzasse l’obbligatorietà della transazione fiscale, si potrebbe riconoscere l’infalcidiabilità del credito per le ritenute operate e non versate in qualsiasi concordato. Ma se si esclude che la transazione fiscale debba accompagnare necessariamente ogni ipotesi di concordato preventivo in presenza di debiti tributari, deve riconoscersi che la regola dell’infalcidiabilità di taluni tributi non può operare al di fuori della detta sede procedimentale.

3.3. – Deve quindi senz’altro pronunciarsi il seguente principio di diritto: “la previsione dell’infalcidiabilità del credito per ritenute fiscali operate e non versate, di cui L. Fall., art. 182-ter, comma 1, trova applicazione solo nell’ipotesi di proposta di concordato preventivo che sia accompagnata da una transazione fiscale”.

4. – Il sesto motivo resta assorbito dall’accoglimento dei precedenti.

5. – In definitiva, in accoglimento dei primi cinque motivi di ricorso, il decreto della Corte d’appello di Milano va cassato con rinvio alla medesima corte, in diversa composizione, che deciderà adeguandosi all’enunciato principio di diritto anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie i primi cinque motivi di ricorso, assorbito il sesto; cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2017

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