Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13367 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/07/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 01/07/2020), n.13367

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14609-2018 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MAGNA GRECIA

39, presso lo studio dell’avvocato PAOLO GUERRA, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO MARIA GUERRA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA DIFESA (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 933/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 23/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

PONTERIO CARLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 933 pubblicata il 23.11.17 la Corte d’appello di L’Aquila, in accoglimento dell’appello del Ministero della Difesa e in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda di R.A. volta ad ottenere i benefici previsti per le vittime del dovere di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564;

2. la Corte territoriale ha accertato in fatto che il R., Tenente Colonnello dell’Aeronautica Militare in forza al 154 gruppo cacciabombardieri del 6 stormo presso l’aeroporto militare di Ghedi quale navigatore operatore di sistemi a bordo del velivolo PA200 Tornado, è stato comandato a prendere parte alla prima Guerra del Golfo (27.12.90-13.3.91); è stato poi impegnato in numerose missioni internazionali in zone di guerra ed esattamente in Bosnia-Erzegovina (settembre-dicembre 1995), presso l’aerobase di Mostar in Bosnia (5.12.97-18.3.97), e in Kossovo (27.11.99-4.2.00);

3. la Corte di merito ha rilevato come rientrasse nelle mansioni del R., in quanto ufficiale dell’aeronautica in servizio su un cacciabombardiere, lo “svolgimento di missioni che impongono l’uso delle armi e conseguentemente il contatto con la morte o con le mutilazioni da esse provocate”; ha escluso che l’allegato “timore di perdere la propria vita, minacciata dai missili terra aria utilizzati dai nemici…e lo stress connesso agli spostamenti su terreni minati e alla possibilità di imbattersi in imboscate” costituissero circostanze straordinarie, essendo “insite in qualsiasi operazione di pace effettuata in scenari di guerra”; ha giudicato generiche le allegazioni sull’alterazione del ritmo veglia-sonno e sui ritmi forzati e frenetici e rilevato che lo straordinario pari in media a 190 ore non fosse idoneo ad integrare il concetto di particolari fatiche richieste dalla norma;

4. avverso tale sentenza R.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso il Ministero della Difesa;

5. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale;

Diritto

CONSIDERATO

che:

6. con l’unico motivo il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 564 e del D.P.R. n. 243 del 2006, art. 1, lett. c);

7. richiamati i precedenti di questa Corte (sentenze n. 759/17 e n. 15484/17), ha sostenuto come la ratio delle disposizioni in esame (L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564 e del D.P.R. n. 243 del 2006, art. 1) fosse quella di estendere i benefici assistenziali a coloro che “in missione hanno dovuto affrontare rischi, pericoli e fatiche superiori rispetto all’ordinario servizio d’istituto per le condizioni ambientali ed operative in cui sono stati costretti ad agire e che, a causa di tali circostanze, sono rimasti permanentemente invalidi”;

8. ha precisato che se è vero che R.A. era un ufficiale appartenente al 154 gruppo cacciabombardieri del 6 stormo dell’aeronautica militare, è altrettanto vero che le ordinarie condizioni di servizio non erano teatri di guerra; un conto è addestrarsi per essere pronto ad affrontare scenari di guerra, altro è combattere la guerra in prima persona;

9. ha affermato che nell’arco di un decennio il predetto è stato costretto ad affrontare “particolari condizioni ambientali e operative” venendo impiegato nella prima Guerra del Golfo, nella missione in Bosnia-Erzegovina, in missione presso l’aerobase di Mostar in Bosnia, in missione in Kossovo, che lo hanno esposto a maggiori rischi e fatiche, e al connesso pericolo di contrarre infermità invalidanti, di gran lunga superiori rispetto a quelli connessi all’ordinario servizio d’istituto; il R., infatti, dopo le prime due missioni in guerra aveva manifestato disagi psichici e nel 1997 era stata aperta la procedura di valutazione di idoneità al servizio conclusa con giudizio di “persistente remissione della pregressa sindrome ansioso depressiva”; successivamente era stato inviato in altre due missioni di guerra che lo avevano sottoposto a ulteriori intensi stress psichici, costringendolo nel 2000 al ricovero per grave infermità psichica, poi riconosciuta come dipendente da causa di servizio;

10. il motivo è fondato;

11. la L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 563, stabilisce: “Per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui alla L. 13 agosto 1980, n. 466, art. 3, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi: a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità; b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; d) in operazioni di soccorso; e) in attività di tutela della pubblica incolumità; f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità”;

12. il successivo comma 564 equipara ai soggetti di cui al comma 563 “coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative”;

13. il comma 565 affida ad un regolamento da emanare entro novanta giorni il compito di disciplinare i termini e le modalità per la corresponsione delle provvidenze ai soggetti prima indicati o ai familiari superstiti;

14. il regolamento è stato emanato con D.P.R. n. 243 del 2006 e all’art. 1 ha stabilito: “Ai fini del presente regolamento, si intendono… b) per missioni di qualunque natura, le missioni, quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall’autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente; c) per particolari condizioni ambientali od operative, le condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”;

15. questa Corte di legittimità ha chiarito come la categoria delle vittime del dovere aventi diritto ai benefici di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564, non è definita attraverso la tipizzazione di singole attività, delineando la previsione normativa una fattispecie aperta, presidio di tutela contro la morte ed i fatti lesivi che attingano il personale militare in occasione di missioni di qualunque natura, purchè realizzate in condizioni ambientali od operative “particolari”, per tali dovendosi intendere quelle che abbiano comportato l’esposizione a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto (Cass. n. 24592 del 2018);

16. ha sottolineato la portata estensiva dell’espressione usata dal legislatore nella citata L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564, “missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali”, come riferita ad attività di servizio svolta dentro o fuori dai confini nazionali e prestata attraverso diverse tipologie e modalità (cfr. Cass., S.U. n. 23396 del 2016; SU n. 15055 del 2017);

17. nel delineare l’ulteriore requisito delle “particolari condizioni ambientali od operative”, esplicitato dal D.P.R. n. 243 del 2006 con riferimento alle “circostanze straordinarie”, la giurisprudenza di legittimità ha fatto leva sul significato dei termini “particolare” e “straordinario”, intesi come fuori dal comune e dall’ordinario, relativi a ciò che devia rispetto alla normalità e al rischio proprio, prevedibile, ontologicamente e ordinariamente connesso alle attività di servizio (cfr. oltre alle sentenze già citate, Cass. S.U. n. 759 del 2017);

18. si è sostenuto che la particolarità delle condizioni ambientali ed operative potesse consistere anche in una situazione venutasi a creare nel corso della missione e non preventivamente determinata, causata da un grave errore organizzativo e quindi dalla negligente o imprudente organizzazione del servizio da parte dell’amministrazione militare (in Cass., S.U., n. 23396 del 2016; Cass., S.U. n, 759 del 2017; n. 10555 del 2017);

19. altre pronunce hanno ritenuto integrati i presupposti di cui alla citata L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564, in relazione al decesso di alcuni marinai di leva nel corso di un sinistro provocato dall’usura dei pneumatici e della non adeguata manutenzione del pullman, guidato da un giovane conducente, sul quale stavano viaggiando per partecipare ad una manifestazione sportiva di propaganda della vita militare (così Cass., S.U. n. 15484 del 2017; Cass. n. 24592 del 2018);

20. nel caso di specie è pacifico che il R. fu impiegato ripetutamente in “missioni” internazionali in territori di guerra;

21. l’errore interpretativo addebitabile alla sentenza impugnata attiene all’ulteriore requisito richiesto alla citata L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564, relativo alla dipendenza delle infermità da causa di servizio “per le particolari condizioni ambientali od operative”, come esplicitato dal D.P.R. n. 243 del 2006 (“condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”);

22. le disposizioni in esame tracciano un netto discrimine tra lo svolgimento ordinario del servizio e le particolari condizioni ambientali od operative legate a circostanze straordinarie che generano un rischio superiore a quello proprio dei compiti di istituto;

23. un ufficiale dell’aeronautica, anche addetto ai cacciabombardieri, normalmente è addestrato e si esercita per la difesa dello Stato o per essere inviato in missioni; la partecipazione effettiva e concreta a missioni in territori di guerra è invece evento straordinario che espone il militare a rischi, stress e fatiche non comparabili a quelle proprie delle esercitazioni;

24. la Corte di merito, confondendo la finalità delle normali esercitazioni militari con l’effettiva partecipazione alle missioni in luoghi di guerra, ha erroneamente inteso il requisito delle “particolari condizioni ambientali od operative” escludendo che tali caratteristiche potessero ravvisarsi “nello svolgimento di missioni che impongono l’uso delle armi e conseguentemente il contatto con la morte o con le mutilazioni da essa provocate”, in quanto rientranti tra le mansioni proprie di un ufficiale dell’aeronautica in servizio su un cacciabombardiere;

25. in presenza di una fattispecie legale aperta ed elastica, come quella in esame, la specificazione in sede interpretativa del parametro normativo ha natura giuridica e la relativa disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge; (cfr. Cass. n. 6498 del 2012; n. 7426 del 2018);

26. la Corte di merito ha erroneamente interpretato il parametro normativo di cui alla citata L. n. 266 del 2005. art. 1, comma 564, quanto alle particolari condizioni ambientali od operative;

27. risulta quindi integrata la denunciata violazione di legge, dal che discende la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Ancona, per un nuovo esame della fattispecie alla luce dei principi sopra richiamati, oltre che per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Ancona, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 1 luglio 2020

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