Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13363 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13363 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: ROSSETTI MARCO

SENTENZA

sul ricorso 2852-2013 proposto da:
MUSETTI

FLAVIO

MSTFLC67S20L7271,

considerato

domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato CARLO FERRUCCIO LA PORTA unitamente
all’avvocato PAOLO SAMMARITANI giusta procura in calce
al ricorso;
– ricorrente contro

JAMMORON

PERROD

ULISSE

EMILIO,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 103,

Data pubblicazione: 30/06/2015

presso lo studio dell’avvocato LUISA GOBBI, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ORAZIO
GIUFFRIDA giusta procura a margine del controricorso;
BOSCARDIN FRANCESCO, BOSCARDIN BRUNO, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIALE CARLO FELICE 103 ST

CORLEONE, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato PIERGIORGIO PIETRINI giusta procura a
margine del controricorso;
– controricorrenti non chè contro

EUROPAM SRL ;
– intimata –

Nonché da:
EUROPAM SRL, in persona del Presidente del Consiglio
di Ammini5trdzione e legdle rappre3entante pro-tempore

dott. MARIO COSTANTINO, considerata domiciliata ex
lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato ENNIO LUPONIO unitamente all’avvocato
MAURIZIO GIORGIO SILIMBANI giusta procura speciale
notarile del Dott. Notaio PAOLO TORRENTE in GENOVA del
26/02/2013 rep. n. 17991;
– ricorrente incidentale contro

MUSETTI FLAVIO MSTFLC67520L7271, JAMMORON PERROD

2

BERCHICCI, presso lo studio dell’avvocato GIAN LUCA

ULISSE EMILIO, BOSCARDIN FRANCESCO, BOSCARDIN BRUNO;
– Intimati –

avverso la sentenza n. 973/2012 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 31/05/2012 R.G.N. 2076/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

ROSSETTI;
udito l’Avvocato CARLO FERRUCCIO LA PORTA;
udito l’Avvocato GIAN LUCA CORLEONE;
udito l’Avvocato LUISA GOBBI;
udito l’Avvocato FRANCESCO MALATESTA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’accoglimento p.q.r. del ricorso principale e di
quello incidentale.

3

udienza del 05/05/2015 dal Consigliere Dott. MARCO

R.G.N. 2852/13
Udienza del 5 maggio 2015

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il 16.11.2006 Ulisse Emilio Jammaron Perrod, all’interno di una stazione
di servizio a La Thuile (A0), inciampò nel gradino della scala che conduceva
ai locali dove era sito l’ufficio per il pagamento dei carburanti. In prossimità
di questa scala esisteva un dislivello di 3,5 metri, protetto da un guard rail.

rail e cadde nello spazio sottostante, riportando lesioni.

2. Nel 2008 Ulisse Emilio Jammaron Perrod per ottenere il risarcimento del
danno patito in conseguenza del fatto appena descritto convenne dinanzi al
Tribunale di Aosta il gestore della stazione di servizio, Flavio Musetti,
addebitandogli l’omessa adozione di misure di protezione per evitare la
caduta.

3. Flavio Musetti si costituì, contestò la domanda attorea ed in subordine
chiese di essere manlevato dalla società Europam s.r.I., dalla quale aveva
ricevuto in comodato l’area della stazione di servizio, e che provvide a
chiamare in causa.

4. La Europam s.r.l. si costituì, contestò la domanda di garanzia ed in
subordine chiese di essere tenuta indenne da Francesco Boscardin e Bruno
Boscardin, proprietari dell’area, dai quali le era stata concessa in locazione.

5. Anche Francesco e Bruno Boscardin si costituirono e chiesero il rigetto
della domanda.

6. Il Tribunale d’Aosta con sentenza 19.8.2010 n. 405 rigettò la domanda
principale.
La sentenza venne appellata da Ulisse Emilio Jammaron Perrod.
La Corte d’appello di Torino, con sentenza non definitiva 31.5.2012, accolse
il gravame e dichiarò Flavio Musetti responsabile dell’accaduto; rimise
quindi la causa sul ruolo per l’accertamento del quantum debeatur.

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Sull’abbrivio della caduta, Ulisse Emilio Jammaron Perrod finì oltre il guard

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Udienza del 5 maggio 2015

Con la medesima sentenza la Corte d’appello rigettò, invece, la domanda di
manleva proposta da Flavio Musetti contro la Europam s.r.I., e dichiarò
assorbita quella proposta dalla Europam contro Francesco e Bruno
Bosca rdi n.
Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d’appello ritenne che:

2051 c.c., non avendo fornito la prova del caso fortuito;
(b) Flavio Musetti, stipulando con la Europam s.r.l. il contratto di comodato
dell’area, aveva espressamente assunto il rischio di danni a cose e persone
derivanti dall’uso dell’impianto.

7. La sentenza d’appello é stata impugnata per cassazione da Flavio Musetti
sulla base di tre motivi.
Hanno resistito con controricorso Ulisse Emilio Jammaron Perrod, la
Europam s.r.I., nonché Francesco e Bruno Boscardin.
La Europam s.r.I., infine, ha proposto ricorso incidentale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Questione preliminare.
1.1. La Europam ha eccepito l’inammissibilità del ricorso principale ai sensi
dell’art. 360, comma 3, c.p.c..
Tale norma prevede che “non sono immediatamente impugnabili con ricorso
per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire,
neppure parzialmente, il giudizio. Il ricorso per cassazione avverso tali
sentenze può essere proposto, senza necessità di riserva, allorché sia
impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente, il giudizio”.
La Europam assume che nel caso di specie la Corte d’appello ha pronunciato
una sentenza espressamente qualificata come “non definitiva”, e dunque
non ricorribile per cassazione.

1.2. La suddetta eccezione va esaminata per prima a causa della sua
anteriorità logica, ai sensi dell’art. 276. comma 2, c.p.c..
Essa é manifestamente infondata.

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(a) Flavio Musetti dovesse rispondere dell’accaduto quale custode, ex art.

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Udienza del 5 maggio 2015

1.3. La sentenza della Corte d’appello di Torino infatti, affermando la
responsabilità del convenuto e negando quella della Europam e dei
Boscardin ha deciso sull’an debeatur, definendo parzialmente il giudizio.
Essa pertanto è ricorribile per cassazione.

2.1. Col primo motivo di ricorso il ricorrente principale sostiene che la
sentenza impugnata sarebbe affetta sia da una violazione di legge, ai sensi
all’art. 360, n. 3, c.p.c. (si assume violato l’art. 2051 c.c.); sia da un vizio di
motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c..
Espone, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe violato l’art. 2051 c.c.„
applicando la presunzione di responsabilità prevista da tale norma in un
caso di assenza di nesso di causa tra cosa e danno. “Causa” del danno,
sostiene il ricorrente, doveva infatti ritenersi l’inciampo accidentale della
vittima che, cadendo, finì oltre il guard rad, e non la conformazione della
scala,

2. Il primo motivo del ricorso principale.

VAA.

2.2. Il motivo è infondato sia nella parte in cui lamenta la violazione di
legge, sia nella parte in cui lamenta il vizio di motivazione

2.3. Sotto il primo aspetto, il ricorrente sostiene che la sentenza sarebbe
errata perché la cosa affidata alla sua custodia non era pericolosa e non era
dotata di dinamismo: essa pertanto non poteva far sorgere la responsabilità
del suo custode.
Tale allegazione è erronea in diritto: l’art. 2051 c.c. infatti trova
applicazione in tutti i casi di danni provocati da cose in custodia, anche se
inanimate o normalmente non pericolose (ex multis, Sez. 3, Sentenza n.
20825 del 26/09/2006, Rv. 594538).

2.3. Il motivo è altresì infondato nella parte in cui lamenta che la Corte
d’appello non avrebbe adeguatamente motivato l’accertamento
dell’esistenza d’un nesso di causa tra la cosa ed il danno.

Pagina 5

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Udienza del 5 maggio 2015

Com’è noto, il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
sussiste solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile
il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, ovvero
un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non
consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base

E’ altresì noto che il giudice di merito al fine di adempiere all’obbligo della
motivazione non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze
processuali e a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, ma
è invece sufficiente che, dopo avere vagliato le une e le altre nel loro
complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio
convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi
e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono
logicamente incompatibili con la decisione adottata.
E’, infine, noto che la Corte di Cassazione non ha il potere di riesaminare e
valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo
logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del
giudice del merito.

RA,

Da questi principi pacifici discende che non può chiedersi al giudice di
legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella
adottata dal giudice di merito. Il sindacato della Corte è limitato a valutare
se la motivazione adottata dal giudice di merito sia esistente, coerente e
consequenziale: accertati tali requisiti, nulla rileva che le prove raccolte si
sarebbero potute teoricamente valutare in altro modo.

2.4. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha dedicato alla questione del
nesso di causa tra la “cosa” (scilicet, il complesso di cose costituito dalla
scala, dal dislivello e dal guard rail) ed il danno le pp. 11-15 della propria
sentenza. Ha rilevato come la conformazione dei luoghi fosse di per sé
pericolosa, perché costituita da un parapetto di altezza non idonea a
sorreggere una persona nel caso di inciampo o caduta accidentale. Ha
concluso che se fosse esistito un parapetto più alto, l’incidente non si

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della decisione.

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sarebbe verificato, e che di conseguenza l’insufficienza del parapetto sia
stata la causa del danno.
Si tratta dunque di una motivazione che esiste, che è logica e che non è
contraddittoria: e in quanto tale non è sindacabile in questa sede.

5.1. Anche col secondo motivo di ricorso il ricorrente principale sostiene che
la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da una violazione di legge, ai
sensi all’art. 360, n. 3, c.p.c. (si assume violato l’art. 1227 c.c.); sia da un
vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c..
Espone, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe errato nell’escludere
qualsiasi condotta colposa in capo alla vittima.

5.2. Il motivo è fondato.
La Corte d’appello ha ritenuto non contestato che la scala di legno sulla
quale inciampò la vittima “non costituiva un’insidia e non fosse pericolosa”
(così la sentenza, pag. 12, 2° capoverso).
Ha soggiunto di ritenere “fuori discussione” che la vittima fosse inciampata
“per propria distrazione” (ibidem, 3° capoverso).
Nondimeno ha ritenuto che l’eventuale distrazione della vittima nel salire le
scale fosse irrilevante per i fini di cui all’art. 1227 c.c., poiché la vittima patì
le lesioni personali non già inciampando sulla scala di legno che conduceva
allo chalet del benzinaio, ma precipitando nel dislivello sottostante, non
adeguatamente protetto dal guard rail. Perciò, ha concluso il giudice di
merito, l’inadeguatezza del guard rail ha costituito “una serie causale
autonoma” nella produzione del danno.

5.3. La statuizione della Corte d’appello appena riassunta non fa una
corretta applicazione dell’art. 1227 c.c..
Il primo comma di tale norma infatti prevede la riduzione del risarcimento,
nella misura ivi indicata, quando il “creditore ha concorso a cagionare il
danno”.

Pagina 7

tro-

3. Il secondo motivo del ricorso principale.

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Udienza del 5 maggio 2015

La regola dettata dal primo comma dell’art. 1227 c.c. è un corollario del
principio di causalità, per cui al danneggiante non può far carico quella parte
di danno che non è a lui causalmente imputabile (così la fondamentale
decisione pronunciata da Sez. 3, Sentenza n. 17152 del 03/12/2002, Rv.
558933).

equivalenza di cui all’art. 41 c.p., in virtù del quale “il concorso di cause
preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione
od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione
od omissione e l’evento”.
Nel caso di specie pertanto la Corte d’appello ha violato tale principio nella
parte in cui non ha considerato che mai la vittima sarebbe caduta nel
dislivello, se non fosse per causa propria inciampata sulle scale.
Infatti, una volta accertato dalla Corte d’appello che l’inciampo innescò la
sequenza di eventi che condusse la vittima a precipitare nel dislivello,
quell’inciampo ai sensi dell’art. 41 c.p. andava considerato una “causa
simultanea” della precipitazione, in una con l’insufficienza del guard rail.
La Corte, pertanto, non poteva – come invece ha fatto – scindere i due
antecedenti causali del danno, attribuendo giuridica rilevanza solo alla
mancanza di guard rail e non anche alla condotta della vittima, sebbene
tanto l’una, quanto l’altra circostanza, non sarebbe stata da sola sufficiente
a produrre l’evento, in mancanza dell’altra.

6. Il terzo motivo del ricorso principale.
6.1. Col terzo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che la sentenza
impugnata sarebbe affetta sia da una violazione di legge, ai sensi all’art.
360, n. 3, c.p.c. (si assumono violati gli artt. 1341, 1803, 1804, 2051); sia
da un vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c..
Il motivo, pur formalmente unitario, nella illustrazione si articola in due
profili. Vi si sostiene che la Corte d’appello avrebbe errato:
(a) nel ritenere che Flavio Musetti avesse assunto nei confronti della
Europam, per patto contrattuale, il rischio di danni a terzi derivanti dalla
gestione dell’area dove si trovava la stazione di rifornimento: ciò in quanto

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L’accertamento della causalità giuridica è regolato dal principio di

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Udienza del 5 maggio 2015

le clausole contrattuali esaminate dalla Corte d’appello riguardavano
unicamente il rischio d’impresa ovvero il rischio derivante dalla gestione
dell’impianto di distribuzione carburanti, e non dalle altre strutture dell’area;
(b) nel ritenere, in ogni caso, che le clausole di trasferimento del rischio
sopra ricordate fossero valide ed efficaci, sebbene non sottoscritte ai sensi

(c)

nell’escludere la corresponsabilità ex 2055 c.c. del conduttore-

comodante Europam s.r.I., sebbene anche quest’ultima avesse un potere di
intervento e custodia sull’area.

6.2. La censura indicata al paragrafo precedente, lettera (b), è fondata. Il
suo accoglimento assorbe pertanto le censure indicate sub (a) e (c).

6.3. La Corte d’appello ha escluso la responsabilità della Europam
sull’assunto che, in virtù del contratto di comodato stipulato tra quella
società e Flavio Musetti, i rischi derivanti dalla gestione della stazione di
rifornimento erano a carico del comodatario.
Ha altresì escluso che il relativo patto contrattuale (ravvisato dalla Corte
d’appello nelle clausole 8 e 22 del contratto di comodato) avesse natura
vessatoria, perché ritenuto riproduttivo d’una regola legale: e precisamente
della regola secondo cui del danno causato dalla cosa concessa in comodato
debba rispondere il comodatario, quale soggetto che ritrae beneficio dal
godimento del bene affidatogli.
Tale statuizione non è giuridicamente corretta.
“Custode” ex art. 2051 c.c., e quindi responsabile del danno causato dalla
cosa, è chiunque abbia un potere anche solo di fatto sulla cosa fonte di
danno.
La custodia può essere esercitata sia da una persona sola, sia da più
persone, anche in virtù di titoli diversi: e si parla in tal caso di cocustodia.
Una ipotesi di cocustodia si verifica nel caso giustappunto di locazione o
comodato, quando il danno sia derivato da parti della cosa rispetto alle quali
non possa dirsi che il locatore od il comodatario si siano completamente

Pagina 9

cAk,

dell’art. 1341 c.c.;

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spogliati di ogni potere di vigilanza e controllo (Sez. 3, Sentenza n. 2422
del 09/02/2004, Rv. 569991).
Le clausole contrattuali delle quali la Corte d’appello ha dunque escluso la
vessatorietà non sono affatto riproduttiva d’alcuna norma di legge, ma anzi
derogano al generale principio per il quale il comodante non è affatto

Sez. 3, Sentenza n. 819 del 02/04/1963, Rv. 261131).

7. Il ricorso incidentale condizionato della Europam s.r.I..
7.1. Col proprio ricorso incidentale la Europam, senza alcuna illustrazione
dei motivi, ha concluso chiedendo:
(a) confermarsi la sentenza d’appello;
(b)

cassare la sentenza d’appello nella parte in cui ha condannato la

Europam a rifondere le spese di lite ai sigg.ri Boscardin; ovvero in subordine
nella parte in cui ha condannato la Europam a rifondere ai sigg.ri Boscardin
somme superiori a quelle che Flavio Musetti è stato condannato a rifondere

\M-‘

alla Europam;
(c) in subordine, dichiarare Flavio Musetti tenuto a manlevare la Europam,
da solo o in solido coi sigg.ri Boscardin.

7.2. La doglianza sub (b) è manifestamente inammissibile, non avendo la
ricorrente incidentale indicato le norme violate o le voci di tariffa malamente
applicate.
La doglianza sub (c) resta assorbita dall’accoglimento del ricorso principale:
valuterà poi il giudice del rinvio se ed in che misura la Europann sia a tenuta
a rilevare Flavio Musetti dalla pretesa attorea, e se ed in che misura i sigg.ri
Boscardin siano tenuti a rilevare la Europam dalla domanda di Flavio Musetti.

8. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Torino,
la quale:
(a) nel valutare la sussistenza della responsabilità di Flavio Musetti, terrà
conto della condotta della vittima, alla luce del principio della equivalenza
causale;

Pagina 10

esonerato per i danni causati dalla cosa data in comodato (affermato già da

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Udienza del 5 maggio 2015

(b) nel valutare la domanda di rivalsa proposta da Flavio Musetti nei
confronti della Europam s.r.I., applicherà il principio per cui nessuna norma
di legge esonera il comodante dalla responsabilità per i danni causati dalla
cosa comodata, sicché le clausole 8 e 22 del contratto di comodato non

9. Le spese.
Le spese del giudizio di legittimità e dei gradi precedenti di merito saranno
liquidate dal giudice del rinvio, ai sensi dell’art. 385, comma 3, c.p.c..
P.q.m.
la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:
– ) accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale;
– ) dichiara in parte inammissibile, ed in parte assorbito, il ricorso incidentale;
– ) cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di
Torino in diversa composizione;
– ) rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese del giudizio di
legittimità e di quelle dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile
della Corte di cassazione, addì 5 maggio 2015.

possono ritenersi duplicative di regole legali.

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