Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13362 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13362 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: ROSSETTI MARCO

SENTENZA

sul ricorso 2099-2013 proposto da:
NAPOLITANO

FRANCA

NPLFNC72P55F924N,

considerata

domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dagli avvocati ROBERTO CORBO, AQUILINA VALERIA BAFFA
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

MINISTERO DIFESA 80425650589, in persona del Ministro
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 30/06/2015

STATO, che lo rappresenta e difende per legge;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 5452/2011 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 16/12/2011 R.G.N. 5352/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

ROSSETTI;
udito l’Avvocato AQUILINA VALERIA BAFFA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso.

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udienza del 05/05/2015 dal Consigliere Dott. MARCO

R.G.N. 2099/13
Udienza del 5 maggio 2015

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Nel 2001 Mauro De Luca e la moglie, Franca Napolitano, convennero
dinanzi al Tribunale di Roma il Ministero della Difesa, esponendo che:
– il 18.1.2000 Mauro De Luca, sottufficiale in servizio in Kosovo col grado di
maresciallo, aveva condotto per ordine superiore un carro armato Leopard

– dopo aver parcheggiato il mezzo ed esserne disceso, il blindato cominciò a
muoversi a causa della pendenza del terreno, avviandosi verso una scarpata;
– il maresciallo Mauro De Luca cercò di fermarlo risalendo precipitosamente
a bordo, ma non riuscì nell’intento di arrestare il movimento del mezzo;
– il carro precipitò in una scarpata, e Mauro De Luca patì gravissime lesioni
personali;

la responsabilità dell’accaduto andava ascritta all’amministrazione

convenuta: sia per non avere tenuto in efficienza il blindato; sia per avere
scelto quale punto di rifornimento un sito inadeguato, perché in pendenza
ed a ridosso d’una scarpata.
Il Ministero si costituì e negò la propria responsabilità.

2. Con sentenza 10.10.2005 n. 21514 il Tribunale di Roma rigettò la
domanda.
La sentenza venne appellata dai soccombenti.
La Corte d’appello di Roma con sentenza 16.12.2011 n. 5452 rigettò il
gravame.
Ritenne, in particolare, il giudice d’appello che non vi fosse prova alcuna
d’una condotta colposa della p.a.: né per quanto riguardava la
manutenzione del mezzo, né per quanto riguardava la scelta del sito
predisposto per il rifornimento dei blindati.

3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da Mauro De
Luca e Franca Napolitano, sulla base di due motivi di ricorso.
Ha resistito il Ministero della Difesa con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.

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alla stazione di rifornimento;

R.G.N. 2099/13
Udienza del 5 maggio 2015

1.1. Col primo motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che la sentenza
impugnata sarebbe incorsa in un vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360,
n. 5, c.p.c..
Espongono, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe adottato una
motivazione contraddittoria, là dove ha ritenuto “imprevedibile” il fatto che

Infatti – sostengono i ricorrenti – se un mezzo regolarmente parcheggiato e
col freno di stazionamento azionato si mette in movimento, ciò vuol dire che
era guasto.

1.2. Il motivo è inammissibile.
Deve premettersi che il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione sussiste solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia
riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della
controversia, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate,
tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico
posto a base della decisione.

d”l’
.

E’ altresì noto che il giudice di merito al fine di adempiere all’obbligo della
motivazione non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze
processuali e a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, ma
è invece sufficiente che, dopo avere vagliato le une e le altre nel loro
complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio
convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi
e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono
logicamente incompatibili con la decisione adottata.
E’, infine, noto che la Corte di Cassazione non ha il potere di riesaminare e
valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo
logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione dei
giudice del merito.
Da questi princìpi pacifici discende che non può chiedersi al giudice di
legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella
adottata dal giudice di merito. Il sindacato della Corte è limitato a valutare
se la motivazione adottata dal giudice di merito sia esistente, coerente e

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un carro armato regolarmente parcheggiato potesse muoversi da solo.

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Udienza del 5 maggio 2015

consequenziale: accertati tali requisiti, nulla rileva che le prove raccolte si
sarebbero potute teoricamente valutare in altro modo.

1.3. Nel caso di specie la Corte d’appello ha escluso (p. 6 della sentenza
impugnata) che il semplice accertamento dell’esistenza d’un guasto del
mezzo blindato fosse di per sé sufficiente a dimostrare la colpa della

causa tra la condotta di quest’ultima ed il guasto.
Questa motivazione non è contraddittoria né illogica.
Un guasto di un mezzo meccanico infatti può essere in teoria dovuto non
solo ad un difetto di manutenzione da parte del soggetto incaricato di
provvedervi, ma anche da un difetto dei materiali costruttivi; da un uso
improprio; dall’usura derivante dall’impiego; da sollecitazioni impreviste, ed
ovviamente dalla fatalità.
Affermare dunque che il fatto noto dell’esistenza d’un guasto non consente
di risalire al fatto ignorato che la causa di esso sia dovuta ad un deficit di
manutenzione è affermazione non illogica. Stabilire, posi se essa fosse
anche l’unica consentita dalle prove raccolte è questione di merito, e come
tale insindacabile
insindacabile da questa Corte.

2. Il secondo motivo di ricorso.
2.1. Anche col secondo motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che la
sentenza impugnata sarebbe incorsa in un vizio di motivazione, ai sensi
dell’art. 360, n. 5, c.p.c..
Espongono, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe adottato una
motivazione illogica là dove ha escluso la colpa della p.a. per avere scelto
quale punto di rifornimento dei carri armati un luogo inadatto: in pendenza
ed in prossimità d’una scarpata.
Tale motivazione sarebbe illogica perché:
(a) ha escluso che la scelta improvvida del luogo di rifornimento abbia avuto
efficacia causale nella concausazione del sinistro, contro l’evidenza dei fatti
(se il mezzo blindato fosse stato in piano, anche con i freni guasti non si
sarebbe potuto muovere da solo);

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pubblica amministrazione, in mancanza della prova d’un valido nesso di

R.G.N. 2099/13
Udienza del 5 maggio 2015

(b) non ha considerato che esistevano nei pressi altri luoghi più idonei per
installare la stazione di rifornimento dei carri armati, tanto è vero che subito
dopo l’accaduto il sito di rifornimento fu spostato in piano.

2.2. Anche questo motivo è inammissibile, per le medesime ragioni indicate

La Corte d’appello, infatti, ha ritenuto – con accertamento che si è visto non
contraddittoriamente motivato, e quindi insindacabile in sede di legittimità che il movimento autonomo d’un carro armato lasciato in sosta col freno
tirato costituisse un fatto “imprevedibile”.
L’imprevedibilità di tale fatto – giudizio di merito sul quale questa Corte non
può intervenire -, escludendone per ciò solo l’evitabilità, rende irrilevante la
condotta consistita nella scelta d’un sito non pianeggiante per installare il
punto di rifornimento dei carri armati. Ciò è quanto statuito dalla corte
d’appello a p. 4 della sentenza impugnata, ed anche in questo caso si tratta
di motivazione non illogica, posto che non prevedere quel che è
imprevedibile non può costituire una condotta colposa.

3. Le spese.
La singolarità del caso e la gravità delle conseguenze che ne sono derivate
costituiscono giusti motivi per la compensazione integrale delle spese del
presente grado di giudizio.
P.q.m.
la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:
– ) dichiara inammissibile il ricorso;
– ) compensa integralmente le spese del presente grado di giudizio tra le
parti; :
-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dall’art. 13, comma 1 quater,
d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte dei ricorrenti di un
ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
l’impugnazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile
della Corte di cassazione, addì 5 maggio 2015.

al § 1.2.

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