Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13360 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/05/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 18/05/2021), n.13360

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 1001-2020 proposto da:

D.C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, alla via

MERULANA n. 247, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DI

GIOVANNI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A., in persona del legale rappresentante

in carica, elettivamente domiciliata in ROMA, alla via PIETRO della

VALLE n. 4, presso lo studio dell’avvocato LUIGI TUCCILLO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

A.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5036/2019 della CORTE d’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 17/10/2019;

udita la relazione della causa svolta, nella camera di Consiglio non

partecipata del 03/02/2021, dal Consigliere Relatore Dott. Valle

Cristiano, osserva quanto segue.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con citazione, notificata nel gennaio 2014, D.C.F. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Torre Annunziata, l’Unipolsai Assicurazioni S.p.a. e A.F., chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti alle lesioni riportate nel sinistro del 16 giugno 2010 alle ore 13.30, allorquando, mentre era alla guida della Vespa Piaggio 125 tg (OMISSIS) di sua proprietà e percorreva la strada statale n. 163 nel tratto Positano- Amalfi, era coinvolto in un incidente stradale causato dall’ A. che sopraggiungeva alla guida del motociclo Yamaha FZ6 600 TG (OMISSIS) garantito dalla Milano S.p.a. (ora Unipolsai S.p.a.). Nel contraddittorio con entrambi i convenuti, che contestavano la fondatezza della domanda, e ne chiedevano il rigetto, il Tribunale, ritenendo le causa matura per la decisione, non ammetteva i mezzi istruttori richiesti e la tratteneva in decisione. Con sentenza n. 1414/2016 pubblicata il 12 maggio 2016 il Tribunale rigettava la domanda e condannava D.C. al pagamento delle spese di lite.

La Corte di Appello di Napoli, adita dal D.C., nel ricostituito contraddittorio delle parti, confermava la decisione del Tribunale, senza procedere all’ammissione delle prove e della consulenza tecnica di ufficio richiesti dall’appellante.

Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione, con atto affidato a due motivi, D.C.F..

Resiste con controricorso Unipolsai S.p.a.

A.F. è rimasto intimato.

La proposta di definizione in sede camerale, non partecipata, è stata ritualmente comunicata alle parti.

Non sono state depositate memorie.

I motivi di ricorso censurano come segue la sentenza della Corte di Appello di Napoli.

Il primo motivo deduce: violazione e (o) falsa applicazione degli artt. 2697,2700,2727 e 2729 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., ed in generale dei principi in tema di diritto alla prova e di valutazione delle prove “atipiche”, in relazione anche al principio del contraddittorio (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4).

Il secondo motivo propone censura di ulteriore violazione e (o) falsa applicazione degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., ed inoltre degli artt. 61 c.p.c. e ss. e dei principi in tema di diritto alla prova e di quelli in materia di divieto di “scienza privata” del giudice; ed inoltre: nullità della sentenza, o del procedimento, per mancanza di qualsiasi esposizione delle ragioni giustificative della mancata ammissione di consulenza tecnica di ufficio (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4); omesso esame di un fatto decisivo dedotto in giudizio con riguardo alla necessità (per superare la presunzione di cui all’art. 2054 c.c.) di accertamenti tecnici circa la dinamica del fatto, da compiere mediante apposita consulenza tecnica di ufficio (art. 360 c.p.c., n. 5).

Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Deve premettersi che, in tema di sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dell’incidente, all’accertamento della condotta dei conducenti dei veicoli, alla sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e alla loro eventuale graduazione, al pari dell’accertamento dell’esistenza o dell’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta sottratto al sindacato di legittimità, qualora il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico, e ciò anche per quanto concerne il punto specifico se il conducente di uno dei veicoli abbia fornito la prova liberatoria di cui all’art. 2054 c.c. (giurisprudenza costante: Cass. n. 14358 del 05/06/2018 Rv. 649340 – 01 e Cass. n. 01028 del 25/01/2012 Rv. 621316 – 01).

Peraltro, la detta regola, di diritto, non impone di considerare uguale l’apporto causale colposo di ciascuno dei conducenti dei mezzi coinvolti in uno scontro solo perchè non sia stato provato che uno dei due abbia fatto tutto il possibile per evitare il danno, ma consente, invece, che la colpa presunta di uno dei due possa concorrere con quella accertata dall’altro anche con apporto percentuale diverso da quello paritetico (per tutte e tra le più Cass. n. 20982 del 12/10/2011 Rv. 619383 – 01).

In altri termini, la presunzione di eguale concorso di colpa stabilita dall’art. 2054 c.c., comma 2, ha funzione sussidiaria, operando soltanto nel caso in cui le risultanze probatorie non consentono di accertare modo concreto in quale misura la condotta dei due conducenti abbia cagionato l’evento dannoso e di attribuire le effettive responsabilità del sinistro (Cass. n. 26004 del 05/12/2011 Rv. 620533 01). L’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti libera l’altro dalla presunzione della concorrente responsabilità di cui all’art. 2054 c.c., comma 2, nonchè dall’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno; la prova liberatoria per il superamento di detta presunzione di colpa non deve necessariamente essere fornita in modo diretto – e cioè dimostrando di non aver arrecato apporto causale alla produzione dell’incidente – ma può anche indirettamente risultare tramite l’accertamento del collegamento eziologico esclusivo dell’evento dannoso con il comportamento dell’altro conducente (Cass. n. 13672 del 21/05/2019 Rv. 654218 – 01, Cass. n. 09425 del 27/04/2011 Rv. 617824 – 01 e Cass. n. 09550 del 22/04/2009 Rv. 608197 – 01).

In detta prospettiva di diritto la Corte territoriale non è incorsa in violazione alcuna, avendo ritenuto che la dinamica fosse stata adeguatamente ricostruita in punto di fatto, con esclusione di qualsiasi responsabilità del motoveicolo condotto dall’ A. e, pertanto, il giudice dell’impugnazione di merito ha escluso di dovere applicare il disposto dell’art. 2054 c.c., comma 2.

La tesi del ricorrente è che detto opinamento sia stato conseguenza di malgoverno delle norme in materia di ammissione delle prove.

L’assunto è infondato. Il primo mezzo di ricorso non riporta in alcun modo, nè direttamente, nè indirettamente, quali erano le circostanze di fatto sulle quali escutere i testi e le prove per testi delle quali D.C.F. chiedeva l’ammissione e soprattutto, chi fossero i testi, eventualmente diversi dalle persone sentite (tale De.Cr. e De.Lu.) dai Carabinieri della Compagnia di Sorrento in sede di successiva redazione del verbale e del rapporto. In ricorso non sono neppure indicate eventuali domande e contestazioni che la parte qui ricorrente avrebbe voluto porre ai soggetti sentiti (circa due mesi dopo l’incidente), e identificati dagli agenti operanti in sede di accertamento sul luogo dell’incidente.

In carenza delle suddette indicazioni specifiche il primo motivo di ricorso deve ritenersi aspecifico e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile (Cass. n. 08204 del 04/04/2018 Rv. 647571 – 01) e n. 13556 del 12/06/2006 Rv. 590656 – 01).

Il secondo mezzo, relativo alla mancata ammissione della consulenza tecnica di ufficio, sebbene la parte abbia indicato di averla richiesta in sede di appello, cade a sua volta in carenza di specificità, in quanto non risulta se la consulenza tecnica di ufficio fosse stata a sua volta chiesta in primo grado. La difesa del ricorrente si è, infatti, limitata a dedurre di averne fatto richiesta in sede di impugnazione di merito, corroborando detta istanza con la produzione di consulenza tecnica di parte, ma non risulta in alcun modo che l’istanza di ammissione della consulenza tecnica di ufficio, avente ad oggetto la posizione dei veicoli e dei motoveicoli coinvolti nell’incidente, sia stata ritualmente avanzata dinanzi al Tribunale. Sul punto deve osservarsi che la parte che impugna la sentenza di rigetto della propria domanda, preceduta da un’ordinanza istruttoria (immotivata) di rigetto dell’istanza di ammissione di una consulenza tecnica di ufficio ha l’onere di specificare, sotto il profilo del nesso causale in quale modo l’espletamento del detto mezzo avrebbe potuto influire sulla decisione impugnata. Nulla di quanto sopra risulta dal testo dell’appello proposto avverso la sentenza del Tribunale e finanche se una consulenza tecnica di ufficio fosse stata chiesta. Deve, inoltre, rilevarsi che la Corte territoriale ha, con motivazione logica ed esaustiva, preso in considerazione la consulenza di parte, disattendendone le conclusioni e in tal modo giustificando, in modo articolato e specifico e in conformità con l’orientamento di questa Corte (Cass. n. 05687 del 18/04/2001 Rv. 546014 – 01): “La consulenza di parte, ancorchè confermata sotto il vincolo del giuramento, costituisce semplice allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio: ne consegue che il giudice di merito, il quale esprima un convincimento ad essa contrario, non è tenuto ad analizzarne e a confutarne il contenuto.” la mancata disposizione consulenza d’ufficio.

Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

Le spese di lite di questa fase di legittimità possono essere compensate, in considerazione della peculiarità della vicenda dibattuta nelle fasi di merito, nella quale le fonti di prova ritenute adeguate erano esclusivamente atipiche.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso;

compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Corte di Cassazione, sezione VI civile 3, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

 

 

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