Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13356 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13356 Anno 2015
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: RUBINO LINA

SENTENZA

sul ricorso 17246-2012 proposto da:
MELONI ALESSANDRO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DELLA GIULIANA 70, presso lo studio dell’avvocato
MAURIZIO MASSATANI, che lo rappresenta e difende
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

MINISTERO DIFESA 80425650589, VITTORIA ASSICURAZIONI
SPA ;
– intimati –

Nonché da:

Data pubblicazione: 30/06/2015

MINISTERO DIFESA 80425650589, in persona del Ministro
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende per legge;
– ricorrente incidentale –

VITTORIA

ASSICURAZIONI

SPA,

in

persona

dell’Amministratore Delegato Rag. ROBERTO GUARENA,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI MONTE VERDE
162, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO MARCELLI,
che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
FELICE PENCO, LUCIANA ROBOTTI giusta procura a
margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente all’incidentale nonché contro

MELONI ALESSANDRO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 2381/2011 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 30/05/2011 R.G.N.
2941/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/04/2015 dal Consigliere Dott. LINA
RUBINO;
udito l’Avvocato MAURIZIO MASSATANI;
udito l’Avvocato GIORGIO MARCELLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

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contro

Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso

per il rigetto di entrambi i ricorsi.

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R.G. 17246 \ 2012

I FATTI

Nel 1993, Alessandro Meloni, all’epoca giovane Caporale Maggiore dell’esercito italiano

per la preparazione del rancio veniva investito da una violenta fiammata proveniente dal
bruciatore della cucina stessa, che gli provocava ustioni al volto e agli arti, riportando
danni permanenti alla persona.
Il Meloni citava in giudizio il Ministero della Difesa, ex art. 2043 c.c., chiedendo
l’integrale risarcimento dei danni riportati, comprensivi sia dei danni non patrimoniali
che dei danni patrimoniali derivanti dalla perdita della capacità lavorativa. Ti Ministero
chiamava in causa la Vittoria Ass.ni s.p.a.
Il Tribunale di Roma, nel 2005, condannava il Ministero a corrispondere al Meloni euro
312.000,00 circa a titolo di risarcimento del danno morale e biologico, escludendo ogni
risarcimento del danno da perdita della capacità lavorativa ( sia sotto il profilo del danno
patrimoniale, sia in considerazione dei riflessi di tale eventuale perdita sul danno non
patrimoniale).
Il Meloni proponeva appello, il Ministero proponeva appello incidentale e la Corte
d’Appello di Roma, con la sentenza qui impugnata, confermava la decisione di primo
grado, rigettando l’appello del Meloni e dichiarando inammissibile l’appello incidentale
proposto dal Ministero nei confronti della Vittoria Ass.ni s.p.a.in quanto tardivo.
Alessandro Meloni propone ricorso per cassazione articolato in sei motivi nei confronti
del Ministero della Difesa notificato anche alla Vittoria Ass.ni s.p.a. per la riforma della
sentenza n. 2381 del 30.5.2011 della Corte di Appello di Roma.
Resiste il Ministero della Difesa con controricorso contenente anche ricorso incidentale.
La Vittoria Ass.ni s.p.a. si è costituita con controricorso per resistere al ricorso
incidentale depositato dal Ministero della Difesa.

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in ferma volontaria impegnato in missione in Somalia, nell’accendere la cucina da campo

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, il Meloni deduce l’insufficiente motivazione su un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 n. 5, in relazione agli artt. 1223, 1226,
2056 e 2697 c.c., 115 e 1126 c.p.c. denunciando l’incongruità e la incompletezza della
motivazione laddove essa ha escluso l’esistenza di un danno alla sua capacità lavorativa

Il Meloni, ora sotto il profilo del vizio di motivazione ora sotto il profilo della violazione
di legge (utilizzando, anche in riferimento ai successivi motivi , la tecnica redazionale di
richiamare la violazione di numerose norme di legge anche laddove il motivo è volto
formalmente a contestare esclusivamente la completezza e coerenza della motivazione),
critica la valutazione della corte d’appello laddove essa ha escluso che egli avesse diritto
al risarcimento del danno da perdita della capacità lavorativa, e ne ha escluso la rilevanza
sia come autonoma voce di danno patrimoniale, sia ( argomento sviluppato con il
secondo, terzo e quarto motivo di ricorso) come rilevante fattore da tenere in
considerazione ai fini della quantificazione del danno non patrimoniale, nelle sue
componenti del danno morale ed esistenziale. Per molte pagine rivolge la sua critica
direttamente alla sentenza di primo grado piuttosto che a quella di secondo grado.
Il motivo è infondato.
Il ricorrente non precisa bene in che cosa di preciso consista la menomazione
permanente che ha riportato, se essa ha avuto ripercussioni sulla mobilità degli arti o sui
sensi, precisa solo di versare da allora in uno stato depressivo che però neppure descrive
con accuratezza né riporta i passi della sentenza di primo grado ove i postumi
dell’incidente erano descritti , limitandosi a dire che è stato in cura per dieci anni e che i
disturbi psichici dai quali era affetto non si sono risolti. Riporta alcuni passi della
consulenza, recepiti dai giudici territoriali, dai quali tuttavia si ricava, conformemente a
quanto affermato dalla corte d’appello, che è il ricorrente che rifiuta ogni possibile
coinvolgimento in attività lavorative : “i postumi riscontrati conseguenti a/ trauma tuttavia non

impedirebbero lo svolgimento di una attività lavorativa qualora fosse accettata dal perkiando, in
relaione ad una sua difficoltà di adattamento a tenuto conto della possibilità di cure efficaci”.
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specifica di militare in servizio di ferma prolungata.

Il Ministero della Difesa nel suo controricorso sottolinea che il tribunale prima e la corte
d’appello poi hanno negato al Meloni il diritto al risarcimento del danno da perdita della
capacità lavorativa specifica, in quanto la commissione medica per ben due volte lo
aveva dichiarato idoneo al servizio militare, mentre era stato lo stesso Meloni a
contestare la valutazione della commissione medica che aveva emesso il giudizio di

avesse perso la capacità lavorativa generica.
La valutazione della corte territoriale è coerente nella sua sinteticità ed esente da vizi,
laddove la stessa ha considerato che in realtà il Meloni era stato giudicato idoneo al
proseguimento dell’attività di militare dalla commissione medica del Ministero della
Difesa con duplice valutazione ( e avrebbe potuto quindi proseguire la ferma volontaria
e poi accedere alla carriera militare), mentre era stato lui stesso, caduto in depressione
dopo il grave incidente, che aveva rifiutato dapprima il verdetto della Commissione
medica che lo aveva ritenuto idoneo, quindi la prosecuzione dell’ attività che aveva
intrapreso e successivamente la ricerca di ogni altra attività lavorativa.
Il ricorrente non ne mette in luce efficacemente né lacune tali da minarne il filo logico,
né contraddizioni della motivazione che la privino di intima coerenza.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce l’insufficiente motivazione su un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 n. 5 c.p.c. sempre in relazione agli artt.
1223, 1226, 2056 e 2697 c.c., 115 e 1126 c.p.c., denunciando l’incongruità e
l’insufficienza della motivazione in ordine al quantum del danno morale, liquidato al
Meloni in misura ritenuta insufficiente per non aver considerato, quanto meno come
componente atta ad aggravare anche il danno morale subito dal soldato, la sua perdita
della capacità lavorativa.
Deduce poi all’interno dello stesso motivo la violazione del diritto al lavoro
costituzionalmente garantito e del principio relativo all’integrale risarcimento del danno,
che avrebbero dovuto essere più appropriatamente denunciati come vizi di violazione di
legge e non collocati all’interno di una denuncia di vizio di motivazione e comunque
non sono autonomamente illustrati.
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idoneità e che lo stesso consulente tecnico d’ufficio aveva negato che il danneggiato

Il motivo è infondato.
La corte ha compiuto una congrua e dettagliata motivazione in relazione al danno non
patrimoniale, che è stato risarcito nelle sue varie componenti in un importo congruo
per arrivare al quale si è tenuto conto della penosità della vicenda e della gravità dei
postumi in un giovane all’inizio delle sue prospettive di vita indipendente e di carriera.

perdita della capacità lavorativa, neppure come componente atta a rendere
particolarmente afflittivo il danno non patrimoniale riportato dal Meloni è perché, con
motivazione già esaminata in riferimento al primo motivo e ritenuta esente da vizi, ha
escluso che dall’incidente subito dal Meloni sia derivata tale perdita.
Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.
1223, 1226, 2056, 2043 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. in ordine alla
quantificazione del danno esistenziale ed ancora, la violazione dei principi sulla
personalizzazione e l’integrale risarcimento del danno.
Con il quarto motivo, deduce l’insufficiente motivazione su un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, citando sempre la violazione degli artt. 1223, 1226, 2056 e 2697
c.c., 115 e 1126 c.p.c., in ordine all’omesso accertamento del danno esistenziale.
I motivi 3 e 4 possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi e sono

infondati.
Essi ripropongono la tramontata considerazione del danno esistenziale come categoria
autonoma di danno, autonomamente risarcibile rispetto alle altre categorie del danno
non patrimoniale ( danno morale c.d. puro, biologico, alla vita di relazione, estetico )
laddove da alcuni anni questa Corte ha affermato che il danno non patrimoniale da
lesione della salute costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, nella cui
liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla
vittima, ma senza duplicare il risarcimento attraverso l’attribuzione di nomi diversi a
pregiudizi identici. Ne consegue che è inammissibile, perché costituisce una duplicazione
risarcitoria, la congiunta attribuzione alla vittima di lesioni personali, ove derivanti da
reato, del risarcimento sia per il danno biologico, sia per il danno morale, inteso quale
sofferenza soggettiva, il quale costituisce necessariamente una componente del primo
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Se la corte non ha tenuto conto nella quantificazione del danno non patrimoniale della

(posto che qualsiasi lesione della salute implica necessariamente una sofferenza fisica o
psichica), come pure la liquidazione del danno biologico separatamente da quello c.d.
estetico, da quello alla vita di relazione e da quello cosiddetto esistenziale ( in questo
senso Cass. S.U. n. 26972 del 2008 e numerose altre successive).Per cui, se il danno non
patrimoniale riportato da un individuo in caso di sua lesione del diritto alla salute deve

per individuare l’affiittività in concreto di essa su ogni aspetto della sfera non
patrimoniale della persona, vanno del pari evitate le duplicazioni, quali la liquidazione
autonoma di un pregiudizio “esistenziale”.
Con il

quinto motivo, il Meloni deduce l’insufficiente motivazione su un fatto

controverso e decisivo per il giudizio , citando sempre la violazione degli artt. 1223,
1226, 2056 e 2697 c.c., 115 e 1126 c.p.c., per non aver dato conto più
approfonditamente la corte in sentenza del motivo per cui il suo convincimento,
laddove recepiva le conclusioni cui era arrivato il c.t.u., non fossero state scalfite dalle
censure del consulente di parte.
Il motivo infondato.
Ti giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella
relazione abbia a sua volta tenuto conto dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce
l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non
deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici
di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese
perché incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione (v. Cass. n. 1815
del 2015).
Infine, con il sesto motivo di ricorso, il ricorrente denuncia nuovamente l’insufficiente
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio , indicando anche in
questo caso la violazione degli artt. 1223, 1226, 2056 e 2697 c.c., 115 e 1126 c.p.c., per
aver la corte territoriale dato una errata lettura dei principi di diritto dettati da Cass. S.U.
n.1712 del 2005 e da Cass. n. 2368 del 1986, laddove ha liquidato gli interessi.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

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essere integralmente liquidato, esaminando ogni aspetto della vicenda e tenendone conto

La stessa corte d’appello ha rigettato un motivo di appello di identico contenuto
proposto dal Meloni segnalando che questi critica il criterio di calcolo seguito dalla
sentenza di primo grado senza neppure esplicitare un conteggio diverso che,
applicando il criterio di calcolo da lui indicato avrebbe potuto portare ad un diverso
importo, più cospicuo e più favorevole per il danneggiato.

passo della sentenza di primo grado in cui è stato esplicitato il criterio di calcolo che ha
permesso di raggiungere il risultato da lui criticato e condiviso dalla corte d’appello, per
poter in questa sede verificare se il criterio di calcolo adottato — e ritenuto dalla corte
d’appello conforme ai criteri enunciati da Cass. n. 1712 del 1995 – sia in realtà
contraddittorio rispetto ad essi e neppure contrappone ad esso un diverso conteggio.
Inoltre, come ulteriore profilo di inammissibilità del motivo, il ricorrente non impugna la
seconda rado decidendi della corte d’appello sul punto, che è quella appunto legata alla
astrattezza della critica mossa.
Il Ministero della Difesa nel suo controricorso propone anche un motivo di ricorso
incidentale con il quale censura la sentenza impugnata laddove ha dichiarato
inammissibile il suo appello incidentale (tardivo) proposto avverso il punto della
decisione di primo grado che aveva rigettato la sua domanda di manleva nei confronti di
Vittoria Ass.ni s.p.a, avendo la corte d’appello ritenuto che il suo interesse ad impugnare
fosse sorto direttamente dalla sentenza di primo grado e non dalla proposizione
dell’appello principale del danneggiato, e che pertanto l’impugnazione potesse essere
proposta solo con un appello tempestivamente proposto.
Il motivo di ricorso incidentale è del tutto infondato.
La pronuncia di inammissibilità della corte d’appello in relazione all’appello incidentale
tardivo proposto dal Ministero verso la sua compagnia di assicurazioni è corretta avendo
fatto la corte applicazione dello stesso principio di diritto che invoca il Ministero, in base
al quale l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale
utilità della parte, tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione
l’assetto giuridico derivante dalla sentenza cui la parte non impugnante aveva prestato
acquiescenza, sorgendo l’interesse ad impugnare, anche nelle cause scindibili, come
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Anche in questa sede, il rilievo rimane astratto ed apodittico, perché non riproduce il

nell’ipotesi di garanzia impropria, dall’eventualità che l’accoglimento dell’impugnazione
principale modifichi tale assetto giuridico (Cass. n. 5086 del 2012). Nella specie, infatti,
avendo già il giudice di primo grado condannato il Ministero a versare al Meloni un
importo di oltre 300.000,00 euro ed escluso totalmente il diritto del Ministero ad essere
manlevato dalla sua compagnia di assicurazioni, l’eventuale accoglimento della

alterare l’assetto giuridico dei rapporti tra assicurato e assicurazione, e l’interesse ad
impugnare era sorto in capo al Ministero già con il deposito della sentenza di primo
grado che aveva escluso il suo diritto di essere manlevato dalla Vittoria Ass.ni.
Sia il ricorso principale che il ricorso incidentale vanno pertanto rigettati.
Le spese tra il Meloni e il Ministero della Difesa possono essere compensate in ragione
della particolarità della vicenda; la liquidazione delle spese tra il Ministero e la Vittoria
Ass.ni segue la soccombenza

P.Q.M.

La Corte:
– rigetta il ricorso principale proposto da Meloni Alessandro ed anche il ricorso
incidentale proposto dal Ministero della Difesa;
-compensa le spese di giudizio tra il Meloni e il Ministero della Difesa;
-condanna il Ministero della Difesa a rifondere le spese processuali alla controricorrente
Vittoria Ass.ni s.p.a., che liquida in complessivi curo 7.000,00, di cui 200,00 per spese
oltre accessori e contributo spese generali.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 27 aprile 2015

4/.

Il Consigliere estensore
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Presidente
G seppe M Berruti

impugnazione del danneggiato sul quantum del risarcimento in nulla avrebbe potuto

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