Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13356 del 28/06/2016

Cassazione civile sez. II, 28/06/2016, (ud. 09/02/2016, dep. 28/06/2016), n.13356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13699/2011 proposto da:

P.A. (OMISSIS), IMMOBILIARE ZURIGO SRL

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore

elettivamente domiciliati in Roma, Via Orazio 3, presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO FACCINI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ROBERTO COTTELLERO, come da procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

BOSCO DEL PASSERO SS, (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore L.G., PASSERO DEL BOSCO Srl

(OMISSIS), in persona del suo legale rappresentante pro tempore,

ing. S.A.E., nonchè ing. S.A.E.,

(OMISSIS), tutti elettivamente domiciliati in Roma, Via Di

Santa Teresa 23, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO

PIETROSANTI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIUSEPPE DI CHIO, come da procura speciale a margine al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 991/2010 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 21/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2016 dal Consigliere Dott. Ippolisto Parziale;

udito l’Avvocato FACCINI che si riporta agli atti e alle

conclusioni assunte;

udito il Sostituto Procuratore Generale Dott. Renato Finocchi Ghersi,

che concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. P.A. e la Immobiliare Zurigo s.r.l. citano la Bosco del Passero, la Passero del Bosco s.r.l. e l’ing. S.A. E.. Deducono che con lettera del 27 giugno 2005 l’ing. S. A., anche in nome e per conto delle società, aveva accordato agli tutori un’opzione ai fini dell’acquisto di aree edificabili in territorio del comune di (OMISSIS); che le aree oggetto dell’opzione erano state cedute a terzi; chiedono darsi atto dell’accettazione da parte loro dell’opzione; di pronunciare sentenza ex art. 2932 c.c., con offerta di pagamento della somma di Euro 2.000.000,00 per i tre lotti ovvero della somma di Euro 500.000,00 per il solo lotto n. 3; in subordine la condanna dei convenuti al risarcimento del danno per inadempimento contrattuale ovvero, in via ulteriormente subordinata, per responsabilità precontrattuale.

2. Resistono i convenuti e instano per il rigetto delle avverse domande, rilevando che la scrittura del 27.6.2005 non integra opzione.

3. Con memoria ex art. 183 c.p.c., gli attori offrono per tutte le aree la somma di Euro 2.500.000,00.

4. Il Tribunale rigetta tutte le domande di parte attrice. Con ampia motivazione esclude che alla lettera del 27.6.2005 possa attribuirsi il contenuto di opzione, dovendosi l’espressione “le riconosco un’opzione” contenuta nel testo, essere interpretata alla luce del suo significato letterale nel contesto del complessivo comportamento tenuto dalle parti prima e dopo di essa. In particolare, il Tribunale evidenzia che le trattative antecedenti la lettera, risalenti nel tempo, avevano riguardato solo il lotto tre, che la lettera in questione faceva riferimento anche agli altri terreni, per i quali era stato manifestato interesse da parte di altri compratori, che alla lettera non era seguita altra attività da parte del destinatario, se non l’inizio del giudizio.

5. La Corte di appello di Torino, adita da P.A. e dalla Immobiliare Zurigo s.r.l., respinge l’impugnazione, confermando la decisione del primo giudice ed ampiamente argomentando sulle plurime ragioni per le quali alla lettera del 27 giugno del 2005 non poteva essere attribuito il valore di una opzione vincolante.

6. Impugnano tale decisione il P. e l’Immobiliare, che avanzano sette motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato e va rigettato per quanto di seguito si chiarisce con riguardo ai singoli motivi.

I motivi del ricorso.

1. Col primo motivo si deduce: “violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1367, 1321 e 1322 c.c. e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo del giudizio ai sensi art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Si censura la statuizione d’appello nella parte in cui ha ritenuto la lettera del 27.6.2005 priva di efficacia e non vincolante. In particolare, rilevano i ricorrenti che la Corte locale ha errato nell’effettuare la “ricostruzione storica delle trattative intercorse tra le parti antecedentemente all’invio della missiva, il Giudice di secondo grado ha affermato che “è incontestato ed è del resto documentale che prima della missiva sopra riportata le trattative tra le parti in causa avevano riguardato la compravendita della sola area edificatale individuata con il Lotto 3″ (cfr. p. 11 della sentenza)”.

Secondo i ricorrenti tale “affermazione non corretta, è in contrasto can quanto acclarato agli atti del giudizio e ha viziato l’intero ragionamento svolto dalla Corte d’Appello”. Si deduce che dagli atti del giudizio di primo grado risultava dalla citazione ed anche da quanto affermato dalle controparti (p. 2 della seconda memoria ex art. 184 c.p.c., Bosco del Passero s.s. dell’11.04.07) che queste ultime “hanno riconosciuto che le parti discussero e trattarono la cessione dell’intera area e che sarebbe stato l’ing. S.A. a proporre al geom. P. di acquistare tutto il compendio, insistendo per tale soluzione”. La Corte di appello è quindi incorsa in “errore di giudizio (consistente nel travisamento di un fatto storico e processuale rilevante)” che “consente alla parte soccombente di rimettere in discussione, innanzi a codesta Suprema Corte, l’interpretazione della Missiva suffragata dalla Corte di Appello”. Evidenziano, quindi, i ricorrenti come una volta correttamente ricostruito l’ambito delle trattative antecedenti alla missiva in questione, l’interpretazione di quest’ultima non poteva essere logicamente ricostruita come avevano fatto il primo giudice e il giudice di appello. Questo perchè tale missiva non riportava un fatto nuovo (cessione dell’intera area) e “non rappresentava affatto un “ampliamento dell’oggetto dell’acquisto”, avendo già le parti discusso e negoziato anche tale ipotesi”. La motivazione poi, proseguono i ricorrenti, in vari passaggi, si fonda su tale erronea affermazione (trattative limitate ad una sola area), giungendo così alla erronea conclusione, secondo la quale “non essendosi mai discusso dell’acquisto dell’intero compendio immobiliare, le parole “Le riconosco un opzione” valessero quale semplice disponibilità di massima e potessero al più rappresentare l’inizio di una trattativa per la conclusione di un tale affare”. E ciò a fronte delle affermazioni delle stesse controparti (cfr. p. 2 della seconda memoria ex art. 184 c.p.c., Bosco del Passero s.s. dell’11.04.07), secondo le quali “il geom. P. venne più volte sollecitato dall’ing. S.A., in proprio, quale amministratore di Passero del Bosco S.r.l. e quale socio di Bosco del Passero ad acquistare l’intera area di proprietà della società Bosco del Passero ss.

vero un corrispettivo almeno pari a quello offerto da altri possibili acquirenti. Si proverà altresì in giudizio che il geom. P. si è, a più riprese, rifiutato di acquistarne l’intera area, mostrando interesse solo per la porzione di terreno da destinare alla costruzione di un albergo”.

Rilevano i ricorrenti, inoltre, che è anche errata l’interpretazione data dalla Corte locale all’indicata (dall’ing. S.) esigenza di un incontro successivo alla missiva per proseguire le trattative, posto che “l’opportunità di un incontro (eventualmente anche con i potenziali acquirenti dei Lotti 1 e 2) era finalizzata alla sola ipotesi di un acquisto frazionato delle aree, nel quale gli odierni appellanti si rendessero promissari acquirenti del solo Lotto 3”, circostanza ritenuta “residuale e poco interessante” dal geom.

P., con la conseguenza che “non vi era alcuna necessità di un incontro”. Alla lettera non doveva seguire alcun incontro ma solo la “comunicazione del prezzo da parte dell’ing. S.A., all’esito della quale i geom. P. avrebbe deciso se esercitare o meno il diritto di opzione. Comunicazione che, purtroppo, si è visto non essere mai avvenuta”. Secondo i ricorrenti il “dato letterale è chiaro ed inequivocabile”, perchè “l’espressione “Le riconosco un opzione per l’acquisto” significa inequivocabilmente immediata assunzione di un impegno e non già mera disponibilità”. In tal senso l’uso dell’indicativo presente. La Corte locale avrebbe dovuto, quindi, “per individuare quale sia stata la comune intenzione delle parti, preliminarmente procedure all’interpretazione letterale dell’atto negoziale, dando contezza in motivazione del risultato di tale indagine”, restando ad essa preclusa ogni ulteriore attività interpretativa quando, come nel caso di specie, “risulta univoco il tenore delle espressioni utilizzate dalle parti”. La Corte d’Appello, proseguono i ricorrenti, “non solo ha suffragato un’interpretazione antiletterale della Missiva (nonostante la chiarezza del dato letterale e l’assenza di “impossibilità (e non la mera difficoltà) di conoscere la comune intenzione delle parti attraverso l’interpretazione letterale”; ma ha sacrificato il dato letterale a favore di un’interpretazione che l’ha condotta a ritenere privo di efficacia, giuridica il documento, violando così il disposto dell’art. 1367 c.c.”.

1.1 – Il motivo è infondato. Il motivo si fonda sul “travisamente” un fatto decisivo in cui sarebbe incorsa la Corte nella ricostruzione della vicenda relativa alla trattativa intercorsa tra le parti prima della lettera in questione. Secondo i ricorrenti la trattativa non aveva riguardato il solo lotto 3, come affermato dalla Corte territoriale, ma anche gli altri. Di qui il venir meno di tutto l’impianto logico sulla base del quale la Corte locale era giunta alla conclusione oggi impugnata.

Tale affermazione non è condivisibile, posto che l’ampia motivazione della Corte territoriale dà in dettaglio conto della posizione delle parti, riportando per esteso, nello svolgimento del processo, le affermazioni dello stesso P., che aveva dato atto che le trattative, prima della lettera si erano svolte con riguardo a due ipotesi, la vendita dei tre lotti e la vendita del solo lotto 3, tanto che erano state predisposte due bozze di contratto, nessuna delle quali sottoscritte, proprio perchè vi erano altri possibili compratori interessati ad acquistare l’intero complesso. Di qui la richiesta del P. di una sorta di impegno in relazione al concretizzarsi di tali ulteriori trattative. Di tutto questo la Corte ha tenuto conto. Infatti, nella parte motiva la Corte torinese ha affermato che “E’ opportuno premettere che l’essenza della controversia riguarda la qualificazione giuridica e l’interpretazione della missiva inviata in data 27.6.2005 da S.A.E. a P.A. e quindi le conseguenze da ciò derivanti nei rapporti tra le parti, e che, pacificamente, detta missiva si inseriva nell’ambito di una complessa trattativa per l’acquisto di aree edificabili in (OMISSIS), della cui proprietà S.A. E. tirava interessi, seguendo due bozze di contratto preliminare di compravendita, mai dimanializzate e precedendo una terza bozza di contratto preliminare, seguita a sua volta dalla cessione a terzi dell’intero compendio immobiliare”.

Nessun travisamento dei fatti è quindi alla base delle valutazioni della Corte, che nel suo successivo argomentare dà una adeguata spiegazione del motivo per il quale valorizza alcuni elementi piuttosto che altri nell’interpretazione che svolge al fine di ricostruire la volontà contenuta in un atto unilaterale (dell’ing. S.) nell’ambito della complessa vicenda, che si snodò anche in un tempo consistente.

I ricorrenti cercano di evidenziare alcune contraddizioni esistenti nella complessa motivazione, atomizzandone i passaggi, estrapolandone il testo e ponendolo in contrapposizione con altre affermazioni, pure svolte nell’ambito del complesso percorso motivazionale. Ma dimenticano di considerare il ragionamento nel suo complesso, che porta ad una conclusione interpretativa, che, se pure in tesi può apparire opinabile, non per questo si presta alle censure sollevate, che in definitiva non riguardano il corretto o meno processo di interpretazione operato dal giudice in violazione dei relativi canoni legali, formalmente denunciati, essendo invece funzionali a prospettare una diversa lettura ed interpretazione della lettera in questione.

Al riguardo, la Corte locale, in primo luogo riporta il testo della lettera come segue: “Caro Geom. P., desideravo informarla che in seguito a trattative avviate, su sollecitazione di pochi giorni or sono, con altri possibili acquirenti dei terreni della società semplice Bosco del Passero, si sta definendo la possibilità di vendere i terreni verso un corrispettivo iniziale di Euro 2.000.000,00 circa. I possibili acquirenti hanno intenzione di acquistare l’intera area, ma non escludono la possibilità di comprare in un primo tempo i soli Lotti 1 e 2 ed eventualmente in un secondo tempo il Lotto 3, destinato, come Lei ben sa, alla costruzione di un albergo. Resta inteso che Le riconosco l’opzione di acquistate l’intera area allo stesso prezzo che sarà concordato all’esito delle trattative in corso, verificandosi le condizioni per rinuncia degli attuali acquirenti al Lotto 3, la sola area destinata alla costruzione dell’albergo verso un corrispettivo di Euro 500.000,00, come avevamo già concordato. Ritengo opportuno incontrarci, eventualmente anche con i potenziali acquirenti dei Lotti 1 e 2 qualora Lei intenda acquistare, secondo il progetto originario il solo Lotto 3, al fine di definire le trattative e concordare le migliori soluzioni per conseguire l’obiettivo. In attesa di un suo riscontro le invio i miei più cordiali saluti”. La Corte di appello chiarisce poi alla luce di tale lettera che le trattative specifiche tra le parti avevano riguardato il solo lotto 3 nel senso appunto che si ricava dalla lettera e cioè che le trattative erano giunte fino alla definizione di un possibile prezzo, rispetto al quale si poneva però il diverso interesse del venditore alla vendita in blocco dell’intero compendio. Di qui la mancata conclusione del preliminare anche solo quanto al lotto 3. Ma tale affermazione non è in contraddizione con la esalta ricostruzione della vicenda, apparendo invece una ulteriore precisazione sull’effettiva fase in cui erano le trattative al momento della lettera in questione.

Di seguito la Corte locale si sofferma sui criteri interpretativi applicabili normativamente agli atti unilaterali e quindi osserva quanto segue. “L’espressione “le riconosco l’opzione di acquistare l’intera area…” – sulla quale gli appellanti fanno sostanzialmente perno per giustificare la loro interpretazione della musiva –

potrebbe fondare una interpretazione, ex art. 1367 c.c., della lettera 27.6.2005 come patto di opzione solo ove il tenore complessivo del preteso regolamento negoziale dalla stessa enucleabile, pur equivoco e quindi dubbio, abbia in ipotesi comunque tutti i presupposti necessari per soddisfare il regolamento negoziale prospettato”, chiarendo di seguito che “perchè si possa ipotizzare un patto di opzione la proposta volta alla sua conclusione deve contenere l’intero regolamento negoziale, in modo che l’esercizio dell’opzione da parte del beneficiato comporti la conclusione del contratto principale senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà delle parti su elementi, anche non essenziali, non contemplati nel patto; nell’ipotesi in cui il contratto principale sia una compravendita, il prezzo deve essere determinato nel patto di opzione, o deve essere determinabile in base a criteri certi e precostituiti, in modo che la successiva attività delle parti sia solo attuativa o ricognitiva”, Ed aggiungendo, quindi, che “se si applicano le indicazioni sopra enucleate alla lettera oggetto di contestazione, si deve escludere in radice che la stessa possa rappresentare un’espressione negoziale da interpretare come proposta di patto di opzione da parte di S.A.E. per l’acquisto dell’area edificabile – intera o individuata nel solo lotto 3 – in (OMISSIS) a favore di P.A.”, posto che “i primi due periodi della lettera sono volti appunto ad informare P.A. che pochi giorni prima erano iniziate delle trattative con terzi, su sollecitazione di questi, e che dette trattative guardavano l’intera area, pure se i nuovi interessati non escludevano di acquistare in un primo tempo solo i lotti 1 e 2, riservando ad un secondo momento la compravendita del lotto 3. Il terzo periodo inizia con il riconoscimento da parte di S.A.E. a favore del destinatario della “opzione ad acquistare l’intera area allo stesso prezzo che sarà concordato all’esito delle trattative in corso”, o della sola area corrispondente al lotto 3 al prezzo già concordato, ore gli attuali acquirenti” vi rinuncino”.

Dopo aver compiuto tale analitico esame, la Corte locale giunge alla seguente conclusione. “Sia il contesto in cui si inserisce la missiva, sia il suo contenuto, rendono evidente che la stessa risponde ad un’esigenza di correttezza e di trasparenza nello svolgimento delle trattative già in essere con P.A. per l’acquisto dell’area edificabile individuata come lotto 3 in (OMISSIS); con essa il rappresentante della proprietà comunica infatti al soggetto con il quale erano già in corso contatti seri sia la presenza di altri interessati sia l’ampliamento dell’oggetto dell’acquisto, che per i “nuovi” intervenuti è tutta l’area edificabile e non il solo lotto 3; nel nuovo contesto di riferimento così creatosi, S.A.E. offre al suo primo contatto, P.A., la possibilità di acquistare l’intera area allo stesso prezzo che avrebbe potuto essere determinato nel corso delle trattative con gli altri interessati, oppure la possibilità di acquistare il solo lotto 3 al prezzo già concordato tra loro, se i nuovi interessati avessero rinunciato ad acquistare detto lotto, secondo una delle possibilità dagli stessi prospettate; il senso di quel “Le riconosco l’opzione” è quindi quello di una disponibilità a preferire P.A. nella conclusione dell’affare, ove questo potesse essere interessato all’acquisto dell’intera area, o ove il solo lotto 3 non fosse comunque acquistato dagli altri, ed è la semplice praspettazione di una disponibilità verso un accordo da discutere e definire tra le parti, con una trattativa a tre ove il P. avesse inteso mantenere ferma la volontà iniziale di acquistare il solo lotto 3, anche alla luce della novità rappresentata con la lettera 27.6.2005 – il tenore letterale e logico dell’ultimo periodo della lettera in esame non lascia adito a dubbi nel senso che incontri e ulteriori trattative fossero necessari in ogni caso tra le parti, non essendovi elemento alcuno che supporti la tesi degli appellanti, secondo cui se il P. avesse avuto l’intenzione di acquistare l’intero, che pure non aveva mai firmato oggetto di trattative prima, non avrebbe dovuto prendere alcun contatto”.

La ricostruzione della volontà unilaterale, contenuta nella lettera in questione, appare coerente logicamente e scevra dai vizi denunciati, solo che si consideri che il riferimento, che, anche nell’ultimo passaggio appena riportato, la corte effettua, secondo cui per i tre lotti non vi sarebbero state trattative precedenti, va letto nel senso che non vi erano state trattative avanzate, giunte cioè fino alla individuazione anche del possibile prezzo, per quanto si chiarisce dal testo stesso della lettera.

Ciò sarebbe già sufficiente, ma la Corte non trascura di individuare anche altri aspetti che ulteriormente rafforzano tale conclusione e che sono oggetto di trattazione nei successivi motivi (anche quanto alla diversa interpretazione data dalla Corte alla necessità o meno di ulteriori incontri).

2. Col secondo motivo si deduce: “violazione e falsa applicazione degli artt. 1346, 1331, 1473 e 1474 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”. Si censura la statuizione d’appello nella parte in cui ha ulteriormente individuato le ragioni che escludono, nella lettera del 27.6.2005, la sussistenza dei requisiti di una valida opzione. In particolare, la necessità di far riferimento alla successiva bozza di contratto preliminare dell’ottobre 2005 e l’assenza di elementi essenziali come il prezzo. Rilevano i ricorrenti che l’errore della Corte locale è consistito nel non aver considerato che il prezzo può essere demandato a terzi e che “i criteri, in base ai quali tale determinazione può essere assunta, sono a loro volta nella disponibilità delle parti (cf. artt. 1473 e 1474 c.c.)”, in applicazione dell’art. 1346 c.c., norma del quale gli elementi essenziali del contratto possono anche non essere determinati al momento della stipulazione, a condizione che siamo determinabili, anche in un secondo momento, sulla scorta di dati oggettivi”. Nel caso di specie il prezzo era determinabile, come confermato dai convenuti, quali – nelle difese finali del primo grado di giudizio – hanno dato atto del fatto che “certo è che nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda avversaria, le parti Attrici dovranno dichiararsi disponibili a versare quale corrispettivo non già quello indicato in linea di massima nella raccomandata di giugno 2006, ma il maggior prezzo conseguito nella recente trattativa con altro acquirente” (cfr. pagina 12 della conclusionale del primo grado)”. La Corte locale ha errato nell’affermare che “il fatto che il corrispettivo per la cessione dell’intera area edificabile sarebbe stato determinato all’esito di una trattativa condotta dalla stessa parte venditrice con un altro soggetto esclude la ricorrenza di una situazione di terzietà e quindi di oggettivazione della individuazione della prestazione” (cfr. p. 17 della sentenza), posto che “il prezzo in concreto è stato determinaro dall’offerta prima che controparte ha ricevuto dal terzo R. e di tale determinazione gli odierni ricorrenti hanno avuto conoscenza solo a lite iniziata” (ricorso pag. 31, punto 13).

2.1 – Anche tale motivo è infondato. Riguarda il successivo ragionamento che la Corte territoriale opera con riguardo alla carenza degli elementi essenziali di un possibile contratto rispetto al quale sarebbe stata offerta l’opzione, posto che il prezzo era ancora da determinarsi e non poteva essere determinato da un terzo, ma dovevano semmai seguire ulteriori incontri e anche trattative a tre. Al riguardo, la Corte territoriale si diffonde con una lunga e coerente motivazione, anche in questo caso oggetto di critica specifica, disancorata però dal complessivo contesto argomentativo.

La Corte territoriale, infatti, osserva quanto segue: “In quest’ottica interpretativa, che appare essere l’unica, giustificata dal tenore della missiva, contestualizzato nell’ambito delle trattative, già svolte fino a quel momento tra le parti, ma non definitesi, non vi è proprio spazio per considerare la lettera del 27.6.2005 come una proposta di opzione giù determinata e contenente quantomeno tutti i requisiti per individuare i profili essenziali del contratto di compravendita in relazione al quale avrebbe dovuto porsi come preparatoria, ed è da escludere che in questo senso fosse la volontà di S.A.E. si sottolinea, in particolare, che in precedenza P.A. non aveva mai manifestato interesse all’acquisto dell’intero complesso immobiliare, che le cifre di cui si parlava erano ben diverse per l’acquisto del lotto 3, per il quale l’importo era comunque definito tra le parti e per l’acquisto dell’intero, per il quale a prezzo era ancora in corso di definizione”.

Aggiunge poi la Corte che “la lettera del 27.6.2005 si pone pertanto come un momento interlocutorio nell’ambito delle trattative in essere tra le parti e il riconoscimento della “opzione di acquistare l’intera area” riconosciuto da S.A. a P. non ha alcun significato riconducibile immediatamente al sorgere di un impegno ex art. 1331 c.c., ma indica solo la disponibilità della parte venditrice a riconoscere mi diritto di tale tipo al soggetto interessato all’acquisto con il quale erano già in essere dei contatti, all’esito di un adeguato confronto sul punto, richiesto espressamente senza che vi sia stato, in concreto, riscontro alcuno”.

E quanto poi agli ulteriori elementi essenziali del contratto in relazione al quale sarebbe intervenuta l’opzione, la corte osserva che “la lettera contestata non conteneva già tutti i profili necessari per addivenire alla stipula del contratto finale, e quindi non poteva fondare la conclusione di un patto di opzione, tale per cui il semplice esercizio del diritto da parte del P. potesse determinare il sorgere del contratto principale in vista del quale l’opzione avrebbe dovuto essere concessa”. Ed, infine, quanto al prezzo osserva quanto segue. “Nemmeno è sostenibile ipotizzare che il prezzo della compravendita era già determinabile nella lettera del 27.6.2005, per relationem, con riferimento al prezzo che sarebbe emerso nell’ambito delle trattative in corso con terzi: basti considerare che solo dello stesso S.A. avrebbe potuto far conoscere il prezzo in ipotesi concordato al P., che non avrebbe potuto quindi esercitare il suo preteso diritto se non attraverso un’attività necessaria della controparte, e quindi in assenza di un riferimento oggettivo inequivoco, in contrasto con l’esistenza di un accordo già definitivo compiutamente, ex art. 1331 c.c.; si è completamente al di fuori anche dell’ambito di applicazione degli artt. 1349 e 1473 c.c., che affidano ad un terzo concordemente indicato la prestazione dedotta in contratto e quindi, nel caso di specie la determinazione del prezzo, sia perchè mancano indicazioni univoche in tal senso nella lettera – che avrebbe invece dovuto farvi riferimento -, sia perchè il fatto che il corrispettivo per la cessione dell’intera area edificabile sarebbe stato determinato all’esito di una trattativa condotta dalla stessa parte venditrice con un altro soggetto esclude la ricorrenza di una situazione di terzietà e quindi di oggettivazione della individuazione della prestazione, presupposta invece dalle norme richiamate”.

Così concludendo: “ciò equivale, in sostanza, a dire che all’esito della trattativa parallela il S.A. avrebbe potuto proporre un prezzo, che il P. avrebbe potuto accettare se lo avesse ritenuto conveniente o congruo, e che quindi nessun contratto, nemmeno preparatorio, si era ancora concluso tra le parti”.

In tal senso, quindi, la censura perde di consistenza, avendo appunto la Corte diversamente inquadrato la situazione determinatasi tra le parti.

3. Col terzo motivo si deduce: “violazione dell’art. 112 c.p.c.:

omessa pronuncia e nullità della sentenza impugnata con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4”. Si censura la statuizione d’appello nella parte in cui ha ritenuto che i convenuti avessero revocato la proposta contrattuale nonostante la mancata formulazione di un’eccezione in tal senso.

3.1 – Tale motivo resta assorbito dal rigetto dei precedenti per carenza di interesse alla relativa pronuncia. Comunque, anche in questo caso la Corte di appello si è preoccupata di dare una risposta a tutte le questioni proposte, tanto da motivare come segue “Quanto alle osservazioni del primo Giudice in ordine all’intervento, comunque, della revoca dell’ipotetica proposta di opzione prima dell’accettazione della stessa, si osserva che la questione esaminata ha comportato la valutazione da parte del Tribunale di Torino del materiale probatorio già acquisito in atti e, nell’ambito della prospettazione difensiva delle convenute appellate che hanno escluso l’evidenza e la validità di un patto di opzione, è stata offerta una qualificazione giuridica ulteriore delle circostanze emerse, tale da escludere comunque il vincolo preteso dalla parte attrice appellante a carico della parte convenuta appellata; nel merito, parte appellante confonde irrevocabilità del patto di opzione già concluso validamente, con la pretesa irrevocabilità della proposta di patto di opzione, che non emerse da nessuna disposizione normativa e che, nel caso di specie, non potrebbe certo essere ricavata dalla lettera del 27.6.2005; anche sotto il profilo della forma, appaiono poi pienamente condivisibili le considerazioni del primo Giudice in ordine alla non necessità di quella scritta.

Si tratta non già di una decisione ultra petita su eccezione non proposta, ma di semplice argomentazione svolta, come si è detto, al solo solo fine di dare una risposta alle osservazioni svolte dagli appellati, senza però che ve ne fosse necessità, stante la ritenuta ed affermata non configurabilità di un patto di opzione nella lettera in questione, affermazione questa da sola sufficiente a rigettare l’appello.

4. Col quarto motivo si deduce motivo: “violazione e falsa applicazione degli artt. 1328, 1331 e 1333 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Si censura la statuizione d’appello nella parte in cui ha ritenuto che il contegno di S.A. rileva quale revoca della lettera del 27.6.2005.

4.1 – Anche il presente motivo resta assorbito dal rigetto dei primi due motivi.

5. Col quinto motivo si deduce “violazione e falsa applicazione degli artt. 1328 e 1351 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”. Si censura la statuizione d’appello nella parte in cui non ha considerato che in tema di trasferimenti immobiliari non è possibile una revoca della proposta per facta concludentia.

5.1 – Anche il quinto motivo resta assorbito per carenza di interesse.

6. Col sesto motivo si deduce: “violazione e falsa applicazione degli artr. 1329, 1333, 1362 e 1366 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”. Si censura la statuizione d’appello nella parte in cui non ha ritenuto, siccome si era invocato in via subordinata, che con la lettera del 27.6.2005 si era accordato un diritto di prelazione ai fini dell’acquisto delle aree edificabili. Ha errato la Corte locale nell’affermare che “vi sarebbe stata solo una disponibilità a concedere un “diritto di essere preferito a parità di condizioni”, ma che un simile diritto avrebbe potuto sorgere solamente con una successiva ed espressa pattuizione all’esito di ulteriore trattativa”. Secondo i ricorrenti, “la Corte di Appello ha omesso di considerare che il patto di prelazione deve essere ricondotto alla disciplina dell’art. 1333 c.c. e che pertanto lo stesso si perfeziona al momento che l’offerta viene portata a conoscenza dell’oblato”, non essendo necessaria un’espressa accettazione del destinatario.

7. Col settimo motivo di ricorso si deduce: “violazione dell’art. 112 c.p.c., omessa pronuncia e nullità della sentenza impugnata con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4)”. Rilevano i ricorrenti di aver in appello lamentato che il Tribunale non aveva considerato che, nel corso dell’udienza del 4.5.2006, lo stesso ing. S.A. ha dato atto dell’esistenza di un diritto di prelazione a favore degli attori e della circostanza che, proprio in ragione dell’esistenza di tale diritto, gli immobili per cui è causa non sono ancora stati trasferiti terzi acquirenti (nel verbale si dà atto che gli immobili per cui è causa non sono ancora stati trasferiti a terzi” e che il terzo acquirente è stato “informato della prelazione a favore del geom. P.)”. Secondo i ricorrenti si tratta di dichiarazioni confessorie che confermano la persistenza della prelazione riconosciuta ed escludono che sia intervenuta una revoca da parte dell’ing. S.. Rilevano i ricorrenti che “l’unico passo della sentenza in cui è trattato il tema della prelazione ha del tutto trascurato tale rilievo e quindi la Corte di Appello è intercorsa in una violazione dell’art. 112 c.p.c., con conseguente nullità della sentenza”.

8. Il sesto e settimo motivo possono essere trattati congiuntamente, perchè riguardano la prospettazione, effettuata in via subordinata, della qualificazione della lettera in questione come riconoscimento di un diritto di prelazione. Sono entrambi infondati.

La Corte locale al riguardo così ha motivato. “Con il secondo motivo di appello, prospettato in via subordinata, P.A. si duole del fatto che il primo Giudice non abbia ritenuto esistente un patto di prelazione sull’intera area edificabile sulla base della lettera del 27.6.2005: secondo gli appellanti l’offerta di prelazione da parte di S.A.E. si era perfezionata senza necessità di accettazione, ed era irrevocabile ex art. 1333 c.c., mentre non potrebbe desumersi dall’ultima parte della lettera, da interpretare ex art. 1367 c.c., un onere del geom. P. di entrare nella trattativa. Anche il profilo di doglianza sub indice deve essere disatteso. Oltre alle considerazioni svolte sopra in ordine all’interpretazione della lettera di cui si discute, che si richiamano, si rileva che – esclusa sicuramente la configurabilità di una prefazione rispetto al lotto 3, in relazione al quale il P. sarebbe stato considerato come acquirente solo in assenza di interesse all’acquisto in capo al terzo interessato – anche la preferenza in relazione all’acquisto dell’intero, pur volendone riconoscere l’autonoma configurabilità rispetto alla diversa ipotesi di compravendita del solo Lotto 3, non era stata direttamente riconosciuta: vi era stata espressa manifestazione dell’intenzione di riconoscerla, nell’ambito della definizione di trattative per concordare “le migliori soluzioni”, ed era stato chiesto un riscontro alla controparte, che non si è però preoccupata di effettuarlo: la mancanza di comunicazioni da parte di P.A., nel senso di dirsi quantomeno interessato all’acquisto dell’intera area, esclude che si possa considerare sorto, sulla base della sola lettera del 27.6.2005 e tenuto conto del suo contenuto, un diritto di “relazione in capo alla parte appellante”. Anche in questo caso la Corte opera una convincente interpretazione del testo della lettera, non incorrendo in alcuna violazione di legge nell’operazione ermeneutica e fornendo una motivazione esente da vizi. Così interpretata la lettera, perdono di consistenza le censure avanzate con il sesto motivo, restando invece quelle del settimo infondate perchè la Corte territoriale ha mostrato, nella sua complessa ed articolata motivazione, di aver tenuto conto di tutte le argomentazioni svolte, così relegando quelle relative all’eventuale valore confessorio di alcune dichiarazioni, peraltro estrapolate dal loro contesto, ad elementi non decisivi ai fini del giudizio, alla luce di tutti gli elementi considerati. 9. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in Euro 5.000,00 (cinquemila) per compensi e Euro 200,00 (duecento) per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2016

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