Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13353 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13353 Anno 2015
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: RUBINO LINA

SENTENZA

sul ricorso 19209-2008 proposto da:
FUSARO GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA,
LUNGOTEVERE DEI MELLINI 24, presso lo studio
dell’avvocato RAFFAELE BIFULCO, rappresentato e
difeso dall’avvocato SALVATORE BIFULCO giusta procura
a margine del ricorso;
– ricorrente contro

LA MARIANA DI ROSA DI VAIO & C SNC , in persona del
suo legale rappresentante pro-tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ALBENGA 45, presso lo studio

Data pubblicazione: 30/06/2015

dell’avvocato BIANCA ACETO, rappresentata e difesa
dall’avvocato GIANCARLO DI DONATO giusta procura
speciale notarile del Dott. Notaio PASQUALE LIOTTI in
CASERTA del 14/04/2015 rep. n. 76730;
– controricorrente

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 28/05/2007 R.G.N.
1079/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/04/2015 dal Consigliere Dott. LINA
RUBINO;
udito l’Avvocato GIOVANNI IARIA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

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avverso la sentenza n. 1179/2007 della CORTE

R.G. 19209 2008

La società La Mariana di Rosa di Vaio e c. s.n.c. ottenne nel 1999 un decreto ingiuntivo
nei confronti di Fusaro Giuseppe, per canoni di locazione ad uso commerciale non
corrisposti per il periodo maggio 1998—apri1e 1999, in relazione ad un immobile sito in
Napoli, via Ianfolla 108.
Il Fusaro propose opposizione a decreto ingiuntivo, sostenendo che il canone effettivo,
previsto nel contratto in lire 400.000 mensili, fosse stato concordemente elevato dalle
parti a lire 2.300.000 mensili e poi fosse stato ridotto sempre previo accordo delle
parti a 1.500.000 lire mensili (conformemente a quanto già avvenuto nel precedente
contratto di locazione intercorso tra le parti relativo allo stesso immobile), e che i canoni
per l’importo effettivamente dovuto fossero stati tutti pagati dal Fusaro tranne le ultime
tre mensilità del canone di locazione, per le quali il conduttore e la locatrice avevano
concordato che la stessa trattenesse a titolo di corrispettivo in luogo dei canoni il
deposito cauzionale di lire 4.200.000.
Il tribunale adito rigettò l’opposizione.
La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza impugnata, accolse solo in parte l’appello
del Fusaro, revocando il decreto ingiuntivo e condannando l’odierno ricorrente a pagare
euro 12.085,00 oltre interessi a titolo di canoni di locazione.
La corte accertò che il Fusaro aveva concluso nel corso del tempo due distinti contratti
di locazione commerciale in relazione allo stesso immobile, il primo nel 1996 e il
secondo nell’aprile 1998, uno che vedeva come locatrice la signora Rosa di Vaio e il
secondo la società La Mariana s.n.c. di Rosa di Vaio. Accertò che il primo contratto
indicava un canone mensile di 400.000 lire, ma che in realtà le parti avevano
effettivamente concordato il maggior canone di lire 2.300.000 mensili, e poi lo avevano
ridotto concordemente a 1.500.000 lire mensili. Anche il secondo contratto di locazione
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I FATTI

riportava un importo mensile di 400.000 lire, mentre le parti con una controscrittura
prevedevano un canone effettivo di lire 2.300.000. Escluse però che le parti avessero
concordato anche in riferimento al secondo contratto, come sostenuto dal Fusaro, una
riduzione del canone effettivo da 2.300.000 a 1.5000.000 lire mensili, fosse stata
concordata anche per il secondo contratto, proprio per la presenza di una
controscrittura in pari data alla redazione del secondo contratto che fissava appunto il

potessero riferire al periodo in contestazione e revocò il decreto ingiuntivo soltanto
perché ritenne di scorporare dall’importo complessivamente dovuto dal conduttore
l’importo di lire 4.200.000 ancora detenuto a titolo di deposito cauzionale dalla
locatrice.
Fusaro Giuseppe propone ricorso per cassazione notificato il 9.7.2008 articolato in due
motivi avverso la sentenza n. 1179 del 2007, emessa in data 28 maggio 2007 dalla
Corte di Appello di Napoli, nei confronti di La Mariana di Rosa di Vaio e c. s.n.c..
La controricorrente resiste con controricorso.
Le parti non hanno depositato memorie illustrative.

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il Fusaro denuncia la presenza nella sentenza
impugnata sia della violazione dell’art. 112 c.p.c., che del vizio di motivazione, che della
violazione di legge ed in particolare delle regole sull’ermeneutica contrattuale e sulla
ripartizione dell’onere probatorio.
Ribadisce che tra le due parti furono conclusi due successivi contratti, aventi ad oggetto
la locazione commerciale dello stesso immobile, alle stesse condizioni, per poi precisare
che il primo fu concluso in data 16.2.1996 tra lui come conduttore e di Vaio Rosa come
locatrice, mentre il secondo, con decorrenza 1.5.1998, fu concluso sempre da lui come
conduttore con la società odierna controricorrente come locatrice, e che i giudici di
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canone mensile a lire 2.300.000; escluse che i versamenti documentati dal Fusaro si

merito abbiano erroneamente preso in considerazione solo il secondo di tali contratti,
omettendo di compiere una operazione interpretativa che tenesse conto di entrambi ed
in particolare di rilevare che, anche dopo la conclusione del secondo contratto, che era
una sostanziale ripetizione del primo, il conduttore continuò a pagare il canone nella
misura di lire 1.500.000 mensili, e non di 2.300.000 come apparentemente concordato
(è pacifico tra le parti che il canone che compare nel contratto di locazione, di 400.000

Premesso che il ricorso è assoggettato, ratione temporis, al regime dei quesiti previsto
dall’art. 366 bis c.p.c., il quesito con cui termina l’esposizione del primo motivo è
articolato in quattro punti.
Essi sono tutti inammissibili perché completamente astratti e inoltre fondati, al punto
1, su un dato di fatto non corrispondente alla fattispecie in esame : che i due contratti
siano tra le stesse parti, laddove nel caso di specie il primo contratto vede come locatrice
una persona fisica, il secondo una società.
I quesiti sono i seguenti

-1.qualora alla stipula di un contratto di locazione concluso dalle parti ai sensi dell’art. 27 l.392\78
faccia seguito altro contratto concluso ai sensi della medesima legge tra le stesse parti e per lo stesso
immobile, il giudice di merito debba procedere o meno, prima di decidere la disciplina contrattuale da
applicare, ad una preliminare indagine esegetica ex art. 1362 e segg. c.c., per accertare la comune
intenzione delle parti contraenti, valutando i comportamenti delle stesse alla luce di quelli antecedenti e
successivi alle due stipule contrattuali, facendo ricorso, se del caso, anche al criterio ex art. 1363 c. c.,
qualora dovesse ravvisare, nel contratto successivo, l’esistenza di qualche clausola aggiunta, ancorchè non
innovatrice e non determinante ai fini della decisione della controversia;
-1.1. se nel contesto di tale operazione, il giudice del merito, al fine di una corretta ricostruzione della

comune intenzione delle parti, debba procedere o meno anche ad un’interpretazione integrativa, valutando
i comportamenti delle stesse alla luce delle norme che disciphiano gli istituti del recesso, della risoluzione
per mutuo consenso e della novazione, al fine di accertare se i contraenti, con la stipula del secondo
contratto, intesero caducare di ogni efficacia giuridica la prima convenzione;

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lire mensili, fu fatto risultare a fini fiscali).

-1.2 se l’omessa inteipretazione della volontà delle parti, in relazione al contenuto di un contratto
costituisca o meno violazione dei canoni normativi di ermeneutica contrattuale e vizio della attività svolta
e se influisca sulla logicità, congruità e completezza della motivazione;
-1.3 se l’omesso esame di un’eccezione puramente processuale comporli o meno un vizio della decisione
per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c.

corte di comprendere in che cosa consisterebbe, secondo il ricorrente, la violazione da
parte della corte d’appello delle numerose norme delle quali si è denunciata la violazione.
Con il secondo motivo il Fusaro si duole della violazione e falsa applicazione degli artt.
32 e 79 della legge n. 392 del 1978 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
Continua a dolersi del fatto che a causa di una interpretazione errata della corte
d’appello, si sia ritenuto che il canone di locazione relativo al secondo contratto fosse di
2.300.000 lire al mese, e non di 1.500.00 lire, come convenuto in riferimento al primo
contratto, a seguito di una riduzione concordata del canone. Sostiene, stante l’unicità
della operazione negoziale, che il secondo contratto, laddove conteneva una pattuizione
relativa alla misura del canone di importo superiore rispetto al primo conteneva una
nullità, che avrebbe potuto essere rilevata anche d’ufficio e senza limiti di tempo, in
quanto si trattava di una pattuizione successiva intervenuta in corso del rapporto di
locazione, e pone un quesito sulla nullità o meno di una pattuizione successiva che,
all’interno di un medesimo contratto di locazione, ridetermini il canone aumentandolo.
Il ricorrente assume cioè che la seconda controscrittura sia nulla non perché contraria a
quanto pattuito nel secondo contratto, ma che sia nulla perché contrastante con quanto
pattuito in relazione al primo contratto, in cui le parti, avendo pattuito nel contratto un
canone di 400.000, lo aumentarono a 2.300.000 e poi lo ridussero a 1.500.000.
Anche il secondo motivo va rigettato perché in ogni caso non si tratta dello stesso
contratto di locazione, ma di due contratti in successione relativi ad uno stesso bene
immobile tra due parti non coincidenti. Non può fondatamente sostenersi che sussista
un collegamento negoziale in relazione al prezzo, ovvero che il canone di locazione del
secondo contratto possa determinarsi facendo riferimento a quanto previsto per il primo
contratto : tale assunto è smentito proprio dalle pattuizioni concluse dalle parti in
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i/

Nè la narrativa del motivo né tanto meno la formulazione dei quesiti consentono alla

relazione al secondo contratto di locazione, in cui esse non hanno ritenuto di rinviare
alla prima controscrittura ma di concluderne una nuova, autonoma, cona la quale
regolamentare espressamente l’ammontare del canone di locazione effettivo preteso dal
locatore. La corte d’appello, a pag. 8, con motivazione del tutto logica ha negato che
fosse stata raggiunta la prova sulla riduzione del canone contrattuale del secondo

provata, la ricostruzione del Fusaro secondo la quale i contraenti, non paghi di aver
sottoscritto un contratto che prevedeva un canone di 400.000 lire mensili e poi una
controscrittura che prevedeva il ben maggior importo di 2.300.000 lire mensili,
avrebbero di nuovo smentito sè stesse senza alcuna prova certa e senza un nuovo
accordo scritto, prevedendo una nuova modifica del canone di locazione, questa volta
in misura inferiore rispetto a quanto pattuito nella controdichiarazione.
Il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico del ricorrente le spese di giudizio sostenute
dalla controricorrente e le liquida in complessivi curo 2.200,00, di cui 200,00 per spese,
oltre accessori e contributo spese generali.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 27 aprile 2015

Il consigliere estensore

1 Presidente

contratto nella misura di lire 1.500.000 mensili, ritenendo inverosimile, oltre che non

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