Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13352 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13352 Anno 2015
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA
sul ricorso 15939-2012 proposto da:
LISDERO ALDO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE DELLE MILIZIE 1, presso lo studio dell’avvocato
ROSA MATTIA, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato GIANCARLO PERASSI giusta procura in
calce al ricorso;
– ricorrente contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO
GLI INFORTUNI SUL LAVORO 01165400589, in persona del
Direttore

Centrale

Prestazioni,

Dott.

LUIGI

Data pubblicazione: 30/06/2015

SORRENTINI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IV
NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato ANDREA
ROSSI, che la rappresenta e difende giusta procura n
calce al controricorso;
ALLEANZA TORO SPA (conferitaria di TORO ASSNI SPA ),

HUGUENEY RICCO’ e Dott. FRANCESCO CAPUANO,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE
FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato MARCO
VINCENTI, che la rappresenta e difende giusta procura
in calce al controricorso;
– controricorrenti nonchè contro

BARBIERI VILMO;

intimato

avverso la sentenza n. 480/2012 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 28/03/2012 R.G.N. 1637/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/04/2015 dal Consigliere Dott.
ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato GIANCARLO PERASSI;
udito l’Avvocato MARCO VINCENTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

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in persona dei procuratori speciali Dott. MARIO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel giudizio promosso da Aldo Lisdero nei confronti della
Toro Assicurazioni s.p.a. (ora Alleanza Toro s.p.a., di
seguito anche brevemente Toro) e di Vilmo Barbieri, quale
erede di Valeria Meliga, per il risarcimento dei danni

terzo chiamato in causa INAIL ha agito in surroga, chiedendo
la condanna dei convenuti in suo favore al rimborso della
somma di C 249.255,00 per prestazioni riconosciute al
Lisdero in relazione allo stesso sinistro, in quanto
costituente, infortunio in

itinere –

l’adito Tribunale di

Pinerolo, accertata l’esclusiva responsabilità della Meliga
nell’incidente stradale, dichiarava che i convenuti erano
tenuti al pagamento in favore dell’attore della somma di C
171.110,90, già versata in corso di causa, oltre l’importo
già riconosciuto dall’INAIL; accoglieva inoltre la domanda
di surroga dell’INAIL.
La decisione, gravata da impugnazione in via principale
del Lisdero e in via incidentale dagli originari convenuti,
era parzialmente riformata dalla Corte di appello di Torino,
la quale con sentenza in data 28.03.2012, in parziale
accoglimento dell’appello principale, rideterminava
l’importo dell’intero danno non patrimoniale dovuto ad Aldo
Lisdero alla data del sinistro in C 367.052,33, dando atto
che calcolati gli accessori su detta somma, nonché
sottratte la somma di C 114.645,83 corrisposta dall’INAIL a
titolo di danno biologico e la provvisionale di C 300.000,00
versata da Toro Ass.ni residuavano a

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favore

conseguenti a sinistro stradale – giudizio nel quale il

dell’appellante C 3.325,23; rideterminava in C 16.365,54
l’ammontare del danno patrimoniale emergente, oltre
accessori; condannava di conseguenza la Toro e Vilmo
Barbieri al pagamento in favore del Lisdero della somma di e
19.690,77 oltre interessi; rigettava gli altri profili di

compensazione delle spese di lite.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
Aldo Lisdero, svolgendo cinque motivi.
Hanno resistito, depositando distinti controricorsi, sia
l’INAIL, che la s.p.a. Alleanza Toro e, per essa, la
mandataria G.B.S. s.c.p.a. Generali Business Solutions.
Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte
dell’altro intimato Vilmo Barbieri.
Sono state depositate memorie da parte del ricorrente,
che, nell’occasione, ha rinunciato al quinto motivo di
ricorso, nonchè del resistente INAIL.
MOTIVI DELLA DECISIONE

l. Con il primo motivo di ricorso si denuncia ai sensi
dell’art. 360 n.5 cod. proc. civ. omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione in relazione ai criteri di
determinazione dell’entità del danno biologico da invalidità
permanente in presenza di molteplici menomazioni
suscettibili di autonoma valutazione e comunque di
valutazione complessiva di entità assai superiore a quella
riconosciuta e sua riduttiva liquidazione.
1.1. Il motivo attinge il punto della decisione in cui la
Corte di appello, confermando le valutazioni e conclusioni

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appello principale e quello incidentale, con parziale

del Tribunale, ha ritenuto corretta, sulla base delle
risultanze della c.t.u., la determinazione nel 45%, anziché
nel 50% (come preteso dall’appellante, odierno ricorrente)
della percentuale di invalidità permanente, conseguente al
sinistro, riconoscendo nel contempo in sede di liquidazione

danno, nella percentuale del 25%, in ragione dell’incidenza,
anche sulla vita di relazione, dell’invalidità lavorativa
specifica.
1.2. Il motivo va rigettato.
Trattasi di censure sostanzialmente ripetitive di quelle
già adeguatamente esaminate e disattese dalla Corte di
appello, allorchè ha rilevato che il c.t.u. aveva dato
conto, in maniera logicamente convincente e coerente, della
determinazione dei postumi permanenti e, nel contempo, ha
osservato che la critica del ricorrente, fondata
essenzialmente sul rilievo che la sommatoria delle
invalidità portava ad un risultato superiore al 45% e non
inferiore al 50%, risultava non adeguatamente argomentata e,
comunque, inconducente; e ciò in quanto la determinazione
dei postumi invalidanti non è la sommatoria delle singole
invalidità, bensì il risultato di una valutazione
complessiva delle conseguenze lesive stabilizzate,
effettuata con criteri medico legali, che non erano
specificamente contestati e che non vi era ragione di
mettere in discussione.
Orbene – precisato che il sindacato della Corte di
legittimità sulla motivazione è limitato alla sua congruità

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del danno non patrimoniale una “personalizzazione” del

e non può estendersi alla correttezza scientifica del suo
contenuto, nè alla disamina e valutazione delle emergenze
processuali, su cui, invece, parte ricorrente poggia le
proprie considerazioni -rileva il Collegio che il motivo si
limita essenzialmente a criticare una pretesa apoditticità

sufficienza della critica svolta in appello, senza tuttavia
individuare le parti della relazione di c.t.u. in
discussione contrapponendovi le deduzioni di segno
contrario, come sarebbe stato onere del ricorrente ai fini
della specificità della censura.
Gli argomenti in ricorso non introducono alcun elemento
scardinante nel processo argomentativo della decisione
impugnata, né rivelano alcuna insufficienza motivazionale,
anche perchè – secondo un principio assolutamente costante
nella giurisprudenza di questa Corte il giudice del
merito, qualora condivida i risultati della consulenza
tecnica d’ufficio, non è tenuto ad esporre in modo specifico
le ragioni del suo convincimento, atteso che la decisione di
aderire alle risultanze della consulenza implica valutazione
ed esame delle contrarie deduzioni delle parti, mentre
l’accettazione del parere del consulente, delineando il
percorso logico della decisione, ne costituisce motivazione
adeguata, non suscettibile di censure in sede di legittimità
(Cass. 22 febbraio 2006, n. 3881).
2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia ai sensi
dell’art. 360 n.5 cod. proc. civ. omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione in relazione alla valutazione

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delle conclusioni del consulente, cui contrappone la

dell’invalidità temporanea totale e parziale. Al riguardo
parte ricorrente deduce che è erronea l’indicazione del
periodo di inabilità totale e che è illogico che l’inabilità
temporanea, con riferimento all’ultimo periodo, sia stata
calcolata al 25% a fronte di un’inabilità permanente del 45%

2.1. Per quanto è dato comprendere dalla congerie di
numeri cui si fa riferimento nel ricorso (ignorando, parte
ricorrente, il rilievo contenuto nella sentenza impugnata,
secondo cui le doglianze dell’allora appellante sul punto
«si limitano a contrapporre numero a numero»),

il motivo è

finalizzato ad includere nel periodo di inabilità totale, la
durata di un ricovero per riabilitazione che invece è stato
riconosciuto come inabilità temporanea parziale, nonché ad
aumentare la percentuale di inabilità relativa all’ultimo
periodo di malattia.
Anche la presente censura, al pari della precedente, è
sostanzialmente diretta ad ottenere in questa sede una
diversa valutazione del materiale probatorio e, perciò,
inammissibile, essendo giurisprudenza costante che la
deduzione di un vizio di motivazione della sentenza
impugnata con ricorso per Cassazione può legittimamente
dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice
di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o
insufficiente) esame di punti decisivi della controversia,
prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, ovvero
quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni
complessivamente adottate, tale da non consentire

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(e anzi del 50%).

l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a
base della decisione.
In particolare non si ravvisa alcuna incongruenza
argomentativa, laddove la Corte territoriale ha evidenziato
che l’entità dei postumi inabilitanti permanenti e il grado

assolutamente raffrontabili. Al contrario deve osservarsi
che a portare alle estreme conseguenze il diverso
ragionamento del ricorrente – secondo «è davvero misterioso
come si possa sostenere che l’invalidità temporanea di un
soggetto che, a guarigione clinica conseguita, risulta
permanente invalido al 45% possa essere inferiore a detta
percentuale, ossia del 25%» –

si dovrebbe arrivare a

ritenere che la guarigione clinica non sarebbe mai
conseguibile.
Anche il motivo all’esame va, dunque, rigettato.
3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia ai sensi
dell’art. 360 n.5 cod. proc. civ. omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione e sua contrarietà alle
risultanze istruttorie in relazione alla mancata e comunque
gravemente erronea valorizzazione dell’incidenza delle
lesioni permanenti riportate dal ricorrente sulla capacità
lavorativa specifica. Al riguardo parte ricorrente lamenta
che la Corte territoriale sia incorsa in contraddizione in
quanto

– pur

ammettendo una personalizzazione del danno

biologico,

in ragione di tale incapacità lavorativa

specifica,

sebbene nei termini riduttivi riconosciuti dal

c.t.u.

e

pur

pienamente

ritenendo

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giustificato

il

di inabilità conseguente al periodo di malattia non sono

riconoscimento

da

parte

dell’INAIL

di

un’invalidità

lavorativa – abbia poi finito per ignorare tali risultanze,
escludendo il risarcimento del danno da inabilità specifica
come “danno in sé”.
4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia ai sensi

contraddittoria motivazione e sua totale contrarietà alle
risultanze istruttorie in relazione alla mancata
valorizzazione del danno patrimoniale subito dal Lisdero in
dipendenza del sinistro per cui è causa, nonché ai sensi
dell’art. 360 n.3 cod. proc. civ. violazione o falsa
applicazione dell’art. 2697 cod. civ. per avere pronunciato
in totale difformità alle risultanze probatorie gravando il
ricorrente di un onere probatorio non previsto dalla legge.
Al riguardo parte ricorrente deduce: che – contrariamente a
quanto affermato nella decisione impugnata – era stata
fornita la prova specifica del danno da mancato guadagno per
il periodo di inabilità temporanea; che la capacità
lavorativa risultava seriamente compromessa tanto da essere
stato convalidato il riconoscimento della percentuale del 45
% operato dall’INAIL; che, inoltre, risultava che il suo
reddito si era fortemente ridotto sin dal primo anno,
avendo, a tal riguardo, la Corte di appello erroneamente
fatto affidamento sulle risultanze delle dichiarazioni dei
redditi 2008/2010, laddove il termine di riferimento andava
individuato nella dichiarazione dei redditi 2007 (riferita
all’anno 2006) dal momento che il sinistro si verificò nel
maggio 2007.

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dell’art. 360 n.5 cod. proc. civ. omessa, insufficiente o

4.1. I suddetti motivi risultano strettamente connessi,
profilando l’inadeguato apprezzamento della rilevata
incapacità lavorativa specifica, con riferimento alla mera
“personalizzazione” del danno biologico (3 0 motivo) e al
mancato riconoscimento del danno patrimoniale da lucro

il profilo del vizio motivazionale, e l’altro sotto il
duplice versante della violazione di legge e del vizio
motivazionale, predicano in realtà una diversa ricostruzione
della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di
causa, non consentita in sede di legittimità, peraltro
eludendo il punto centrale della decisione impugnata,
laddove si mette in evidenza che non sono emersi

«elementi

idonei a giustificare la richiesta formulata in questa sede
per il riconoscimento di una maggiore misura di danno
patrimoniale da lucro cessante, in ipotesi non coperto dalla
rendita» INAIL (cfr. pag. 18 della sentenza impugnata).
Il ricorrente non sviluppa argomentazioni in diritto sulla
denunziata violazione dell’art. 2697 cod. civ. nel senso
inteso dalla giurisprudenza di legittimità in tema di motivi
ex art. 360 n.3 cod. proc. civ. e cioè, non lamenta che il
giudice abbia attribuito l’onere della prova a una parte
diversa da quella che ne è gravata, secondo le regole
dettate da quella norma, ma si duole del risultato della
valutazione operata dal Giudice di appello in ordine alla
documentazione in atti. Ma questo è un problema di stretto
merito.
Neppure si ravvisa alcuna incongruenza nel percorso

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cessante (4 0 motivo). Essi, seppur articolati, l’uno, sotto

argomentativo della decisione, posto che la Corte di appello
– lungi dal contraddire la riconosciuta sussistenza dei
presupposti (invalidità specifica) per l’attribuzione della
rendita INAIL – ha valorizzato tale dato attraverso la
“personalizzazione” del danno non patrimoniale, applicando

ritenuta adeguata in termini qui non censurabili, mentre per quanto riguarda i riflessi patrimoniali di siffatta
invalidità – ha ritenuto che il riconoscimento da parte
dell’INAIL di

«una rendita che va a “tamponare – queste

conseguenze patrimoniali» non lasciasse margini di ulteriore
danno (da lucro cessante) non risarcito; e tale conclusione
è perfettamente coerente con l’esercizio dell’azione di
surroga da parte dell’INAIL.
Peraltro, segnatamente nel quarto motivo – laddove si
lamenta che il riscontro delle diminuite capacità reddituali
sia stato erroneamente effettuato facendo riferimento alle
dichiarazioni dei redditi per il periodo 2008/2010, anziché
alla dichiarazione dei redditi 2007 (anno 2006) – le
deduzioni del ricorrente non risultano neppure conformi al
canone di «specifica indicazione degli atti processuali, dei
documenti sui quali il ricorso si fonda» di cui all’art.
366 n. 6 cod. proc. civ., il quale richiede la
specificazione nel ricorso per cassazione dell’avvenuta
produzione in sede di legittimità, accompagnata dalla
doverosa puntualizzazione del luogo all’interno di tali
fascicoli, in cui gli atti o documenti evocati

sono

rinvenibili (cfr. SS.UU. 2 dicembre 2008, n. 28547; SS.UU.

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una percentuale maggiorativa individuata dal c.t.u. e

25 marzo 2010, n. 7161); ciò in quanto il ricorrente fonda
le sue deduzioni su un documento (dichiarazione redditi
2007), di cui non si fa menzione nella decisione impugnata,
senza precisare né se e quando detto documento sia stato
prodotto nel

giudizio di

merito, né tantomeno se esso sia

Si rammenta che la specifica indicazione ai sensi
dell’art. 366 n.6 cod. proc. civ., quando riguardi un
documento prodotto in

giudizio,

postula che si individui

dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione
dell’art. 369 n. 4 cod. proc. civ., anche che esso sia
prodotto in sede di legittimità. In altri termini, il
ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o
erronea valutazione di un documento da parte del giudice di
merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 n. 6
cod. proc. civ. – di produrlo agli atti e di indicarne il
contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente
nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo
di parte si trovi il documento in questione;

il secondo deve

essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il
contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto
di tali oneri rende il ricorso inammissibile.
Entrambi i motivi all’esame vanno, dunque, rigettati.
5. Il quinto motivo di ricorso concernente il preteso
“danno differenziale” è stato oggetto di esplicita rinuncia
nella memoria

ex

art. 378 cod. proc. civ. per cui risulta

inammissibile per carenza di interesse.
In conclusione l’esame complessivo dei motivo conduce

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al

tuttora reperibile in atti.

rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in
dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 55
del 2014, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate
in C 10.400,00 (di cui C 200,00 per esborsi) oltre accessori
come per legge e contributo spese generali in favore di
ognuna delle parti contro ricorrenti.
Roma 27 aprile 2015
‘ESTENSORE

PRESIDENTE

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al

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