Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13352 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/07/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 01/07/2020), n.13352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11142-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

ASSUNZIONI E INVESTIMENTI 1 SRL, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dagli avvocati GIUSEPPE CORASANITI, ELISA BONZANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2004/3/2018 della COMMISSIONI TRIBUTARIA della

TOSCANA, depositata il 14/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE

MARIA ENZA.

Fatto

RITENUTO

che:

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Toscana, meglio indicata in epigrafe, che ha rigettato l’appello dell’Ufficio, in controversia su impugnazione avviso di liquidazione relativo ad imposta di registro su atti giudiziari, in misura proporzionale (invece che fissa, come richiesto dalla Società assuntrice) in relazione all’omologa di concordato fallimentare col quale la Società “Assunzioni e Investimenti 1 SRL”, terzo assuntore, conseguiva al proprio patrimonio la massa attiva della società soggetta alla procedura concorsuale comprendente crediti per Euro 109.328.931,11.

La questione sottoposta a questa Corte dall’Agenzia delle Entrate con l’impugnazione dell’indicata sentenza è se l’imposta di registro relativo all’omologa del concordato fallimentare con terzo assuntore debba essere applicata con aliquota proporzionale (come sostenuto dall’Agenzia) oppure in misura fissa (come ritenuto dalla CTR, la quale, confermando la sentenza di primo grado, ha dichiarato illegittima la pretesa avanzata dall’Agenzia nei confronti dell’assuntrice Società).

La Società si costituisce con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 6 e art. 8, lett. a) e g), della tariffa, parte prima, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR ritenuto che il decreto di omologazione del concordato con terzo assuntore fosse tassabile in misura fissa anzichè proporzionale.

Il ricorso è fondato.

Nel concordato con terzo assuntore, il terzo acquista i beni fallimentari già con l’omologa del concordato stesso, essendo gli eventuali successivi provvedimenti del giudice delegato atti meramente esecutivi (Cass. 15716/2002, Cass. 8832/2007, Cass. 4863/2010 Rv. 612336, Cass. 6643/2013 Rv. 625475).

Al riguardo, questa Corte (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3286 del 12/02/2018) ha già affermato che “In tema d’imposta di registro, il decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento di terzo assuntore deve essere tassato in misura proporzionale ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, allegata tariffa, parte prima, art. 8, lett. a), , in ragione degli effetti immediatamente traslativi del provvedimento, con il quale il terzo assuntore acquista i beni fallimentari, senza che assuma conseguentemente rilevanza il generico e nominalistico riferimento agli “atti di omologazione” contenuto nella lett. g) del detto articolo.”

Quanto alla eccepita sussistenza di una disparità di trattamento tra fattispecie identiche (omologazione con o senza trasferimento di beni)essa non sussiste trattandosi di ipotesi diverse e con differente disciplina. La fattispecie va ricondotta nell’ambito del D.P.R. n. 131 del 1986, allegata, Parte Prima, Tariffa, art. 6, che tassa le cessioni di credito e non già nell’alveo dell’art. 8 citato, che prevede l’applicazione dell’imposta in misura fissa per il provvedimento di omologa.

Va sul punto precisato che, pur avendo un precedente di legittimità diffusamente argomentato sulla giustificazione della tassazione fissa in base al “criterio nominalistico” riveniente dalla citata norma, cioè per il generico e nominale riferimento di questa disposizione agli atti “di omologazione” (Cass. 11585/2007 Rv. 598633), va ribadito (conf. Cass. 3286/2018, Cass. n. 6207/2018) che detto precedente concerne, un concordato senza immediato effetto traslativo (concordato con garanzia), del quale pertanto la Corte ha dovuto constatare l’estraneità alla previsione dell’art. 8 cit.: ipotesi quindi diversa dalla presente.

La seguita interpretazione è peraltro in linea col principio generale che ancora l’imposizione di registro agli “effetti” dell’atto, piuttosto che al relativo “titolo” (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, pur dopo la modifica di cui alla L. n. 205 del 2017).

Nel caso di specie, in applicazione dei superiori principi, ha pertanto errato la CTR nel ritenere dovuta l’imposta di registro in misura fissa anzichè proporzionale, avendo l’Ufficio fatta corretta applicazione della normativa sulla tassazione delle cessioni di credito, riferita al D.P.R. n. 131 del 1986, allegata, Parte Prima, Tariffa, art. 6, che tassa le cessioni di credito, come emerge dall’atto impositivo, riprodotto in ricorso per il principio di autosufficienza.

La sentenza va conseguentemente cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa più essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, col rigetto del ricorso originario del contribuente.

Le spese del giudizio di merito vanno compensate in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale; le spese del presente giudizio di legittimità vanno liquidate, secondo il principio di soccombenza, come in dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decide nel merito rigettando il ricorso originario del contribuente. Le spese dei gradi di merito sono compensate e le spese del presente giudizio di legittimità vengono liquidate in Euro 10.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 1 luglio 2020

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