Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13351 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13351 Anno 2015
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA

sul ricorso 13014-2012 proposto da:
TRUNFIO ANTONINO TRNNNN38E28C350B,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TARANTO 6, presso lo studio
dell’avvocato DOMENICO CARTOLANO, che lo rappresenta
e difende giusta procura in calce al ricorso;

e
1

– ricorrente 2015
1014

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA, in persona del Legale
Rappresentante pro tempore, Avv. VINCENZO SICA,
considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata

Data pubblicazione: 30/06/2015

e difesa dall’avvocato SALVATORE ARMENIO con studio
in MILANO – VIALE MAJNO 17/A, giusta procura a
margine del controricorso;
ASSIMOCO COMPAGNIA ASSICURAZIONI RIASSICURAZIONI
MOVIMENTO COOPERATIVO SPA, in persona del legale

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL MASCHERINO
72, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO PIERO
ZOPPOLATO, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato RICCARDO PRETI giusta procura in calce
al controricorso;
– controricorrenti nonchè contro

PARRILLA NICODEMO, MARTINO ANTONIO, VITETTI ANTONIO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1016/2011 della CORTE
D’APPELLO di MILANO, depositata il 13/04/2011 R.G.N.
862/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/04/2015 dal Consigliere Dott.
ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato DOMENICO CARTOLANO;
udito l’Avvocato RICCARDO PRETI;
udito l’Avvocato FABRIZIO DE’ MARSI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso

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rappresentante pro tempore, GUIDO GUSELLA,

per l’inammissibilità in subordine per il rigetto del

ricorso.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’anno 2001 Antonino Trunfio convenne innanzi al
Tribunale di Milano Nicodemo Parrilla e la Assimoco, Compagnia
di assicurazioni e riassicurazioni Movimento cooperativo,
s.p.a. (di seguito, brevemente, Assimoco) per sentirli

incidente stradale verificatosi in data 01.10.1999 in località
Piaciaria di Cirò Marina, mentre era trasportato sull’auto
condotta e di proprietà del Parrilla, assicurata per la r.c.a.
dall’Assimoco. Assumeva che l’incidente doveva attribuirsi
alla responsabilità esclusiva del Parrilla che, attraversando
imprudentemente un passaggio a livello aperto, non si era
avveduto del sopraggiungere di un treno, con conseguente
inevitabile impatto.
Resisteva alla domanda la Assimoco che chiedeva e otteneva
di chiamare in causa, Antonio Martino, il quale aveva in
consegna le chiavi del lucchetto del passaggio a livello
privato ove era avvenuto l’incidente, Antonio Vitetti, cui
nell’occasione risultavano essere state affidate le chiavi,
nonché le Ferrovie dello Stato s.p.a..
Anche i terzi chiamati resistevano alla domanda, mentre
Nicodemo Parrilla restava contumace in tutto il corso del
giudizio.
Esaurita l’istruttoria, con sentenza n. 924 del 2007, il
Tribunale di Milano, ritenuta l’esclusiva responsabilità di
Nicodemo Parrilla, lo condannava, in solido con la compagnia
di assicurazione Assimoco, al risarcimento dei danni in favore
di Antonino Trunfio, liquidati in E 373.838,07 oltre

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condannare al risarcimento dei gravi danni subiti in un

accessori.
La decisione, gravata da impugnazione principale della
Assimoco e incidentale del Trunfio, era parzialmente riformata
dalla Corte di appello di Milano, la quale con sentenza n.
1016 in data 13.04.2011, per quanto interessa in questa sede,

ritenendo che l’incidente non si era verificato su strada di
uso pubblico o area equiparata, con conseguente insussistenza
dell’azione diretta del danneggiato nei confronti
dell’assicuratore.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
Antonino Trunfio, svolgendo un unico articolato motivo.
Ha resistito la Assimoco, depositando controricorso e
insistendo in subordine sui motivi di appello ritenuti
assorbiti.
Le Ferrovie dello Stato s.p.a. hanno depositato un primo
controricorso, per rilevare che il ricorso non riguardava la
propria posizione e un secondo controricorso, per
controdedurre alle deduzioni dell’Assimoco nei suoi confronti.
Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte degli
altri intimati.
E’ stata depositata memoria da parte di Assimoco.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte territoriale ha ritenuto, sulla scorta del
complessivo materiale probatorio – e, quindi, considerando,

in

primis, la convenzione intercorsa tra le Ferrovie dello Stato
e l'”utente” della strada privata in relazione alla consegna
delle chiavi del “passaggio a livello privato”; ma anche gli

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rigettava la domanda del Trunfio nei confronti della Assimoco,

ulteriori

elementi

indiziari

desunti

dal

rapporto

dell’incidente, dalla documentazione fotografica dei luoghi di
cui si discorre, nonchè dalla prova orale – che l’incidente
per cui è causa non si verificò nell’ambito spaziale
di uso pubblico o su aree a queste equiparate»)

(«strade

in cui opera

la strada, che conduceva al passaggio al livello in cui
avvenne l’incidente, non era destinata al pubblico transito,
ma costituiva

«una strada chiusa a

servizio esclusivo

dei

fondi da essa attraversati e alla cui utilità era destinato il
passaggio del soggetti aventi un titolo che li legittimava»
(pag. 28 della sentenza).
2. Con unico articolato motivo di ricorso si denuncia ai
sensi dell’art. 360 n.3 cod. proc. civ. violazione o falsa
applicazione degli artt. l e 18 L. 24.12.1969 n. 990 e art. 2
d.p.r. 24.11.1970, n.973, ai sensi dell’art. 360 n.5 cod.
proc. civ. omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché
travisamento dei fatti e/o travisamento della prova. Al
riguardo parte ricorrente deduce che la Corte di appello si è
discostata dai principi informatori in materia dal momento che
l’incidente si verificò in un’area e, in particolare, in una
strada, che, sebbene appartenente a privati, era idonea, anche
per il collegamento diretto con la strada statale 106 Jonica,
a soddisfare esigenze di carattere generale, attraversando
appezzamenti di terreni agricoli utilizzati da collettività
indeterminate di persone che vi potevano transitare a vario
titolo e aperta al transito di veicoli adibiti al trasporto,

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la disciplina sull’assicurazione obbligatoria: ciò in guanto

rientrando quindi nell’ambito delle aree di uso pubblico di
cui all’art. l L. 990 del 1969, con conseguente esperibilità
dell’azione diretta verso l’assicuratore ai sensi dell’art. 18
della stessa legge.
2.1. Il ricorso non merita accoglimento.

consiste nella deduzione dell’erronea ricognizione, da parte
del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta
prevista da una disposizione, e quindi, implica
necessariamente questioni interpretative, laddove
l’allegazione dell’erronea ricostruzione della fattispecie
concreta, a mezzo delle risultanze di causa, è esterna
all’ermeneutica normativa, attenendo piuttosto alle
valutazioni proprie del giudice del merito, valutazioni la cui
censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto
l’aspetto del vizio di motivazione. Inoltre la denuncia del
vizio di cui al n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ. deve
avvenire mediante la specifica indicazione dei punti della
sentenza impugnata che si assumono in contrasto con le norme
regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle
stesse fornite dalla giurisprudenza di questa Corte e/o della
dottrina prevalente (cfr. ex mu/tis Cass. 11 aprile 2000, n.
8153).
Risulta, invece, senz’altro escluso dal sindacato di
legittimità il presunto “travisamento del fatto o delle prove”
enunciato nella rubrica del motivo, poiché esso, risolvendosi
in un’inesatta percezione da parte del giudice di circostanze
presupposte come sicura base del suo ragionamento, in

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Va anzitutto ricordato che il vizio di violazione di legge

contrasto con quanto risulta dagli atti del processo,
costituisce un errore denunciabile con il mezzo della
revocazione ex art. 395 n. 4 cod. proc. civ. (cfr. ex multis,
Cass. 30.1.2003, n. 1512; Cass. 27.1.2003, n. 1202).
2.2. Orbene, nella specie, il ricorrente – pur lamentando

obbligatoria per la r.c.a. – profila nella sostanza come

error

in íudicando l’asserito malgoverno dei risultati delle prove
raccolte, malgoverno denunciabile, in sede di legittimità solo
sotto il profilo del vizio motivazionale.
Invero la Corte territoriale ha valutato i fatti nel
corretto paradigma normativo, pervenendo ad una decisione che
risulta conforme al principio consolidato nella giurisprudenza
di questa Corte in ragione del quale l’azione diretta nei
confronti dell’assicuratore del responsabile, ai sensi del
combinato disposto degli artt. 1 e 18 della L. n. 990 del 1969
(qui applicabili ratione temporis e, oggi, rispettivamente, ai
sensi degli artt. 122 e 144 del D.Lgs. n. 209 del 2005) si
riferisce ai sinistri cagionati da veicoli posti in
circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste
equiparate, per tali ultime dovendosi intendere quelle aree
che, ancorchè di proprietà privata, siano aperte ad un numero
indeterminato di persone e alle quali sia data la possibilità,
giuridicamente lecita, di accesso da parte di soggetti diversi
dai titolari di diritti su di essa, non venendo meno
l’indeterminatezza dei soggetti che hanno detta possibilità
pur quando essi appartengano tutti ad una o più categorie
specifiche e quando l’accesso avvenga per particolari finalità

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violazione dei principi in materia di assicurazione

ed in particolari condizioni (Cass. 27 ottobre 2005, n. 20911;
cfr. anche: Cass. 23 luglio 2009, n. 17279; Cass. 06 giugno
2006, n.13254).
2.3. Ciò posto e precisato, altresì, che costituisce
oggetto di apprezzamento di fatto, come tale devoluto al

accessibilità dell’area al pubblico, come sopra intesa,
sindacabile in sede di legittimità solo per vizio di
motivazione (cfr. Cass. n. 20911 del 2005 cit.), rileva il
Collegio che la motivazione adottata dalla Corte territoriale
per escludere la strada in questione (descritta, sulla scorta
del materiale fotografica, come
tratturo»)

«quasi somigliante ad un

dal novero delle “strade di uso pubblico o aree ad

esse equiparate” è quanto mai attenta e puntuale, segnatamente
evidenziando che:
– la convenzione tra le Ferrovie e la proprietà del fondo,
attraversato dalla linea ferroviaria, conteneva precise
modalità e condizioni concordate al fine di individuare gli
utenti legittimati ad attraversare i binari, così da far
ragionevolmente ritenere che la strada che, dipartendosi della
strada statale, attraversava i vigneti sino ai binari non
fosse aperta all’uso indiscriminato o indifferenziato delle
persone; in particolare la prescrizione che,
nell’attraversamento di veicoli, per il caso in cui la
posizione di guida non avesse consentito l’avvistamento dei
treni in entrambi i sensi di marcia, fosse assolutamente
indispensabile la presenza di due persone, presupponeva che i
destinatari della norma di prudenza fossero accertati in un

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giudice di merito, l’accertamento in ordine alla concreta

numero e in una cerchia ben individuati e facilmente
determinabili in base al titolo del possesso o della
detenzione qualificata del fondo;
il rapporto dell’incidente descriveva

«una stradina

sterrata» che, partendo dalla statale jonica, attraversava i

e alle sbarre poste per impedire l’attraversamento dei binari
a chi non fosse stato in possesso delle chiavi dei lucchetti
del passaggio a livello, così convalidando il convincimento
che si trattava di una strada destinata a servire all’accesso
dei proprietari e affittuari dei singoli fondi;
– anche i testimoni erano tutte persone che si erano recate
nei fondi serviti dalla strada in questione per lavorare nei
rispettivi vigneti e avevano confermato che la strada
conduceva all’incrocio con la linea ferroviaria, ove erano
poste le sbarre per impedire a terzi non legittimati
l’attraversamento dei binari; in particolare il carattere
episodico dell’accesso dei testimoni al fondo e l’asserzione
unanime che vi erano dei lucchetti di chiusura delle sbarre,
destinati ad impedire l’attraversamento della sede ferroviaria
a persone non legittimate o autorizzate, concorreva a
dimostrare che la strada non poteva essere percorsa da un
numero indifferenziato di utenti, ma era destinata a servire
l’utilità esclusiva dei proprietari o degli affittuari dei
vigneti a cui la strada stessa permetteva di accedere;
– il materiale fotografico evidenziava che quella che era
indicata come strada non era asfaltata o comunque preparata
per l’uso abituale di autovettura, ma era costituita da un

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vigneti per 500/600 metri prima di arrivare alla linea ferrata

passaggio dal fondo prevalentemente erboso, neppure segnalante
«i segni del rotolamento (o per così dire del calpestio) di
ruote»,

tali da far presumere la frequenza di un vasto

movimento di utenti; né ciò era contraddetto dalle foto
prodotte dal ricorrente che evidenziavano l’assenza di

battuta (quello che si dipartiva dalla SS Jonica), posto che,
sin dall’inizio, risultava che la strada si inoltrava tra
vigneti, e quindi, in zona privata e che la presenza di due
piccoli edifici rurali erano indicativi di una situazione di
vigilanza e custodia da parte dei proprietari o degli addetti
al fondo.
2.4.

Il

procedimento

logico-giuridico

sviluppato

nell’impugnata decisione a sostegno delle riportate
affermazioni e conclusioni è ineccepibile in quanto coerente e
razionale e frutto di un esame accurato e puntuale delle
risultanze di causa. Per converso le deduzioni di parte
ricorrente, sostanzialmente Localizzate sul rilievo che si
trattava di una strada collegata con la statale jonica e che
non vi erano ostacoli al suo accesso – prima ancora che
rivelarsi meramente alternative a quelle svolte dai giudici di
appello, postulando una inammissibile rivalutazione di merito
di risultanze processuali si infrangono sul corretto
impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello e sulla
considerazione che non si trattava di una componente del
complesso viario pubblico, ma, al contrario, di una strada
chiusa «dato che ad un capo di quel tratto di strada erano
collegate delle sbarre che, per effetto della loro chiusura

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impedimento fisico nel tratto iniziale della strada, in terra

assicurata da lucchetti, avrebbero impedito alle persone che
avessero violato il diritto di proprietà dei fondi di
proseguire per raggiungere mete o destinazioni poste al di là
della linea ferroviaria» (v.

pag. 29 sentenza).

Anche la censura di contraddittorietà della motivazione,

le parti e i testimoni erano

«tutti persone che si erano

recate nei fondi serviti dalla strada … per lavorare nei
rispettivi vigneti e caricare uva su diversi mezzi di
trasporto»

(pag. 25 della sentenza), si rivela priva di

fondamento, pur se riguardata sotto il profilo della falsa
applicazione di legge (nel senso di erroneo giudizio sul fatto
contemplato dalla norma di diritto applicabile al caso
concreto), dovendosi, al contrario, osservare come l’inciso
appena riportato è perfettamente coerente con l’assunto che si
trattava di una strada percorribile solo dalle persone aventi
un titolo che li legittimava (proprietari e affittuari dei
fondi limitrofi, come tali autorizzati all’apertura delle
sbarre del passaggio a livello privato).
Si rammenta che il controllo di logicità del giudizio di
fatto, consentito al giudice di legittimità, non equivale alla
revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che
ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione
della questione esaminata, posto che una revisione del genere
si risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione
del giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, e
risulterebbe affatto estranea alla funzione assegnata
dall’ordinamento al giudice di legittimità il quale deve

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per avere escluso l’uso pubblico e nel contempo affermato che

limitarsi a verificare se siano stati dal ricorrente
denunciati specificamente – ed esistano effettivamente – vizi
deducibili in sede di legittimità.
Nella specie si è di fronte ad una motivazione immune dai
vizi assertivamente lamentati in quanto più che sufficiente

rilevanti), logica non contraddittoria, nonché conforme alla
normativa applicabile in materia.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in
dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 55
del 2014, seguono la soccombenza nei rapporti tra il
ricorrente e la compagnia di assicurazione.
Per quanto riguarda la regolazione delle spese processuali
nei rapporti tra le altre parti, occorre considerare che il
ricorrente non ha proposto alcuna censura nei confronti delle
Ferrovie dello Stato, cui il ricorso risulta evidentemente
notificato per mere finalità di integrità del contraddittorio;
inoltre, sebbene la medesima società abbia ritenuto di
depositare un

«controricorso per resistere al ricorso
(peraltro sostanzialmente

incidentale di Assimoco»

riproducente i contenuti del primo controricorso), nessun
ricorso incidentale era stato proposto dalla compagnia di
assicurazione che (vittoriosa in appello) si era limitata a
ribadire deduzioni “assorbite” dalla sentenza impugnata. In
ragione di ciò si ravvisano “i giusti motivi” di cui all’art.
92 cod. proc. civ., nel testo originario qui applicabile
ratione temporis,

per compensare le spese del giudizio di

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(risultando completa la valutazione delle circostanze

legittimità negli altri rapporti tra le parti.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al
rimborso delle spese del giudizio di cassazione in favore
della Assimoco, Compagnia di assicurazioni e riassicurazioni

cui 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge e
contributo spese generali; compensa interamente le stesse
spese nei rapporti tra le altre parti.
Roma 27 aprile 2015

Movimento cooperativo, s.p.a., liquidate in C 10.400,00 (di

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