Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13350 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13350 Anno 2015
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA

sul ricorso 11308-2012 proposto da:
CONTI ALESSANDRO CNTLSN80C28E258R,

elettivamente

domiciliato in ROMA, V.GREGORIO VII 265, presso lo
studio dell’avvocato CARLO TESTORI, rappresentato e
difeso dall’avvocato MASSIMO VITALE giusta procura in
calce al ricorso;
– ricorrente contro

FEDERAZIONE CICLISTICA ITALIANA FCT, in persona del
suo Presidente sig. RENATO DI ROCCO, elettivamente
domiciliata in ROMA, P.ZZA APOLLODORO 26, presso lo

l

Data pubblicazione: 30/06/2015

studio

dell’avvocato

NURI

VENTURELLI,

che

la

rappresenta e difende giusta procura in calce al
ricorso notificato;
CONI – COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO, in
persona del Legale rappresentante pro-tempore

domiciliata in ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 106, presso
lo studio dell’avvocato GUIDO VALORI, che la
rappresenta e difende giusta procura a margine del
controricorso;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 789/2012 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 14/02/2012 R.G.N. 5992/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

27/04/2015

dal

Consigliere

Dott.

ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato CARLO TESTORI per delega;
udito l’Avvocato GUIDO VALORI;
udito l’Avvocato NURI VENTURELLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

2

Presidente Dott. GIOVANNI PETRUCCI, elettivamente

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Alessandro Conti impugna con ricorso per cassazione ai
sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. la sentenza
n.789 del 14 febbraio 2012, con la quale la Corte di appello
di Roma – rigettando l’appello principale del Conti e quello

della temerarietà della lite – ha confermato la sentenza
n.18343/2008 del Tribunale di Roma di rigetto della domanda di
risarcimento danni patrimoniali e non patrimoniali proposta
dall’odierno ricorrente nei confronti della F.C.I.
(Federazione Ciclistica Italiana) e, con atto di chiamata in
causa di terzo, anche nei confronti del C.O.N.I. (Comitato
Olimpico Nazionale Italiano) in ragione di un accertamento di
positività alla eritropoietina effettuato su un campione di
urine del Conti, all’epoca ciclista sportivo dilettante, da un
laboratorio antidoping di Losanna; accertamento, questo,
successivamente smentito dalle controanalisi, in pendenza
delle quali la notizia era stata diffusa dai

media

e il

ciclista era stato sospeso in via cautelare, per essere, poi,
riammesso all’attività agonistica con la restituzione di un
tesserino, recante la sarcastica indicazione

“via dei dopati,

6”.
Resistono

con

controricorsi,

distinti

deducendo

l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso, sia
il C.O.N.I. che la F.C.I.; quest’ultima ha anche depositato
memoria.

moTrvI DELLA DECISIONE
1.

Il ricorrente impugna la decisione della Corte

3

incidentale dell’appellato C.O.N.I. per il riconoscimento

territoriale ai sensi e per

gli

effetti di cui all’art. 360

nn. 3 e 5 cod. proc. civ., lamentando violazione e/o falsa
applicazione di norme di diritto, nonché omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa fatti
controversi e decisivi per il giudizio, per i seguenti motivi:

dell’azione

«del diritto e

esperibile» da esso ricorrente, relativamente al

punto della decisione in cui la Corte di appello ha affermato
che «nen’actio aquiliana è I/ danneggiante che deve provare
l’altrui danno»;

in

senso osserva che il rapporto

contrario

tra lo sportivo preticunte (dilettante e profenGioninta) e la
F.C.I. e quindi con il C.O.N.I.,

che è l’ente che a tale

Federazione sovraintende, si svolge negli schemi del contratto
per adesione; per cui il «primo thema decidendum … a fronte di
quanto non sceverato

in parte qua in 1 ° grado e di quanto
e

lapidariamente, immotivatamente

comunque erroneamente

statuito come in atti in 2 ° grado»

consisterebbe nello

«eminentemente»

stabilire se l’azione era

di natura

contrattuale; la vicenda andrebbe, dunque, riguardata,

«in

sotto il profilo contrattuale e «In

via

primo luogo»
residuale»

sotto quello della responsabilità aquiliana,

derivandone la concorrente responsabilità della F.C.I. e del
C.O.N.I., stante l’onere della prova liberatoria gravante
sugli stessi enti e considerate

«le concrete MODALITA’

colpevoli e colpose e comunque assolutamente non conformi alle
normative di riferimento» (cfr. fl 11, 12 e 14 del ricorso);
1.2.

per l’erronea esclusione della responsabilità della

F.C.I. e del C.O.N.I., anche se riguardata

4

in relazione al

1.1. per l’erronea qualificazione giuridica

disposto dell’art. 2043 cod. civ.; ciò in considerazione della
e della mola

«incontestata sequenza cronologica degli eventi»
gestio

di tutta la vicenda svolta dagli enti odierni

resistenti e «comunque da soggetti da essa delegati»

(così a

fl. 15 e 16 del ricorso); in particolare il ricorrente rileva

controanalisi in relazione al controllo antidoping) – che il
codice W.A.D.A. e le norme federali che lo recepiscono
prevedono che la procedura avvenga

«con la massima

tempestività il più rapidamente possibile più rapido»,
laddove, nella specie, essa si è svolta in un arco di tempo di
cinque mesi, quasi doppio a quello indicato nella decisione
impugnata; mentre – quanto al rilascio del tesserino, la cui
produzione è stata contestata dal C.O.N.I. per essere l’evento
ad esso non riferibile – osserva che il documento è stato
prodotto in atti e che, contrariamente a quanto affermato
dalla Corte di appello «è certamente CONTESTATO … chi sia
“responsabile – dei dati contenuti in un tesserino che resta di
proprietà della FEDERAZIONE CICLISTICA ITALIANA _»

(così a fl.

19 del ricorso);
1.3. per l’omessa considerazione della perdita di

chances

nel periodo di sospensione cautelare a fronte della
«documentata perdita di un contratto»,

avendo la Corte di

appello del tutto apoditticamente affermato che

«d’altra parte

non risulta provato a quali corse ciclistiche il Conti non
abbia potuto partecipare nel lasso temporale durante il quale
era stato sospeso»;

a parere del ricorrente, in tal modo, si

sarebbe posto a carico di esso istante una probatio diabolica,

5

– quanto alla tempistica della procedura (analisi e

gravandolo di una prova che non poteva fornire proprio perché
sospeso;
1.4. per l’omesso espletamento di una c.t.u. al fine di
valutare il danno alla salute e in specie dello stato
depressivo derivato dalla vicenda, dal momento che non si

appello, bensì di uno strumento di valutazione delle «copiose
prove documentali già in atti»

(così a fl. 22 del ricorso);

1.5. per la contraddizione in cui sarebbe incorsa la Corte
di appello per avere ammesso che «in
nelle analisi

vi era

stato»

effetti un primo errore

e affermato, nel contempo

terzietà» delle odierni resistenti rispetto agli

«la

«organi

medici accerta tori da ESSE stesse DELEGATE in regime di
CONVENZIONE per gli accertamenti de quibus»; e ciò sebbene la
responsabilità degli enti sportivi per medici esterni da essi
delegati sia affermazione ripetuta nella giurisprudenza di
legittimità (cfr. fl. 22 e 23 del ricorso).
2. Il ricorso è inammissibile.
Invero, come emerge dalla sintesi che precede, nell’atto di
impugnazione – pur facendosi in premessa un mero riferimento
alla

«violazione e falsa applicazione di norme di

nonché al vizio di
motivazione circa

diritto»,

«omessa e insufficiente o contraddittoria
fatti

controversi e decisivi per il

giudizio» – non vengono chiaramente esplicitati quali siano i
punti della decisione impugnati sotto l’uno o l’altro profilo,
bensì vengono proposte, con i cinque “motivi – sopra riassunti,
una congerie di questioni dai profili oggettivamente diversi,
inammissibilmente affidando a questo giudice di legittimità il

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trattava di un mezzo istruttorio tardivamente richiesto in

compito di individuare e distinguere le singole censure, onde
ricondurle all’uno o all’altro mezzo di impugnazione di cui ai
richiamati nn. 3 e 5 dell’art. 360 cod. proc. civ..
Si rammenta che, benchè per pacifica giurisprudenza di
questa Corte (cfr.

ex multis Cass. 03 dicembre 2004, n.22778)

sia requisito autonomo ed imprescindibile ai fini
dell’ammissibilità del ricorso, è comunque richiesto che dagli
argomenti esposti a sostegno dell’impugnazione sia chiaramente
comprensibile a quali norme o principi di diritto il
ricorrente abbia inteso far riferimento. Inoltre – sebbene in
via di principio la contestuale deduzione nei motivi, della
violazione di legge e del difetto di motivazione, non
determina, di per sé, una preclusione della impugnazione occorre, comunque, che le censure si mantengano distinte (in
tal senso sulla questione, in rapporto ai quesiti di diritto,
S.U. 31 marzo 2009, n.7770), esibendo sufficiente specificità,
cioè la caratteristica che principalmente contraddistingue
l’impugnazione in sede di legittimità. In tale prospettiva è
stato affermato che, in tema di ricorso per cassazione, è
inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi
d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse
ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5,
cod. proc. civ.. Invero l’esposizione diretta e cumulativa
delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze
acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere
al giudice di legittimità il compito di isolare le singole
censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei

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la mancata indicazione delle norme che si assumono violate non

mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 cod. proc. civ.,
per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero
utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente,
al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto
giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere

19443).
Orbene, nel ricorso all’esame, i profili attinenti la
ricostruzione del fatto non risultano chiaramente distinti
dalle doglianze relative all’interpretazione o alla
applicazione della e/o delle norme appropriate alla
fattispecie; né vengono chiaramente individuati i fatti
controversi in ordine alla cui ricostruzione la motivazione
sarebbe, di volta in volta, omessa e/o inficiata da illogicità
o contraddittorietà, atteso che l’omissione postula una
carenza motivazionale, mentre la contraddittorietà ne
presuppone una sovrabbondanza.
Nella sostanza le censure si concretano nell’affermazione
di non condivisione delle conclusioni cui sono pervenuti i
giudici del merito, vuoi in ordine alla conformità dell’intera
procedura seguita alla normativa regolamentare rilevante in
materia di antidoping, vuoi relativamente all’estraneità di
entrambi gli enti odierni resistenti all’esecuzione delle
analisi e controanalisi, affidate a un laboratorio di Losanna
accreditato dal C.I.O. – Comitato Olimpico Internazionale
così a fl 4 della sentenza),

(«circostanza non contestata»,

vuoi, ancora, in punto di legittimità della divulgazione della
notizia, trattandosi di dato che la normativa antidoping

8

successivamente su di esse (Cass. 23 settembre 2011, n.

consente di rendere pubblico; vuoi, infine, in punto di non
imputabilità agli stessi enti della sarcastica indicazione
riportata sul tesserino, atteso che il C.O.N.I., era estraneo
alla questione e che i dati erano inseriti on line da società
affiliata alla Federazione (anche questa, costituente

Con più specifico riferimento alle varie questioni
proposte, seguendo l’ordine di esposizione in ricorso, merita
aggiungere quanto segue.
2.1. Relativamente alla qualificazione della domanda e
dell’azione

«esperibile»

(così

testualmente in ricorso) dal

ricorrente – premesso che occorre distinguere tra l’ipotesi in
cui si contesta l’interpretazione delle domande, eccezioni e
deduzioni delle parti, costituente attività riservata al
giudice del merito, sindacabile sotto il profilo motivazionale
(art. 360 n. 5 cod. proc. civ.) e quella in cui si assume che
tale interpretazione abbia riguardato la non corrispondenza
dell’atto al modello normativo ovvero determinato un vizio
riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza
fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.) o a
quello del tantum devolutum quantum appellatum,

occorrendo, in

tal caso, la denuncia di un error in procedendo (art. 360 n. 4
cod. proc. civ.) – si osserva che, nel caso di specie, le
deduzioni del ricorrente non appaiono sussumibili in alcuno
dei mezzi indicati. Infatti, da un lato, non risulta neppure
enunciato il vizio di cui al n.

4

dell’art. 360 cod. proc.

civ., né, comunque, prospettata la nullità della

sentenza in

dipendenza di un vizio di tal fatta e, dall’altro lato,

9

«circostanza non contestata», cfr. fl 5 della sentenza).

neppure è svolta una specifica critica motivazionale in ordine
all’interpretazione dei contenuti della domanda formulata
negli atti introduttivi della lite (citazione e chiamata in
causa del terzo), pretendendosi, piuttosto, di riesaminare la
pretesa dedotta in giudizio, sul presupposto di una sua

In sostanza non si addebita alla Corte di appello di avere
errato a interpretare i contenuti della domanda, incorrendo di
conseguenza in un errore di qualificazione giuridica, bensì di
non avere esaminato se la domanda stessa potesse avere

anche o

soprattutto un fondamento negoziale; laddove ciò che andava
allegato (e dimostrato) era che – tenuto conto dei presupposti
di fatto e di diritto posti a fondamento della pretesa
risarcitoria e dei diversi eventi di danno, come dedotti negli
atti introduttivi del giudizio e precisati nei termini fissati
per la definizione del

thema decidendum

la domanda

risarcitoria risultava effettivamente proposta

anche

o

soprattutto a titolo di responsabilità contrattuale. Inoltre,
a tal fine, sarebbe stata necessaria la specifica indicazione
degli atti processuali a sostegno della censura (citazione
introduttiva, chiamata in causa del CONI, verbale udienza ex
art. 183 cod. proc. civ. ecc.), con la conseguenza che il
ricorrente avrebbe dovuto riportare in ricorso i punti
salienti di detti atti, in tesi, idonei a consentire la
qualificazione dell’azione nei termini qui propugnati e
indicare, altresì, l’esatta allocazione degli stessi nel
fascicolo processuale, trattandosi di adempimenti
assolutamente

ai

indispensabili

lo

fini

dell’osservanza

configurabilità come azione di responsabilità contrattuale.

dell’onere di ammissibilità del ricorso ai sensi del n.6
dell’art. 366 cod. proc. civ. (cfr. SS.UU. 2 dicembre 2008, n.
28547; SS.UU. 25 marzo 2010, n. 7161).
2.1.1. Non appare superfluo aggiungere che la censura si
rivela, comunque, priva di decisività, dal momento che la

aquiliana dell’azione esercitata dall’odierno ricorrente – ha
implicitamente, ma inequivocamente negato la fondatezza della
pretesa risarcitoria sotto entrambi i versanti della
responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, atteso che:
ha categoricamente escluso che dagli atti emerga
responsabilità della Federazione»,

«alcuna

non solo e non tanto per

l’esistenza del potere-dovere della F.C.T. di far eseguire il
controllo antidoping, ma anche e soprattutto per il puntuale
rispetto della procedura regolamentare rilevante in materia;
ha, quindi, rimarcato “la non contestazione” della circostanza
dell’estraneità, all’uno e all’altro ente resistente, del
Laboratorio di Losanna (siccome designato dal C.I.O.) che
eseguì le analisi e controanalisi, precisando che

«a parte

l’estraneità dei convenuti – non è stato comunque dimostrato
che nell’espletamento della procedura delle controanalisi vi
siano stati degli errori e dei ritardi, tali da ingenerare una
responsabilità degli appellati»;

ha, altresì, evidenziato

l’osservanza della normativa regolamentare e della dovuta
diligenza anche da parte del C.O.N.I., attesa la tempestiva
comunicazione del risultato dell’analisi e la prevista
divulgabilità del fatto della sospensione cautelare e delle
ragioni che l’avevano determinate (cfr. fl 4 e 5 della

11

Corte di appello – pur muovendo dalla premessa della natura

decisione impugnata).
A fronte di tale puntuale ricostruzione in fatto e in
diritto, parte ricorrente – prima ancora che opporre una
propria alternativa valutazione, comunque, inammissibile in
questa sede- si limita ad affermare genericamente la

lamentare la non conformità del

modus operandi degli stessi

enti e/o di soggetti pretesamente da essi
meglio precisate «normative di riferimento»,

«delegati» ad non

dimenticando che

l’onere della prova liberatoria gravante ex art. 1218 cod.
civ. sulla parte convenuta (per l’adempimento, la risoluzione
contrattuale o il risarcimento del danno) postula pur sempre
la prova da parte dell’istante dell’esistenza
dell’obbligazione che si assume inadempiuta dalla controparte.
E ciò a tacere dall’assoluta genericità delle allegazioni
circa l’esistenza delle pretese “deleghe” e della loro
riferibilità all’uno e/o all’altro ente resistente.
2.2.

Le

censure

riportate

sub

2>

in

ricorso

principalmente focalizzate sulla tempistica della procedura
per il controllo antidoping, che (in tesi) sarebbe
contrastante con il canone di «massima tempestività»,

previsto

dal regolamento antidoping e che, comunque, si sarebbe
protratta per cinque mesi circa e non già per «poco più di due
mesi»,

come si legge nella decisione impugnata – non si

sottraggono al difetto di specificità che, come si è innanzi
evidenziato, connota tutta l’impostazione del ricorso.
Valga considerare che il vizio di violazione di legge
consiste nella deduzione dell’erronea ricognizione, da parte

12

colpevolezza dell’uno e dell’altro ente resistente e a

del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta
prevista da una disposizione, e quindi, implica
necessariamente questioni interpretative, mentre l’allegazione
dell’erronea ricostruzione della fattispecie concreta, a mezzo
delle risultanze di causa, è esterna all’ermeneutica

giudice del merito, valutazioni la cui censura è possibile, in
sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di
motivazione.
Orbene – premesso che l’arco temporale, che la Corte di
appello ha ritenuto

«non

irragionevole»,

tenuto conto delle

«complesse attività, sia di carattere scientifico che
burocratico, che prevede il regolamento antidoping»

(fl. 4

della sentenza) è evidentemente quello intercorso tra la
comunicazione del risultato delle analisi e quella dell’esito
delle controanalisi (e della corrispondente sospensione
dall’attività sportiva), laddove il ricorrente individua il
dies a quo

in quello dello svolgimento della gara si

osserva, innanzitutto, che le censure all’esame non sono
suscettibili di essere valutate sotto il profilo della
violazione di legge, atteso che il ricorrente non addebita
alla Corte territoriale l’erronea individuazione della norma
regolamentare di riferimento e neppure svolge una specifica
critica in ordine all’interpretazione e applicazione del
canone generico di «massima tempestività»,

inteso come norma

in bianco, da adeguarsi alle circostanze del caso concreto.
Neppure risultano individuate specifiche carenze e/o
incongruenze motivazionali nella ricostruzione del fatto,

13

normativa, attenendo piuttosto alle valutazioni proprie del

giacche le censure stesse,

quando non si risolvono,

inammissibilmente, in meri apprezzamenti di fatto contrari a
quelli manifestati dal giudice di merito, lamentano nella
sostanza un (presunto) errore di fatto – qual è quello sulla
durata del periodo di riferimento – come tale da porre a base

una revocazione, ai sensi dell’art. 395 n. 4 cod. proc. civ..
In disparte si osserva che le deduzioni in ordine alla
tempistica della procedura e ai riscontri di similari vicende
che – secondo quanto si legge a fl. 18 del ricorso – sarebbero
state «documentate in sede di memoria ex art. 184 c.p.c.» non
risultano neppure conformi al canone di «specifica indicazione
degli atti processuali, dei documenti … sul quali il ricorso
si fonda» di cui all’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., il quale
avrebbe richiesto, in comb. disp. con l’art. 369 n. 4 cod.
proc. civ. (oltre che,

in primis,

l’individuazione dei

documenti in questione) la specificazione nel ricorso per
cassazione dei loro contenuti essenziali e della relativa
produzione in sede di legittimità, accompagnata dalla doverosa
puntualizzazione del luogo all’interno dei fascicoli, in cui
gli atti o documenti evocati erano rinvenibili.
2.2.1. Con più specifico riferimento alla questione del
tesserino, pure attinta

sub 2> in ricorso, si osserva che le

deduzioni del ricorrente si rivelano eccentriche rispetto ai
contenuti della decisione, atteso che ciò che è stata ritenuta
«circostanza non contestata» è

il

fatto dell’inserimento dei

dati ori line da parte di società affiliata alla Federazione e
non già

«chi sia responsabile»

14

della vicenda, mentre il

non già di un ricorso per cassazione, bensì (se del caso) di

riferimento alla “proprietà” dello stesso tesserino appare di
assoluta genericità e, comunque, non concludente al fine di
infirmare le argomentazioni e conclusioni della Corte di
appello in parte qua.
(sub

3> in ricorso) di carenza di

motivazione in ordine alla lamentata perdita di

chance è

inammissibile per difetto di correlazione con la
decidendi

ratio

fondata sul rilievo dell’assenza di responsabilità

di entrambi gli enti resistenti. Essa, infatti, si appunta su
un’argomentazione (e, cioè, la mancata dimostrazione
dell’esistenza di gare alle quali il Conti avrebbe avuto
occasione di partecipare, ove non fosse stato sospeso) svolta
dichiaratamente

ad abundantiam.

Orbene per costante

giurisprudenza di questa Corte le argomentazioni
abundantiam,

ad

contenute in sentenza, non sono suscettibili di

impugnazioni in sede di legittimità, anche se erronee, ove non
abbiano avuto alcun riflesso determinante sul dispositivo il
quale sia sorretto da argomentazione avente carattere
principale ed assorbente.
2.4. Per analoghe ragioni risulta inconducente la censura
(sub

4> in ricorso) di omessa motivazione relativamente al

danno alla salute, atteso che un vizio di tal fatta avrebbe
potuto essere profilato solo nel caso di positivo accertamento
dell’an della domanda risarcitoria; il che, nel caso di
specie, non è avvenuto.
2.5. Infine l’asserita «contraddizione» (sub 5> in ricorso)
tra il rilievo dell’esistenza di

«un primo errore nelle

analisi» e l’esclusione della responsabilità delle convenute,

15

2.3. La censura

siccome ritenute “terze” rispetto al Laboratorio di Losanna,
propone una censura che non appare chiaramente sussumibile
nell’uno o nell’altro vizio dedotto in ricorso e, comunque,
priva di decisività.
Innanzitutto

l’enfasi

posta

da

parte

ricorrente

esterna” tra i due enti resistenti e gli

«organi medici

accertatori» si infrange contro la considerazione svolta nella
decisione impugnata che il Laboratorio di Losanna era scelto
dal C.I.O. e contro l’ulteriore precisazione che trattavasi di
«circostanza non contestata»;

argomentazioni, queste, da cui

deriva in termini logico-giuridici ineccepibili,
l’affermazione di “estraneità” di entrambi gli enti odierni
resistenti ad eventuali errori nelle analisi e che non
risultano affatto scalfite dai precedenti giurisprudenziali in
tema di tutela della salute degli sportivi, richiamati in
ricorso, riguardanti fattispecie affatto pertinenti.
Ciò precisato – anche a voler ritenere che la Corte di
appello abbia inteso ravvisare un errore tecnico nello
svolgimento delle prime analisi (addebitabile al Laboratorio
di Losanna) e non già più semplicemente prendere atto della
circostanza che il risultato delle analisi era inficiato da un
errore c.d. di primo tipo (falso positivo) – l’impianto
motivazionale della decisione impugnata resiste alla generica
censura di contraddittorietà, dal momento che, nell’uno e
nell’altro caso, resterebbe fermo il rilievo dell’estraneità
degli odierni resistenti rispetto a un errore di tal fatta.
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

16

nell’affermare l’esistenza di una non meglio precisata “delega

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in
dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 55
del 2014, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte

liquidate in favore di ognuna delle parti controricorrenti in

E 7.200,00 (di cui E 200,00 per esborsi) oltre accessori come
per legge e contributo spese generali.
Roma 27 aprile 2015
L’ESTENSORE

PRESIDENTE

ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione,

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