Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1335 del 19/01/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 1335 Anno 2018
Presidente: GRECO ANTONIO
Relatore: IANNELLO EMILIO

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29280/2010 R.G. proposto da
Garavini Elisabetta Pamela, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Nadia
Prosperi e Giuliana Roberto, con domicilio eletto in Roma, piazza
dell’Orologio, n. 7, presso lo studio dell’Avv. Nicola Marcone;
– ricorrente contro
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi,
n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
– con troricorrente e contro
Equitalia Esatri S.p.A.,

Data pubblicazione: 19/01/2018

- intimata avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia, n. 47/11/10 depositata il 23 aprile 2010;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 novembre
2017 dal Consigliere Emilio Iannello.

Procuratore generale Umberto de Augustinis, che ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso o, in subordine, il rigetto.
Rilevato che Elisabetta Pamela Garavini propone ricorso per
cassazione, con tre mezzi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate
(che resiste con controricorso) e di Equitalia Esatri S.p.A. (che non
svolge difese nella presente sede, ma deposita c.d. atto di
costituzione), avverso la sentenza in epigrafe con la quale la
Commissione tributaria regionale della Lombardia ne ha rigettato
l’appello, ritenendo legittima la cartella esattoriale impugnata dalla
contribuente e fondata la pretesa fiscale;
considerato che con il primo motivo di ricorso la contribuente
deduce violazione degli artt. 42, 43 e 67 d.P.R. 29 settembre 1973,
n. 600, nonché dell’art. 137 cod. proc. civ., e ancora vizio di
motivazione, in relazione all’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5, cod.
proc. civ., per avere la C.T.R. ritenuto legittima e priva di
conseguenze sul piano sostanziale e processuale la notifica della
medesima cartella di pagamento effettuata dall’ente impositore dopo
che essa aveva eccepito la totale nullità della prima cartella perché
mancante di alcune pagine e per l’incomprensibilità dell’atto
impositivo: sostiene che la rinnovata notifica della cartella, a scopo di
autotutela, richiedeva il previo annullamento della prima, pena la
nullità della cartella per illegittima doppia imposizione;
che con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione degli artt.
18 e 19 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché dell’art. 274 cod.
proc. civ., e ancora vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma
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Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto

primo, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., in relazione all’affermazione
contenuta in sentenza secondo cui «gli elementi notificati sia con la
prima che con la seconda copia della cartella … sono stati sufficienti a
consentire di riconoscere gli importi delle motivazioni delle pretese
fiscali; pretese … non contestate dalla parte e, pertanto, da intendere

ricorsi proposti per lo stesso atto non potevano che riunirli come fatto
e non annullare l’atto come preteso furbescamente dal contribuente»:
rileva che in realtà con il primo ricorso essa aveva contestato nel
merito la pretesa recata dalla cartella di pagamento e i conteggi ivi
indicati, in particolare eccependo la illegittima e incomprensibile
duplicazione delle singole poste passive; osserva che, come ribadito
nell’atto d’appello, la riunione dei due procedimenti non ha certo fatto
venire meno i motivi, di merito, proposti con il primo ricorso, i quali
pertanto non potevano essere disattesi ovvero considerati inesistenti;
con il terzo motivo la ricorrente denuncia, infine, violazione di
legge, omessa pronuncia e vizio di motivazione per avere la C.T.R.
ingiustificatamente disatteso nei termini indicati le censure di merito
proposte (in ordine alla incomprensibilità e contraddittorietà della
motivazione della cartella dei conteggi);
ritenuto che è infondato il primo motivo di ricorso: come
chiaramente evidenziato nella sentenza impugnata non si è di fronte
alla emissione di due diverse cartelle di pagamento riferite alla
medesima imposta ma alla notifica, per due volte, della medesima
unica cartella (la seconda volta notificata allo scopo di portare a
conoscenza della contribuente i fogli che questa afferma mancare
nella prima copia); a fronte di un tale accertamento di fatto, in sé non
contestato ma anzi in qualche passaggio dato per acquisito anche in
ricorso, del tutto privo di fondamento logico e giuridico si appalesa
l’assunto secondo cui la seconda notifica avrebbe richiesto
l’annullamento della prima cartella, pena una illegittima duplicazione
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dovute; i giudici di secondo [recte: primo, n.d.r.] grado davanti a due

d’imposta: rammentato che la notifica è procedimento esterno alla
cartella, costituendone requisito di efficacia e non di validità, e che
pertanto la stessa non vale certamente ad integrarne il contenuto, è
evidente che la seconda notifica non incide affatto sull’identità della
cartella, che resta unica, e

a fortiori

non comporta alcuna

ritenuto che il secondo e il terzo motivo di ricorso vanno dichiarati
inammissibili, intrecciandosi in essi troppo confusamente, con
riferimento a doglianze o questioni sostanzialmente sovrapponibili e
comunque non facilmente distinguibili, censure ontologicamente
incompatibili di violazione di legge, vizio di motivazione e/o omessa
pronuncia;
che al riguardo va richiamato il principio, affermato dalle Sezioni
Unite e consolidato nella presenza di questa Corte, secondo cui «nel
giudizio per cassazione — che ha ad oggetto censure espressamente
e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1 — il ricorso
deve essere articolato in specifici motivi immediatamente ed
inequivocabilmente riconducibili ad una delle cinque ragioni di
impugnazione previste dalla citata disposizione, pur senza la
necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione
numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il
ricorrente lamenti l’omessa pronunzi t a parte della impugnata
sentenza, in ordine ad una delle o eccezioni formulate non è
necessario che faccia espressa menzione della ricorrenza dell’ipotesi
di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (con riferimento all’art. 112
c.p.c.), purché nel motivo sti faccia inequivocabilmente riferimento
alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione. Va
invece dichiarato inammissibile il motivo allorquando, in ordine alla
suddetta doglianza, il ricorrente sostenga che la motivazione sia stata
omessa o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di
legge» (Cass. Sez. U 24/07/2013, n. 17931);
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duplicazione d’imposta;

che per le considerazioni che precedono deve dunque pervenirsi al
rigetto del ricorso, con la conseguente condanna della ricorrente al
pagamento in favore della controricorrente delle spese processuali,
liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.

della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità liquidate in
Euro 4.800 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso il 24/11/2017

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento in favore

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