Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13346 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13346 Anno 2015
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 17345-2012 proposto da:
SELLITTO JOHN CHARLES, considerato domiciliato
ROMA,

presso la CANCE LLERIA DELLA CORTE

ex «lege

in

DI CASSAZIONE,

t4WpreaentatO e difOcio dagli avvocati ANWREA UGA e VITTORIO

TATE°

con studio in VIGEVANO, VIA

SAN

GIACOMO 17,

giusta

procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro
MONSINI ROBERTO e TORCHIANO AGNESA, considerati domiciliati
v

ex lege

in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato EDOARDO

40,45 NARDOCCI con studio in ALESSANDRIA, VIA A. GRAMSCI SO,

giusta

procura speciale a mar gine del controricorso;
NEGRI MARIA ENRICA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
MONTE DELLE GIOIE 13, presso lo studio dell’avvocato CAROLINA

Data pubblicazione: 30/06/2015

VALENSISE, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato LUCIA BONO, giusta procura speciale a margine
del controricorso;
– controricorrenti nonchè contro
ROSSANIGO ANTONIO;

– intimato

MILANO, depositata il 04/05/2012, R.G.N. 1266/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 15/04/2015 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l’Avvocato CESARE FIORENZI per delega;
udito l’Avvocato SIMONE RESTELLI per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso per l’estinzione
del giudizio nei confronti di NEGRI e ROSSANIGO e per
l’inammissibilità o, in ~ordine, il rigetto del ricorso nei
confronti delle altre parti.
RITENUTO IN FATTO
1. – John Charles Sellitto convenne in giudizio, dinanzi
al Tribunale di Vigevano, Roberto Monsini, Agnesa Torchiano,
Maria Enrica Negri e Antonio Rossanigo per ottenere, ai sensi
dell’art. 2901 cod. civ., la declaratoria di inefficacia del
contratto con il quale il Monsini aveva alienato ai coniugi
Rossanigo-Negri la nuda proprietà di un immobile sito in
Mede, nonché della presunta donazione diretta o indiretta
mediante la quale si assunse che la di lui moglie, Torchiano,
avesse acquistato un altro immobile sito nello stesso paese.
A fondamento delle domande il Sellitto dedusse di essere
creditore dal Monsini in forza di sentenza penale passata in
giudicato, con la quale quest’ultimo era stato condannato al
pagamento, in suo favore, della somma di circa euro
750.000,00, in quanto responsabile civile per le lesioni
subite da esso attore, dipendente del medesimo Monsini, per
un infortunio sul lavoro verificatosi il l ° aprile del 2004.
2

avverso la sentenza n. 1509/2012 della CORTE D’APPELLO di

L’attore sostenne, quindi, che il proprio datore di
lavoro, per sottrarre il suo patrimonio al rischio di
un’azione esecutiva, si attivò alienando la nuda proprietà
della casa su cui gravava l’usufrutto della madre e,
nell’arco di un breve periodo, fece acquistare alla moglie
una villetta a schiera con il proprio denaro, ciò
configurando una donazione diretta o indiretta dell’immobile.

rigetto delle domande avverse.
Nel contraddittorio con le parti convenute, l’adito
Tribunale, con sentenza del febbraio 2011, respinse le
domande attoree per difetto sia sulla consapevolezza del
pregiudizio delle ragioni creditorie in capo ai terzi
acquirenti dell’immobile, sia sulla circostanza che
l’acquisto effettuato dal coniuge del Monsini fosse avvenuto
con il denaro dello stesso marito.
2.

– Avverso tale sentenza interponeva gravame John

Charles Sellitto, che la Corte di appello di Milano
respingeva con sentenza resa pubblica il 4 maggio 2012.
2.1. – La Corte territoriale riteneva che nessuno degli
elementi indicati dall’appellante rivestisse valore
probatorio orientato, in senso univoco, a dimostrare la
conoscenza in capo ai coniugi acquirenti Ròssanigo-Negri che,
al momento della conclusione della compravendita, tale
negozio potesse arrecare pregiudizio alle ragioni creditorie
del Sellitto, né della sussistenza delle stesse verso il
Monsini.
Anche con riferimento all’acquisto effettuato dalla
Torchiano, il giudice di appello escludeva che fosse stato
provato che lo stesso era avvenuto con denaro fornito dal
Monsini.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre John
Charles Sellitto sulla base di cinque motivi.
Resistono, con distinti controricorsi, Roberto Monsini e
Agnesa Torchiano, nonché Maria Enrica Negri.
3

Si costituirono in giudizio i convenuti per chiedere il

Non ha svolto attività difensiva in questa sede Antonio
Rossanigo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

– Preliminarmente, deve osservarsi che la tardiva

notificazione del ricorso nei confronti di Antonio Rossanigo
(avvenuta il 27 luglio 2012, a fronte della notificazione in
data 18 maggio 2012 della sentenza della Corte di appello di

decadenza dall’impugnazione, ai sensi degli artt. 325 e 326
cod. proc. civ., in riferimento allo stesso Rossanigo,
giacché, trattandosi di azione revocatoria ex art. 2901 cod.
civ. e sussistendo litisconsorzio necessario (cfr. Cass., 7
novembre 2011, n. 23068) tra il debitore (Roberto Monsini) ed
i terzi acquirenti (il Rossanigo e Enrica Maria Negri), detta
decadenza è stata idoneamente impedita dalla tempestiva
notificazione dell’atto d’impugnazione ad uno solo dei
litisconsorti (nella specie,

sia al Monsini, che alla Negri,

in data 13 luglio 2012), valendo quest’ultima notificazione
come atto integrativo del contraddittorio, ai sensi dell’art.
331 cod. proc. civ. (Casa., 14 ottobre 2005, n. 19963).
2.

– Sempre in via preliminare, va dichiarata

l’estinzione del giudizio in riferimento alle sole posizioni
di Antonio Rossanigo e Maria Enrica Negri per effetto della
rinuncia al ricorso da parte del Sellitto unicamente nei
confronti di dette parti; rinuncia effettuata con atto,
sottoscritto anche dal ricorrente, depositato in _tingine
all’udienza pubblica ed “accettata” dal difensore della Negri
ivi presente (in ogni caso, da questi, in quel contesto,
conosciuta), non essendo, altresì, necessaria alcuna
notificazione dello stesso atto al Rossanigo, non
costituitosi in questa sede.
Le spese del presente giudizio, limitatamente alle parti
coinvolte dagli effetti della rinuncia, vanno interamente
compensate.
4

Milano, ad istanza dello stesso Rossanigo) non comporta

3. – Con il primo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art.
360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., insufficiente
motivazione su un fatto controverso e decisivo per il
giudizio “in merito alla

sci entia fraudis

in capo a

Rossanigo-Negri” in riferimento alla vendita della nuda
proprietà da parte del Monsini.
La Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare alcuni

presuntiva della consapevolezza dei terzi acquirenti di
recare pregiudizio alle ragioni del creditore: la mancata
astensione dell’avv. Ferrari, difensore del Monsini, dalle
trattative per la vendita, nonché la sua esposizione al
rischio di sanzioni disciplinari in caso di revocatoria,
qualora non avesse informato gli acquirenti dei debiti
gravanti sul Monsini; la previsione nel contratto della
fideiussione della moglie e della figlia del Monsini,
entrambe nullatenenti, elemento che farebbe desumere la
consapevolezza del rischio dell’affare; la conclusione di due
atti notarili distinti, uno per nuda proprietà e uno per
l’usufrutto; l’omessa chiamata in causa dell’avv. Ferrari,
quale soggetto su cui rivalersi in caso di soccombenza,
nonché la mancata querela nei suoi confronti (ciò
dimostrerebbe che lo stesso aveva adeguatamente informato i
contraenti di un’eventuale revocatoria); la mancata
indicazione a testi del mediatore, del loro geometra e del
loro avvocato; il processo di interdizione della madre del
Monsini che avrebbe dovuto far sorgere sospetti sull’intento
frodatorio dello stesso; la mancata rilevazione da parte di
soggetti esperti nel settore del rischio di un’azione
revocatoria, soggetti di cui gli acquirenti si erano avvalsi
per la conclusione del preliminare probabilmente perché erano
a conoscenza dei rischi dell’operazione; l’assunzione del
rischio dell’affare, da parte degli acquirenti, pur nella
consapevolezza di un’eventuale azione revocatoria, in ragione
dell’intenzione di acquistare una casa nelle vicinanze di
5

fatti da cui sarebbe stato possibile desumere la prova

quella dei genitori e di rilevanti dimensioni, nonché munita
di garage.
Sicché, la motivazione della sentenza impugnata sarebbe
insufficiente in punto di mancato raggiungimento della prova
presuntiva, in quanto si sarebbe limitata ad esaminare solo
alcuni fatti, omettendo di prendere in considerazione quelli
evidenziati dall’appellante.
– Con il secondo mezzo è denunciata, ai sensi

dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.,
contraddittoria motivazione su un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, relativamente alla “scientia damni
in capo a Rossanigo-Negri”.
La motivazione della pronuncia di appello sarebbe
contraddittoria là dove, per un verso, afferma che per aversi
valida presunzione non occorre che l’esistenza del fatto
ignoto sia l’unica conseguenza possibile di quello noto,
mentre, per altro verso, sostiene che le deduzioni
dell’appellante siano «sufficienti per affermare “senz’altro”
(e quindi con esclusione di altre possibilità) che gli
acquirenti conoscessero l’antefatto».
5. – Con il terzo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art.
360, primo coma, n. 5 cod. proc. civ., omessa motivazione su
un fatto controverso e decisivo per il giudizio,
relativamente “al consillum fraudis in capo al Monsini”, non
avendo il giudice di secondo grado fornito alcuna motivazione
sul punto, limitandosi ad argomentare solo in riferimento
alla scianti& fraudis dei terzi acquirenti.
5.1. – I primi tre motivi, da esaminare congiuntamente
per la loro stretta connessione, non possono trovare
accoglimento.
5.1.1. – Giova premettere che, in tema di azione
revocatoria ordinaria, allorquando l’atto di disposizione sia
successivo al sorgere del credito (come nella specie risulta
incontestato e, in ogni caso, accertato dalla sentenza
impugnata, sul punto non fatta oggetto di specifica
6

4.

impugnazione), condizione per il suo esercizio è la
conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle
ragioni creditorie, nonché, per gli atti a titolo oneroso,
l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la
cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a
quella del debitore. La relativa prova può essere fornita
tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al

ove congruamente motivato (Cass., 17 agosto 2011, n. 17327;
Cass., 30 dicembre 2014, n. 27546).
5.1.2. – Pertanto, è anzitutto inammissibile il terzo
motivo, giacché esso non coglie la ratio

decidendi

della

sentenza impugnata, la quale non ha affatto omesso di
motivare in punto di

conallium fraudis

del debitore (né,

peraltro, sull’eventus damni), in quanto detto requisito era
stato già positivamente accertato in primo grado e non era
stato, quindi, investito dall’impugnazione proposta dallo
stesso Sellitto, che, del resto, non ne avrebbe avuto
interesse. Sicché, il

theme decidéndum

del giudizio di

gravame era circoscritto alla sola verifica dell’elemento
soggettivo in capo ai terzi acquirenti, non venendo più in
discussione la posizione del debitore.
5.1.3. – Quanto agli altri due motivi, la motivazione
della sentenza impugnata si sottrae alle censure mosse dal
ricorrente, avendo la Corte territoriale argomentato in modo
sufficiente e plausibile sul perché gli elementi fattuali
dedotti dall’appellante non fossero idonei ad integrare
idonee presunzioni in ordine alla sussistenza della scientia
damni in capo ai terzi acquirenti, non consentendo in modo
univoco di accertare tale fatto ignoto.
In particolare, il giudice di secondo grado ha
evidenziato: che l’alienante e gli acquirenti fossero tra
loro estranei all’epoca dei fatti; che non vi erano elementi
per affermare che gli acquirenti fossero a conoscenza
dell’incidente del Sellitto, né della consistenza
7

giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità

patrimoniale del Monsini, considerato, tra l’altro, che gli
stessi si erano rivolti ad un’agenzia immobiliare per
l’acquisto; che non era stato provato che l’avv. Ferrari
avesse effettivamente informato gli stessi acquirenti di
dette circostanze; che, semmai, proprio la consapevolezza
delle difficoltà debitorie avrebbe logicamente indotto i
coniugi Rossanigo-Negri a non concludere l’affare se non ad

era rimasta sfornita di prova, in base a perizia estimativa
dei beni per un valore corrispondente a quello indicato negli
atti di acquisto dell’usufrutto e della nuda proprietà.
A fronte di siffatte argomentazioni, orientate ad
escludere che meri elementi di sospetto sulle intenzioni dei
contraenti potessero fondare valide presunzioni
sull’esistenza della

scientia fraudis dei terzi acquirenti,

senza attingere ad una soglia sufficiente di probabilità in
tal senso, il ricorrente fornisce una diversa, ed
alternativa, lettura delle risultanze istruttorie, in tal
modo surrogandosi, in modo inammissibile, nei poteri del
giudice di merito di valutazione delle prove e di
accertamento dei fatti e sollecitando questa Corte, del pari
in modo inammissibile, a procedere ad una revisione delle
valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, così
da richiedere una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla
natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (tra le
tante, Cass., 26 marzo 2010, n. 7394).
6. – Con il quarto mezzo è dedotta, ai sensi dell’art.
360, primo coma, n. 5, cod. proc. civ., contraddittoria
motivazione su un fatto controverso e decisivo per il
giudizio “in merito alla donazione diretta o indiretta da
Monsini a Torchiano”.
La Corte territoriale, nel ritenere che non fosse stata
dimostrata la provenienza del denaro dal Monsini per
l’acquisto effettuato dalla moglie, “non essendo emersa
alcuna ragione obiettiva e persuasiva per superare il ~bio
8

un prezzo notevolmente ribassato, ma anche tale circostanza

sulla veridicità delle fonti di provvista indicate dalla
stessa Torchiano”, si sarebbe contraddetta, poiché la prima
affermazione farebbe ritenere che il denaro usato fosse della
Torchiano, la seconda farebbe presumere il contrario.
7. – Con il quinto mezzo è prospettato, ai

sensi

dell’art. 360, primo coma, n. 5, cod. proc. civ., vizio di
insufficiente motivazione sempre in riferimento alla

La Corte territoriale non avrebbe spiegato per quale
motivo era da ritenersi insufficiente la prova presuntiva del
fatto che la casa era stata pagata dalla Torchiano con i
soldi del marito, mancando di considerare che l’acquirente
era nullatenente a che l’acquisto era avvenuto a soli
cinquanta giorni di distanza dalla vendita del marito. Ciò
avrebbe dovuto spostare l’onere della prova a carico della
Torchiano, la quale, asserendo di aver utilizzato le somme
prese a mutuo dal padre e quelle ereditate dalla madre tre
anni prima, non avrebbe fornito alcuna prova su un eventuale
precedente utilizzo di quelle somme, né sulla provenienza
dell’ulteriore somma necessaria per le spese di acquisto.
7.1. – Il quarto ed il quinto motivo, da scrutinare
congiuntamente in quanto connessi, non possono trovare
accoglimento.
Le ragioni addotte dall’attore, poi appellante, a
fondamento dell’azione revocatoria si incentravano sul fatto
che il denaro utilizzato da Agnesa Torchiano per l’acquisto
di un immobile provenisse dal marito Roberto Monsini,
debitore dello stesso Sellitto, così da configurarsi una
donazione, diretta o indiretta, in pregiudizio delle ragioni
creditorie.
Tuttavia, la Corte territoriale, come già il primo
giudice, ha escluso che fosse stata fornita prova di detta
circostanza, essendo invece emerso dall’istruttoria che il
denaro per l’acquisto era pervenuto alla Torchiano da un
mutuo contratto con il proprio padre e da fondi personali,
9

“donazione diretta o indiretta da Monsini a Torchiano”.

senza che vi fosse “alcuna ragione obiettiva e persuasiva per
superare il dubbio sulla veridicità delle fonti di provvista
indicate dalla stessa Torchiano”.
Sicché, a fronte di siffatta motivazione, che non si
presta ad essere censurata né sotto il profilo
dell’insufficienza, né per intrinseca contraddittorietà, il
ricorrente, ancora una volta, tenta di ottenere,

delibazione del giudice del merito.
5. – Il ricorso va, dunque, rigettato nei confronti del
Monsini e della Torchiano ed il ricorrente condannato al
pagamento, in favore delle medesime parti, delle spese del
presente giudizio di legittimità, come liquidate in
dispositivo.
A

tal riguardo, deve osservarsi che l’ammissione al

patrocinio a spese dello Stato nel processo civile (di cui ha
beneficiato il Sellitto,

ex

art. 74, comma secondo, del

d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115), non vale ad addossare allo
Stato anche le spese che la parte ammessa sia condannata a
pagare all’altra parte, risultata vittoriosa, perche “gli
onorari e le spese” di cui all’art. 131 del citato d.P.R.
sono solo quelli dovuti al difensore della parte assistita
dal beneficio, che lo Stato si impegna ad anticipare (Cass.,
19 giugno 2012, n. 10053; Casa., 11 noveMbre 2013, n. 25295).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
dichiara estinto il giudizio nei soli confronti di
Antonio Rossanigo e Maria Enrica Negri, con compensazione
integrale delle spese del presente giudizio di legittimità
tra le predette parti ed il ricorrente John Charles Sellitto;
rigetta il ricorso nei confronti di Roberto Monsini e
Agnesa Torchiano e condanna il ricorrente Sellitto al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità,
che liquida, in favore del Monsini e della Torchiano, in
solido tra loro, in complessivi euro 3.200,00, di cui euro

lo

inammissibilmente, un nuovo esame dei fatti già oggetto della

200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di
legge.
Così deciso in Roma, nella

Camera di consiglio della

Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in

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