Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13345 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13345 Anno 2015
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 17034-2012 proposto da:
SOCIETA’ PER LA GESTIONE DI ATTIVITA’ – S.G.A. S.P.A.,
cessionaria dei crediti tra BANCO DI NAPOLI SPA e la S.G.A.
S.P.A. e per essa, quale mandataria nonché procuratrice,
INTESA SANPAOLO S.P.A., società incorporante il SANPAOLO IMI
S.P.A., che a sua volta ha incorporato il BANCO DI NAPOLI
S.P.A., in persona della Dott.ssa MONIA TUCCI Quadro
Direttiva, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MICHELE
MERCATI, 42, presso lo studio dell’avvocato CARLO ALFREDO
ROTILI, rappresentato e difeso dall’avvocato ACLESIA ROSARITA
L

9.02 5

93‘

PERRI giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro

LE PERA ALDO e TIRELLI MARIA, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIALE DELLE BELLE ARTI 7, presso lo studio
I

Data pubblicazione: 30/06/2015

dell’avvocato GIUSEPPE AMBROSIO, rappresentati e difesi
dall’avvocato VITTORIO DE FRANCO giusta procura speciale a
margine del controricorso;
– controricorrentí

avverso la sentenza n. 594/2011 della CORTE D’APPELLO di
CATANZARO, depositata il 30/05/2011, R.G.N. 489/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

udito l’Avvocato CARLO ALFREDO ROTILI per delega;
udito l’Avvocato ALESSIO GATTAMELATA per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso per raccoglimento
del terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo motivo e
rigetto del primo motivo.
RITENUTO IN FATTO
l. – Con atto di citazione notificato in data 24
febbraio 1994, il Banco di Napoli, filiale di Catanzaro,
convenne in giudizio i coniugi Aldo Le Pera e Maria Tirchi,
affinché venisse accolta l’azione di simulazione assoluta o,
in subordine, l’azione revocatoria proposte in relazione
all’atto di dazione in pagamento, stipulato tra i convenuti
in data 9 dicembre 1991, a rogito del notaio Stranizzi,
mediante il quale il Le Pera cedette beni immobili di sua
proprietà in favore della moglie.
Dedusse parte attrice che l’anzidetto atto di dazione
era stato simulato in frode alle ragioni creditorie che esso
Banco vantava nei confronti del Le Pera, sia in proprio che
nella qualità di garante della BI.CAR. S.r.l., in forza di
due decreti ingiuntivi emessi il 9 ed il 14 ottobre 1992, per
i rispettivi importi di lire 4.245.942 e di lire 76.970.112,
in base ai quali titoli erano state intraprese
infruttuosamente diverse azioni esecutive.
Si costituirono in giudizio entrambi i convenuti,
chiedendo il rigetto della domanda, sostenendo che la datio
in

so/utum trovasse causa in un finanziamento, per lire
2

del 15/04/2015 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

140.000.000, che la Banca Nazionale del Lavoro di Catanzaro
concesse alla Tirelli, in data 12 aprile 1990, con l’impegno
di destinare tale somma a garanzia della fideiussione
rilasciata dal marito in favore della Autoexpress S.r.l.,
successivamente fallita. La predetta somma venne depositata
su un libretto di deposito al portatore, costituito in pegno,
per lire 135.832.222 e successivamente estinto dalla BNL a

di adempiere il debito contratto nei confronti della moglie,
quantificato in lire 170.000.000, il Le Pera provvide,
dunque, a cedere in pagamento un terreno, con annessi
fabbricati, oltre ad un appartamento e ad un magazzino.
La convenuta Tirchi spiegò, anche, domanda
riconvenzionale, al fine di ottenere il risarcimento dei
danni, quantificati in lire 100.000.000, subiti in
conseguenza della trascrizione dell’atto di citazione.
1.1. – L’adito Tribunale di Catanzaro, con sentenza del
febbraio 2004, accolse la domanda principale del Banco,
dichiarando simulato e, per l’effetto, nullo ed inefficace,
l’atto di dazione in pagamento, con condanna dei convenuti
alla refusione delle spese di lite.
2. – Avverso tale sentenza proponevano gravame il Le
Pera e la Tirelli, deducendo l’erroneità e l’ingiustizia
delle ragioni poste a fondamento dell’accoglimento della
domanda principale di simulazione, assumendo che esse
avrebbero potuto legittimare, semmai, una pronuncia di
declaratoria di revocazione; contestavano, altresì, la
sussistenza dei requisiti per la revocazione dell’atto,
segnatamente il

consíLium fraudis,

atteso che l’atto di

disposizione impugnato era anteriore al credito vantato dal
Banco di Napoli, sorto nell’aprile del 1992, successivamente
alla revoca degli affidamenti bancari concessi al Le Pera,
nella qualità di garante della BI.CAR.
2.1. – Con sentenza resa pubblica il 30 maggio 2011, la
Corte di appello di Catanzaro, nel contraddittorio con Intesa
3

parziale copertura del debito contratto dal Le Pera. Al fine

Sanpaolo S.p.A., quale avente causa di San Paolo IMI S.p.A.,
incorporante il Banco di Napoli S.p.A., accoglieva l’appello
proposto dal Le Pera e dalla Tirelli e rigettava le domande
proposte in primo grado dal Banco di Napoli, con
compensazione delle spese del giudizio.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre la
Società per la Gestione di Società S.G.A. S.p.A. e per essa,

affidando le sorti dell’impugnazione a tre motivi.
Resistono con controricorso Aldo Le Pera e Maria
Tirelli.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Con il primo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art.
360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., nullità della
sentenza, in relazione all’art. 132, n. 2, cod. proc. civ.
Premette la ricorrente che, nelle more del giudizio di
primo grado, il Banco di Napoli cedette il credito vantato
nei confronti del Le Pera alla S.G.A. S.p.A., la quale
costituì come suo mandatario, con atto per notaio Mazzocca
del 31 diceMbre 1996, lo stesso istituto di credito;
successivamente, con atto per notaio Morone del 18 dicembre
2002, il Banco veniva incorporato nella San Paolo Imi S.p.A.,
che, a sua volta, in data 28 dicembre 2006, con atto per
notaio Morone, subiva ulteriore fusione nella Intesa Sanpaolo
S.p.A., la quale assumeva, con atto per notaio Mazzocca del
27 gennaio 2011, la qualità di procuratrice della stessa
S.G.A. S.p.A.
Ciò premesso, la ricorrente deduce che, non essendo
venuta a conoscenza dell’impugnazione, Intesa Sanpaolo S.p.A.
si costituiva in giudizio solo successivamente al rinvio
all’udienza collegiale del 7 luglio 2009, depositando,
contestualmente, comparsa di costituzione e conclusionale in
data 25 giugno 2009; gli appellanti depositavano la propria
conclusionale il 4 novembre 2010, atteso che l’udienza
4

quale mandataria e procuratrice, Intesa Sanpaolo S.p.A.,

collegiale veniva successivamente rinviata al 16 novembre
2010.
La Corte distrettuale avrebbe erroneamente emesso la
sentenza impugnata contro “l’Intesa Sanpaolo spa, quale
avente causa di San Paolo Imi spa, incorporante il Banco di
Napoli spa, in persona del legale rappresentante

pro

tempore”, mentre l’avrebbe dovuta pronunciare contro

procuratrice della SGA spa”. Il giudice di appello sarebbe
incorso nel medesimo errore di identificazione della parte
appellata anche nel dispositivo della sentenza.
Atteso, dunque, che dal contesto della pronuncia non
risulta l’esatta identificazione dell’odierna ricorrente, la
decisione sarebbe inidonea a raggiungere lo scopo cui essa
tende, nei confronti della S.G.A. S.p.A. Di qui, la nullità
della sentenza impugnata, in quanto l’inesattezza non attiene
alla mera omissione di una qualificazione della parte, ma
investe direttamente la titolarità passiva del rapporto
dedotto in giudizio, riconducibile, invero, alla S.G.A.
S.p.A. e non all’Intesa Sanpaolo S.p.A., avendo quest’ultima
agito nel giudizio di secondo grado unicamente nella qualità
di mandataria e procuratrice della S.G.A.
1.1. – Il motivo è infondato.
Il vigente art. 2504-bis cod. civ., introdotto dalla
riforma del diritto societario (d.lgs. 17 gennaio 2003, n.
6), ha natura innovativa e non interpretativa e, pertanto, il
principio, da esso desumibile, per cui la fusione tra società
si risolve in una vicenda meramente evolutivo-modificativa
dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria
identità, pur in un nuovo assetto organizzativo, non vale per
le fusioni (per unione od incorporazione) anteriori
all’entrata in vigore della nuova disciplina (1 gennaio
2004). Queste, tuttavia, pur dando luogo ad un fenomeno
successorio, si diversificano dalla successione mortis causa
perché la modificazione dell’organizzazione societaria
5

“l’Intesa SanPaolo spa, nella qualità di mandataria e

dipende esclusivamente dalla volontà delle società
partecipanti, con la conseguenza che quella che viene meno
non è pregiudicata dalla continuazione di un processo del
quale era perfettamente a conoscenza, così come nessun
pregiudizio subisce la incorporante (o risultante dalla
fusione), che può intervenire nel processo ed impugnare la
decisione sfavorevole. Ed, infatti, mentre nel caso di

pienamente distinti rispetto alla parte originaria deceduta,
nell’incorporazione per fusione, la società incorporata, già
prima della citata novella del 2003, in qualità di partecipe
alla fusione con la società in cui si fonde, non è soggetto
totalmente distinto dalla parte già costituita (Cass., sez.
un., 17 settembre 2010, n. 19698).
Nella specie, come emerge dallo stesso ricorso della
S.G.A. S.p.A. (segnatamente, cfr. pp. 5 e 6 ), il Banco di
Napoli, originario titolare del credito, ceduto alla SGA
S.p.A. – che in precedenza aveva nominato sua mandataria lo
stesso istituto di credito – veniva incorporato nella San
Paolo Imi S.p.A. con atto del dicembre 2002, la quale, a sua
volta, con atto del dicembre 2006, veniva fusa per
incorporazione nella Intesa Sanpaolo S.p.A., procuratrice
della stessa S.G.A.
Ferma restando la inapplicabilità, ratione temporis, del
vigente art. 2504-bis cod. civ., in quanto l’incorporazione
dell’originaria creditrice risale al 18 dicembre 2002, deve,
in ogni caso, ritenersi, in forza dei principi surrichiamati,
che la Intesa Sanpaolo S.p.A. fosse legittimata ad agire nel
processo instaurato dal Banco di Napoli, proprio nella sua
qualità di avente causa della San Paolo Imi, incorporante il
Banco stesso, in quanto soggetto non totalmente distinto
dalla parte già costituita.
Ne consegue che la sentenza impugnata, emessa nei
confronti dell’Intesa Sanpaolo S.p.A. non può dirsi viziata
da nullità, in quanto tale istituto di credito ha agito in
6

persona fisica vi è una successione di soggetti diversi e

giudizio proprio in virtù dell’incorporazione del Banco di
Napoli, cedente il credito azionato in favore della S.G.A.
S.p.A., nella SanPaolo Imi S.p.A., che, a sua volta, si è
fusa nell’Intesa Sanpaolo S.p.A.
Peraltro, ulteriore conforto nel senso che non è
ravvisabile incertezza sulla identità del soggetto cui è
riferibile la sentenza impugnata proviene dalla circostanza

appartiene al medesimo Gruppo Bancario Intesa Sanpaolo S.p.A.
Infine, è privo di consistenza il rilievo sulla mancata
indicazione della qualità di “mandataria e procuratrice”
della Intesa Sanpaolo S.p.A., poiché l’omessa o incompleta
menzione di una determinata qualificazione del soggetto
processuale, nei cui confronti sia stata pronunciata la
decisione, non ha rilevanza ai fini dell’identificazione del
soggetto medesimo, non sorgendo alcuna questione circa la
titolarità del rapporto sostanziale dedotto in giudizio,
trattandosi, in tal caso, di mero errore materiale,
emendabile con la procedura prevista per la correzione degli
errori materiali e non di motivo di nullità (tra le altre,
Cass., 12 dicembre 2008, n. 29264).
2. – Con il secondo mezzo è denunciata, ai sensi
dell’art. 360, coma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione
e falsa applicazione degli artt. 1414 e ss. cod. civ., nonché
dedotto, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5, cod.
proc. civ., vizio di motivazione.
La Corte sarebbe incorsa in errore di diritto e avrebbe,
altresì, omesso di motivare il rigetto della domanda di
simulazione assoluta proposta dall’attrice, per aver negato
la simulazione della dati(‘ in

so/utum

sulla base della sola

circostanza della accertata effettività del rapporto
obbligatorio e della esistenza del credito vantato dalla
Tirelli nei confronti del marito.
Il giudice di secondo grado avrebbe, infatti, valutato
la sola sussistenza del rapporto sottostante alla dazione in
7

per cui la stessa cessionaria del credito, S.G.A. S.p.A.,

pagamento, senza considerare il carattere anomalo dell’atto
dispositivo posto in essere per estinguerlo, né la
sussistenza di un’intesa simulatoria tra le parti, ossia di
un accordo tra le stesse volto a dar vita ad un duplice piano
di regole ed effetti, l’uno da rappresentare all’esterno ai
terzi, l’altro valido nel rapporto interno.
La Corte distrettuale avrebbe, altresì, erroneamente

fini dell’accoglimento dell’azione di simulazione, rilevando
che non fossero sussistenti elementi indiziari idonei a
consentire tale decisione sulla base di elementi presuntivi.
Invero, l’appellata aveva allegato una serie di elementi
indiziari (rapporto di coniugio e relazione di incongruità
tra beni trasferiti e valore del debito da estinguere), che
la Corte avrebbe omesso di considerare, dando invece rilievo
alla inconferente circostanza che il presunto atto simulato
fosse antecedente rispetto alla revoca degli affidamenti,
alle richieste di pagamento e alle azioni esecutive poste in
essere dal Banco di Napoli.
2.1. – Il motivo non può trovare accoglimento.
La Corte distrettuale ha riformato la decisione emessa
dal Tribunale di Catanzaro ritenendo che, ai fini
dell’accoglimento della domanda di simulazione, non fosse
sufficiente l’accertamento circa il carattere astrattamente
pregiudizievole per il creditore dell’atto presuntivamente
simulato, essendo tale condizione, di per sé, idonea solo a
giustificare la legittimazione dell’istituto di credito a
dedurre la simulazione, ai sensi dell’art. 1415 cod. civ., ma
non a dimostrare la sua sussistenza.
Il giudice di secondo grado ha, infatti, rigettato la
domanda di simulazione assoluta non reputando sufficiente la
prova che il debitore volesse sottrarre i beni immobili
ceduti, attraverso la dati° in

so/utum,

alla garanzia

generica delle ragioni creditorie, affermando che, ai fini

8

affermato che difettassero del tutto i requisiti necessari ai

dell’accoglimento della pretesa, fosse necessario dimostrare
il carattere apparente dell’atto asseritamente simulato.
La valutazione della Corte territoriale è conforme in
iure all’orientamento di questa Corte, secondo il quale, ad
integrare gli estremi della simulazione, non è sufficiente la
prova che, attraverso l’alienazione del bene, il debitore
abbia inteso sottrarlo alla garanzia generica dei creditori,

sia stata soltanto apparente, nel senso che né l’alienante
abbia inteso dismettere la titolarità del diritto, né
l’acquirente abbia inteso acquisirla (Cass., 6 ottobre 1994,
n. 8188; Cass., 20 ottobre 2008, n. 25490).
Sicché, il giudice di secondo grado, rilevato che
l’astratto carattere pregiudizievole del negozio solutorio
non fosse sufficiente ad individuare il motivo concreto per
il quale le parti avessero posto in essere il contratto che
si assumeva non voluto e meramente apparente, ha ritenuto
necessario accertare, in concreto, l’effettiva causa
solutoria del negozio, in funzione della sua eventuale
destinazione all’eliminazione o alla riduzione di una
pregressa esposizione passiva. La dimostrazione della
simulandi,

causa

infatti, pur non essendo indispensabile ai fini

della pronuncia di accertamento della simulazione medesima,
assume rilevanza per fornire elementi indiziari circa la
natura simulatoria dell’accordo (Cass., 11 aprile 2006, n.
8428).
Dunque, il rigetto della domanda principale non è
avvenuto, come sostenuto dalla ricorrente, sulla base della
sola circostanza della accertata effettività del rapporto
obbligatorio e, conseguentemente, della esistenza del credito
vantato dalla Tirelli nei confronti del marito, avendo tale
elemento soltanto concorso a fondare la decisione, unitamente
alla valutazione di ulteriori elementi

indiziari

(l’effettività delle operazioni sottese alla dazione; assenza
di valore sospetto circa

beni ceduti in pagamento;
9

ma è necessario provare specificamente che questa alienazione

anteriorità delle operazioni dalle quali traeva origine il
credito della Tirelli rispetto alle azioni esecutive
intraprese dal Banco di Napoli).
Sicché, l’Iter argomentativo esibito dalla sentenza
impugnata non risulta censurabile in questa sede (e,
tantomeno, tramite il diverso, e non consentito,
apprezzamento delle emergenze istruttorie da parte della

assenza di vizi logici, una globale, e non atomistica,
valutazione degli elementi indiziari (cfr. Cass., 28 ottobre
2014, n. 22801), dalla quale, in modo non implausibile, ha
tratto il convincimento secondo cui, a fronte di una
esposizione debitoria da parte del marito nei confronti della
moglie, precedente alle azioni esecutive del Banco e il cui
valore non era da ritenersi eccessivamente superiore rispetto
a quello dei beni ceduti, gli effetti della datio in solutum
dovessero essere considerati come effettivamente voluti dalle
parti, così da escludere che vi fosse un’intesa simulatoria
tra i coniugi, là dove, poi, alla luce della mera allegazione
del carattere astrattamente pregiudizievole dell’atto
solutorio, non era da reputarsi sufficientemente raggiunta la
prova della causa simulandi e del comune intento simulatorio
tra il Le Pera e la Tirelli.
3. – Con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi
dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione
e falsa applicazione dell’art. 2901 cod. civ., nonché
dedotto, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5, cod.
proc. civ., vizio di motivazione.
Sarebbe insufficiente e contraddittoria la motivazione
con la quale la Corte di appello ha disatteso la domanda
revocatoria, proposta in via subordinata.
In particolare, il giudice di secondo grado avrebbe
rigettato tale domanda senza motivare adeguatamente circa il
requisito soggettivo del debitore e del terzo, la cui
consapevolezza del carattere pregiudizievole del negozio è

lo

ricorrente), avendo il giudice del merito effettuato, in

necessaria, essendo la datio in solutum un contratto a titolo
oneroso.
La Corte di appello si sarebbe, quindi, limitata a
valutare, in modo insufficiente, l’atteggiamento psicologico
della Tirelli, in riferimento alla quale veniva esclusa la
consapevolezza del pregiudizio arrecato al creditore.
Quest’ultima valutazione sarebbe, altresì, non conforme ai

legittimità, non ritenendosi necessaria, da parte
dell’acquirente, né la conoscenza specifica del credito per
la cui tutela si agisce, né la collusione tra il terzo e il
debitore. Il pregiudizio patrimoniale andrebbe, infatti,
valutato in re ipsa,

qualora, come nel caso di specie, il

debitore disponga l’alienazione di una pluralità di beni.
Ed ancora, la Corte territoriale avrebbe mancato di
valutare le circostanze presuntive che avrebbero dovuto
fondare il giudizio di sussistenza dell’elemento soggettivo,
ossia la sperequazione tra prezzo e valore di mercato del
bene, nonché il rapporto di coniugio. Anche la circostanza
che la Tirelli già avesse garantito altro debito del marito
avrebbe dovuto indurre la Corte a motivare adeguatamente,
anziché indurla ad escludere che la moglie fosse all’oscuro
del carattere pregiudizievole della dazione del marito.
3.1. – Il motivo è ammissibile e fondato.
3.1.1. – Preliminarmente, va, infatti, disattesa
l’eccezione di inammissibilità sollevata dai controricorrenti
sul presupposto che, avendo il giudice di primo grado accolto
soltanto la domanda di simulazione, la ulteriore e
subordinata domanda di revocatoria ordinaria era da
intendersi rigettata e, dunque, l’Istituto di credito avrebbe
dovuto al riguardo proporre appello incidentale, che invece è
mancato, con conseguente formazione del giudicato sul punto e
impossibilità del giudice di appello di pronunciarsi al
riguardo.
11

principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di

Al di là del rilievo che la domanda di revocatoria

ex

art. 2901 cod. civ. era stata proposta in via subordinata a
quella di simulazione (cfr. p. 9 della sentenza di appello;
nello stesso senso sono anche le deduzioni dei
controricorrenti) e, quindi, l’esame della stessa era,
semmai, da intendersi assorbito dall’accoglimento della
domanda principale (stante la più penetrante tutela offerta

bene nel patrimonio del simulato alienante: tra le molte,
Cass., 5 maggio 2010, n. 10909; sull’assorbimento della
domanda di revocatoria subordinata, cfr. già Cass., 29
novembre 1951, n. 2710), senza necessità, dunque, che fosse
proposto appello incidentale da parte della società attrice
vittoriosa (tra le tante, Cass., 23 aprile 2003, n. 6491;
Cass., 26 aprile 2004, n. 7919), va, in ogni caso,
evidenziato, in modo dirimente, che sono stati gli stessi
appellanti (attuali controricorrenti), soccombenti in primo
grado, ad investire la Corte distrettuale, con specifico
motivo di appello (cfr. p. 5 della sentenza impugnata in
questa sede), dell’esame della domanda di revocatoria ex art.
2901 cod. civ.; sicché, nessun giudicato si è potuto formato
in merito all’azione revocatoria, né il giudice di secondo
grado ha pronunciato extra petita.
3.1.2. – Quanto al fondo del motivo, va osservato che
gli elementi indispensabili, ai fini dell’accoglimento della
domanda revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., sono
individuabili, anzitutto, nel c.d.

consilium graudis,

ossia

nella consapevolezza del debitore circa il pregiudizio che
l’atto di disposizione può cagionare alle ragioni creditorie,
e nel c.d.

eventus

damni, che consiste nella natura

pregiudizievole dell’atto rispetto agli interessi del
creditore; tali elementi sono sufficienti, ai fini della
proponibilità dell’azione pauliana, solo qualora l’atto di
disposizione sia a titolo gratuito, mentre in caso di
alienazione a titolo oneroso, successiva all’insorgenza del
12

dall’azione di simulazione con l’effetto restitutorio del

credito

(come, nella specie,

ritenuto dalla Corte

territoriale – p. 8 della sentenza impugnata – senza che sul
punto vi sia stata specifica impugnazione) è richiesta
un’ulteriore condizione, ossia la c.d.

scientla damni,

consistente nella circostanza che anche il terzo sia
consapevole del pregiudizio alle ragioni del creditore, in
conseguenza del compimento dell’atto dispositivo (Cass., 17

agosto 2011, n. 17327; Cass., 30 dicembre 2014, n. 27546).
Il giudice di merito, nel negare rigettare la domanda
subordinata, una volta disattesa quella principale di
simulazione, si è limitato a valutare l’elemento della
scientia dammi del terzo, concludendo per la sua
insussistenza, senza soffermarsi sull’eventus damni e sul
consilium fraudis del debitore, quali requisiti dell’azione
revocatoria la cui indagine, evidentemente, è stata ritenuta
assorbita dall’accertamento negativo sulla posizione
soggettiva del terzo.
Tuttavia, la motivazione che sorregge detta ultima
statuizione risulta insufficiente e non rispettosa dei
criteri di valutazione della prova presuntiva ai quali il
giudice di appello si sarebbe dovuto ispirare, così da
doversi orientare per un apprezzamento globale (come in
precedenza evidenziato) degli elementi presuntivi.
La Corte territoriale si è, infatti, limitata a
postulare che non sarebbe stato sufficiente a dimostrare la
sussistenza di detto elemento soggettivo in capo al terzo,
coniuge del debitore, l’esistenza del rapporto di coniugio e
la circostanza che la stessa Tirelli avesse in precedenza
garantito altro debito del marito verso diverso Istituto di
credito, senza tuttavia soffermarsi sul dato oggettivo della
consistenza patrimoniale ceduta dal debitore e ponendo
l’accento su elementi dal tenore non univoco proprio nel
senso inteso dallo stesso giudice del merito.
Del resto, questa Corte ha già avuto modo di affermare
che l’intento di sottrarre il bene ai creditori desunto dal

13
/A‘r)

rapporto parentale esistente tra il disponente ed il terzo
costituisce inferenza logica e congrua, laddove tale rapporto
– che di per sé solo può essere più o meno significativo in
relazione al contesto in cui si colloca – si caratterizzi per
la coabitazione tra le medesime parti, riguardi parenti
stretti e non risulti alcun altro motivo oggettivo idoneo a
rendere ragione del trasferimento (Caso., 29 maggio 2013, n.

4. – Vanno, dunque, rigettati i primi due motivi di
ricorso ed accolto il terzo.
La sentenza deve essere cassata in relazione e la causa
rinviata alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa
composizione, che dovrà nuovamente delibare il merito
dell’azione revocatoria ordinaria proposta dall’Istituto di
credito attore, tenendo conto dei rilievi di cui al § 3.1.2.
che precede.
Il giudice del rinvio provvederà anche alla
regolamentazione delle spese del presente giudizio di
legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
rigetta i primi due motivi di ricorso ed accoglie il
terzo;
cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia la
causa alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa
composizione, anche per la regolamentazione delle spese del
presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in

13447); il che vale anche per il rapporto di coniugio.

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