Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13341 del 28/06/2016


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Cassazione civile sez. trib., 28/06/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 28/06/2016), n.13341

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27948/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SCHREURS LOUISA THEODORA MARI, elettivamente domiciliata in ROMA

VIA CARLO POMA 4, presso lo studio dell’avvocato VIRGILIO TERZONI,

rappresentato e difeso dall’avvocato RENZO MERLINI giusta delega in

calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10/2012 della COMM. TRIB. REG. di ANCONA,

depositata il 18/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA

DECISIONE 1. La Commissione Tributaria Regionale delle Marche, con sentenza depositata il 18.4.2012, accoglieva l’appello proposto da S. L.T.M. avverso la sentenza della CTP di Ancona che aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di avviso di liquidazione per revoca dei benefici fiscali concessi per l’acquisto di “prima casa” e divenuto definitivo per mancata impugnazione. La ricorrente sosteneva di aver presentato nei termini per l’impugnazione dell’avviso di liquidazione istanza con adesione ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6 e che l’Ufficio non aveva provveduto a convocare la contribuente. Da ciò sarebbe derivata, secondo la prospettazione della ricorrente, la nullità della cartella di pagamento emessa successivamente. La CTR, nell’accogliere l’appello della contribuente, rilevava che la contribuente aveva presentato ricorso avverso il silenzio-rifiuto opposto all’istanza di accertamento con adesione e che esso non poteva ritenersi compreso nell’avviso di liquidazione, per il che, attraverso l’impugnazione della cartella, era dato impugnare il rifiuto stesso.

2. L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza formulando un unico motivo. Resiste con controricorso la contribuente.

3. Con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 2, in relazione al D.Lgs. n. 218 del 19971, art. 6, D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21. Sostiene la ricorrente che la convocazione per il contraddittorio a seguito di istanza di accertamento con adesione era una facoltà e non un obbligo per l’amministrazione finanziaria e che, a seguito della presentazione dell’istanza stessa, si determinava solamente la proroga del termine di 90 giorni per proporre ricorso, dopodichè il provvedimento impositivo diveniva definitivo. Ne conseguiva che, avendo la contribuente lasciato decorrere il termine senza impugnare l’avviso di liquidazione, esso era divenuto definitivo e la cartella non avrebbe potuto essere impugnata che per vizi propri.

4. Osserva la Corte che il motivo è fondato. Invero va data continuità all’orientamento espresso dalla Corte di legittimità (Sez. U., Sentenza n. 3676 del 17/02/2010; Sez. 5, Sentenza n. 28051 del 30/12/2009) secondo cui, in tema di accertamento con adesione, la presentazione di istanza di definizione da parte del contribuente, ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 6, non comporta l’inefficacia dell’avviso di accertamento, ma solo la sospensione del termine di impugnazione per un periodo di 90 giorni, decorsi i quali, senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, l’accertamento diviene comunque definitivo, in assenza di impugnazione, anche se sia mancata la convocazione del contribuente, che costituisce per l’Ufficio non un obbligo, ma una facoltà, da esercitare in relazione ad una valutazione discrezionale del carattere di decisività degli elementi posti a base dell’accertamento e dell’opportunità di evitare la contestazione giudiziaria.

Ciò posto, non avendo la contribuente impugnato l’avviso di liquidazione entro la scadenza del termine, prorogato di 90 giorni a seguito della presentazione dell’istanza di definizione, l’atto impositivo è divenuto definitivo, con la conseguenza che la cartella avrebbe potuto essere impugnata solo per vizi propri (ex plurimis, Sez. 5, Sentenza n. 8704 del 10/04/2013).

Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, ed il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti in considerazione delle alterne vicende processuali e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali di questo giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2016

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