Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1334 del 22/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/01/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 22/01/2020), n.1334

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30922-2018 proposto da:

D.Y., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

MARCO PAGELLA, GABRIELLA BANDA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 847/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 18/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 03/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO

CAMPESE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 18 aprile 2017, la Corte di appello di Torino dichiarò improcedibile, ex art. 348 c.p.c., il gravame proposto da D.Y. contro la decisione del tribunale di quella stessa città reiettiva della sua domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale o di quella umanitaria.

2. Avverso la descritta sentenza D.Y., preliminarmente chiedendo di essere rimesso in termini per la presente impugnazione, ricorre per cassazione affidandosi ad un motivo, così rubricato: “nullità ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 24 Cost., commi 1 e 2, nonchè all’art. 111 Cost., in riferimento al combinato disposto ex artt. 153 e 348 del codice di rito”. Contestualmente, in relazione al predetto profilo di nullità, prospetta “questione di incostituzionalità dei menzionati artt. 153 e 348 c.p.c., nella parte in cui essi non prevedono l’obbligatorietà della rimessione in termini, comminando, altresì, l’improcedibilità dell’appello, anche nei casi in cui omissione o decadenze non siano da imputare alla parte personalmente bensì a fatto del procuratore dalla medesima designato”.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è inammissibile per una duplice ragione: r) perchè tardivo, essendo stato notificato al Ministero predetto il 28 dicembre 2017, ben oltre il termine semestrale (cd. lungo), ex art. 327 c.p.c., comma 1, – pure maggiorato del periodo di sospensione feriale decorrente dalla pubblicazione della impugnata sentenza, risalente al 18 aprile 2017; ii) per assoluta carenza del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

2. D.Y. ha chiesto la rimessione nei termini per la odierna impugnazione deducendo che la corrispondente decadenza sarebbe avvenuta per causa a lui non imputabile.

2.1. Una tale richiesta, benchè ammissibile anche relativamente all’impugnazione per cassazione (Dott. Cass., SU, n. 32725 del 2018; Cass. n. 30152 del 2018; Cass. n. 23836 del 2012; Cass. n. 22245/2010), non è meritevole di accoglimento (nè, peraltro, eliminerebbe l’ulteriore causa di inammissibilità descritta).

2.2.. Essa, infatti, presuppone comunque una documentata causa non imputabile riferibile ad un evento che presenti il carattere della assolutezza – e non già una impossibilità relativa, nè, tantomeno, una mera difficoltà – e che sia in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza in questione Cass. n. 30152 del 2018; Cass. n. 8216 del 2013).

2.3. Nella specie, invece, il ricorrente ha esclusivamente dichiarato che il suo difensore nel giudizio di appello non aveva proposto il ricorso per cassazione contro la decisione oggi impugnata, nemmeno informandolo di tale condotta. La decadenza processuale è stata, dunque, determinata da mera difficoltà (difetto di tempestiva comunicazione tra il difensore all’epoca e l’interessato), inidonea a giustificare la richiesta rimessione in termini.

2.4. Affatto inammissibile, infine, perchè palesemente priva di rilevanza nell’odierno giudizio alla stregua di quanto finora si è detto, si rivela la prospettata questione di costituzionalità.

3. Non necessita alcuna pronuncia in ordine alle spese del giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (Dott. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017), e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 23535 del 2019 – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2020

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