Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13337 del 26/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 26/05/2017, (ud. 11/05/2017, dep.26/05/2017),  n. 13337

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Presidente –

Dott. DAVIGO Piercamillo – Consigliere –

Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Consigliere –

Dott. APRILE Stefano – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26458-2012 proposto da:

C.E., elettivamente domiciliato in ROMA CORSO TRIESTE 16,

presso lo studio dell’avvocato LUCIANA FORTE, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MATTEO CORNALI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 52/2012 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 05/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/05/2017 dal Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI.

Fatto

MOTIVI DELLA DECISIONE

C.E. ricorre per cassazione avverso la sentenza della CTR di Roma n. 52 del 14/12/2011 che ha dichiarato inammissibile, per mancanza di specifici motivi di doglianza, l’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza della CTP di Roma che aveva accolto parzialmente il suo ricorso avverso l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio aveva accertato maggiori imposte per l’anno 2005, a seguito della rideterminazione sintetica del reddito. Al riguardo, deduce la violazione o falsa applicazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, nonchè la violazione D.P.R. 600 del 1973, art. 38 e l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio, chiedendo in via principale di cassare senza rinvio la sentenza impugnata e, in via subordinata, di cassare il provvedimento con rinvio.

Anche l’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la suddetta sentenza della CTR, avendo la Corte territoriale dichiarato inammissibile anche l’appello incidentale che era stato proposto dall’Ufficio. Deduce la nullità della sentenza per violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360c.p.c., comma 1, n. 4, e ne chiede l’annullamento.

Tanto premesso, entrambi i ricorsi sono infondati.

Invero, in tema di specificità dei motivi di impugnazione nel contenzioso tributario, questa Corte ha più volte affermato che la riproposizione, a supporto dell’appello proposto dal contribuente, delle ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, atteso il carattere devolutivo pieno, nel processo tributario, dell’appello, mezzo quest’ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito (ex multis Cass., Sez. 6-5, ord. N. 1200 del 22/1/2016, Rv. 638624-01).

Tuttavia, nel caso in esame, va evidenziato che la CTP ha accolto parzialmente i motivi di ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento, evidenziando le specifiche rationes che hanno portato a ritenere, in parte, fondate le censure mosse alle complessive pretese avanzate dall’Ufficio. In particolare, si è onerato l’Ufficio di rideterminare il reddito sintetico espungendovi degli incrementi patrimoniali nel senso indicato dal contribuente e rideterminando i costi per il mantenimento della residenza principale e di quella secondaria secondo le risultanze catastali. Avverso tali favorevoli determinazioni, che riducevano ampiamente l’oggetto del contendere per il contribuente, quest’ultimo nell’atto di appello si è limitato a riproporre le argomentazioni di fatto e di diritto poste a fondamento della censura originariamente mossa all’avviso di accertamento, omettendo del tutto di confrontarsi e di confutare nella parte di interesse il fondamento logico giuridico della decisione emanata. Con la conseguenza che l’onere di specificazione dei motivi di impugnazione imposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, non può ritenersi assolto mediante la mera riproposizione delle ragioni poste a fondamento del ricorso svolto in primo grado – adempimento, questo, invece sufficiente allorchè le ragioni del contribuente siano state interamente disattese all’esito del giudizio di primo grado, così conformandosi alle deduzioni contrarie dell’Ufficio – dovendosi, invece, necessariamente confrontare – e fare riferimento – alle motivazioni spese dal giudice di primo grado nella sentenza impugnata per accogliere o respingere in parte dette primarie censure. Altrimenti, si snaturerebbe l’ambito cognitivo del giudizio di gravame, pur sempre volto a controllare la correttezza, anche di merito, della decisione adottata.

Tale principio è, ex adverso, tanto più aderente alla posizione dell’Ufficio, il quale, a fronte di specifiche censure mosse dal giudice di primo grado al proprio operato, si è limitato a riprodurre, in sede di gravame dinanzi alla CTR, le medesime argomentazioni spese a sostegno della legittimità e fondatezza dell’avviso di accertamento emesso.

Vanno, pertanto, rigettati entrambi i ricorsi. La soccombenza reciproca e la natura interpretativa delle questioni sollevate consente di compensare interamente le spese del presente giudizio.

La natura non complessa delle questioni esaminate e l’applicazione di orientamenti giurisprudenziali consolidati consente di redigere la motivazione in forma semplificata.

PQM

 

La Corte rigetta i ricorsi e compensa le spese.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2017

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