Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13337 del 17/06/2011

Cassazione civile sez. III, 17/06/2011, (ud. 06/04/2011, dep. 17/06/2011), n.13337

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10893/2006 proposto da:

G.M. (OMISSIS) (vedova E.D.), in proprio

e quale esercente la potestà sulla figlia minore E.E.

(OMISSIS), unitamente agli altri figli E.G.

A. (OMISSIS) e E.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato TANZARELLA Biagio,

con studio in 74011 CASTELLANETA (TA), Via San Francesco 7, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE BARI/(OMISSIS), (OMISSIS), in

persona

del legale rappresentante pro tempore Direttore Generale Dott.

P.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DORA 1,

presso lo studio dell’avvocato LORIZIO MARIA ATHENA, rappresentato e

difeso dall’avvocato BELLANTUONO Domenico giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 343/2005 della SEZ. DIST. CORTE D’APPELLO di

TARANTO, emessa l’11/11/2005, depositata il 28/12/2005; R.G.N.

172/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

06/04/2011 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito l’Avvocato TANZARELLI BIAGIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Azienda Unità Sanitaria Locale BA/(OMISSIS), con ricorso diretto alla sezione specializzata agraria del Tribunale di Taranto, esponeva di essere proprietaria di un fondo in agro di (OMISSIS) che l’usufruttuaria D.I. aveva concesso in affitto a E. D., con scrittura del 4.10.81; che l’usufrutto si era estinto in data 1.10.95 per morte della usufruttuaria e che il 15.7.2002 era deceduto anche l’affittuario, lasciando come eredi il coniuge G.M. ed i figli E.G.A., E.F. ed E.E. i quali non avevano comunicato se intendessero proseguire la coltivazione del fondo. Pertanto chiedeva il rilascio del fondo, non potendo il rapporto proseguire oltre il quinquennio a far tempo dalla morte dell’usufruttuario ex art. 999 c.c..

Costituitisi gli intimati, chiedevano in via riconvenzionale che fosse determinato il canone legale, nonchè l’indennità per i miglioramenti e la somma loro spettante per la manutenzione dei fondi.

L’adito Tribunale, con sentenza in data 18.10.2004 dichiarava risolto il contratto alla data del 10.11.2000, ordinando il rilascio del fondo e rigettando la riconvenzionale.

Con autonomi appelli proponevano impugnazione gli eredi E. e la Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto nonchè specializzata agraria, con la decisione in esame depositata in data 28.12.2005, rigettava i gravami e confermava quanto statuito in primo grado. Ricorrono per Cassazione G.M., in proprio e quale esercente la potestà sulla figlia minore E.E., E. G. ed E.F. con cinque motivi; resiste con controricorso l’Azienda.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 999 c.c., e mancata applicazione della L. n. 203 del 1982, art. 4 (rinnovo del contratto di affitto per mancata disdetta); si afferma in particolare che detta norma codicistica, per cui le locazioni concluse dall’usufruttuario continuano per la durata stabilita ma non oltre il quinquennio dalla cessazione dell’usufrutto, non è applicabile al caso in esame, essendo il decesso della usufruttuaria avvenuto in data 1.10.95, in applicazione della L. n. 203 del 1982, quel contratto andava a scadere allo spirare del 10.11.96 non già 10.11.2000, come ritenuto dal Tribunale.

Con il secondo motivo si deduce difetto di motivazione “con riferimento alla documentata e riconosciuta accettazione del contratto non disdettato. Mancata applicazione della L. n. 203 del 1982, art. 4. Conclusione di un nuovo contratto di affitto”. Si afferma in proposito che il rinnovo del contratto di affitto in questione non è conseguenza di facta concludendo bensì conseguenza del mancato esercizio del diritto anzi del dovere di disdetta di cui alla L. n. 203 del 1982, art. 4.

Con il terzo motivo si deduce ancora difetto di motivazione in ordine alla domanda riconvenzionale di liquidazione della indennità dei piccoli miglioramenti, eseguiti dall’affittuario con il lavoro proprio e della propria famiglia L. n. 203 del 1982, ex art. 19.

Con il quarto motivo si deduce ancora difetto di motivazione “con riferimento alla mancata ammissione dei mezzi di prova (prova per testi e consulenza tecnica di ufficio)”.

Con il quinto motivo si deduce “mancata applicazione dell’art. 92 c.p.c. in materia di condanna alle spese”.

Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte doglianze.

Quanto al primo motivo si osserva, conformemente a quanto già statuito da questa Corte (tra le altre, Cass. n. 693/2010), ed affermato nella sentenza impugnata con logiche e sufficienti argomentazioni, che l’art. 999 c.c., comma 1, in base al quale le locazioni concluse all’usufruttuario, in corso al tempo della cessazione dell’usufrutto, purchè constino da atto pubblico o da scrittura privata di data certa anteriore, continuano per la durata stabilita, ma non oltre il quinquennio dalla cessazione dell’usufrutto, è norma di carattere speciale rispetto a quelle, di carattere generale, di cui alla L. n. 203 del 1982, artt. 1 e 41, che, prevedendo per i contratti di affitto a coltivatore diretto una diversa durata e l’assenza durata e l’assenza di vincoli formali, non hanno abrogato la norma codicistica; ne consegue che tali contratti, ove stipulati dall’usufruttuario del fondo, sono soggetti, in caso di cessazione dell’usufrutto, al limite di durata quinquennale di cui all’art. 999 c.c., comma 1.

Inammissibile è il secondo motivo: tende infatti a un non consentito riesame della presente sede di legittimità di circostanze di fatto in base alle quali la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante, ai fini della decisione in esame, il mancato inoltro della disdetta, non essendo tra l’altro configurabile nei confronti della Pubblica Amministrazione un rinnovo del contratto per facta concludentia, affermando che “non è configurabile un tacito rinnovo del contratto perchè ciò contravviene al principio secondo cui la volontà di questa deve essere sorretta dalla forma scritta, vi è che la sopravvenuta cessazione ope legis del rapporto ex art. 999 c.c., esclude l’onere di notificare una disdetta per tornare nella disponibilità di un bene la cui detenzione, de jure improrogabile, cessa al termine dell’annata agraria corrispondente al quinto anno successivo alla morte dell’usufruttuario. Nè a far presumere un tacito rinnovo del rapporto (escluso dalla circostanza già sottolineata che il rapporto era de jure cessato) può valere la richiesta avanzata dalla Ausl Ba (OMISSIS) di pagamento dei canoni scaduti”.

Inammissibile è anche il terzo motivo: la domanda avente ad oggetto i piccoli miglioramenti risulta nuova rispetto alla domanda originaria della G. e degli E., e comunque il ricorso sul punto è privo del requisito di autosufficienza.

Altresì inammissibili, infine, sono il quarto e quinto motivo, rientrando l’ammissione dei mezzi di prova nel potere discrezionale del Giudice del merito (e comunque il ricorrente non ha assolutamente evidenziato l’eventuale decisività delle prove non ammesse), ed essendo state le spese oggetto di condanna in base al principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese della presente fase che liquida in complessivi Euro 1.600,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali ed accessorie come per legge.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA