Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13336 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 18/05/2021, (ud. 11/12/2020, dep. 18/05/2021), n.13336

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. ARMONE G.M. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11372-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CANALELLA AUTO SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 219/2011 della COMM. TRIB. REG. SICILIA SEZ.

DIST. di CALTANISSETTA, depositata il 15/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/12/2020 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MARIA ARMONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Palermo sezione di Caltanissetta n. 219/21/11, depositata il 15 marzo 2011, che ha confermato la sentenza di primo grado con cui è stato annullato l’avviso di accertamento emesso dalla stessa Agenzia a carico della Canalella Auto srl e ad essa notificato il 23 dicembre 2005 per l’anno d’imposta 2003, relativo a maggiori imposte IRPEG e IVA, oltre sanzioni;

2. il ricorso è affidato a tre motivi;

3. a seguito di dichiarazione di nullità della originaria notifica, ne è stata disposta la rinnovazione, che è avvenuta regolarmente;

4. la Canalella Auto srl, benchè regolarmente intimata, non si è costituita.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o la falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, e della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3;

2. il motivo è fondato;

3. la CTR, dopo aver affermato in termini generali che l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di notificare gli atti su cui si fonda il proprio accertamento, ivi compresi quelli relativi alle verifiche operate nei confronti dei soggetti terzi, ha specificato che nel caso sottoposto alla sua attenzione “l’Ufficio non ha allegato all’avviso di accertamento impugnato, nè riprodotto nel contenuto essenziale, l’informativa dell’Ufficio Antifrode Centrale dell’Agenzia delle Dogane, nè gli accertamenti eseguiti nei confronti della Mediacars Ltd”;

4. l’Agenzia ricorrente ha tuttavia riprodotto nel corpo del ricorso per cassazione alcuni passaggi dell’avviso di accertamento, da cui si ricava che l’Ufficio con tale atto non solo ha richiamato la verifica operata dall’Ufficio delle Dogane di (OMISSIS) presso la sede della Canalella Auto, ma ha anche portato a conoscenza di quest’ultima gli esiti essenziali delle verifiche compiute presso la società Mediacars Ltd, ossia della società che ha emesso fatture nei confronti della contribuente;

5. in tal modo, l’Agenzia ricorrente, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, ha dimostrato come la CTR abbia falsamente applicato la L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, non essendosi attenuta al costante orientamento della S.C., secondo cui tale norma “consente di assolvere all’obbligo di motivazione degli atti tributari anche “per relationem”, cioè mediante il riferimento a elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, ossia l’insieme di quelle parti dell’atto o del documento necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato” (Cass. 23/02/2018, n. 4396, Cass. 11/04/2017, n. 9323);

6. con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o la falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, comma 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 6, comma 6, e del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 5-bis;

7. in particolare, la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’indebita doppia detrazione IVA, operata dalla società contribuente a seguito della doppia annotazione di fatture ricevute dalla società venditrice, fosse non punibile ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5-bis, in quanto la stessa società contribuente avrebbe provveduto a una tempestiva rettifica l’anno successivo;

8. il motivo è fondato;

9. affinchè la violazione tributaria rivesta carattere formale e sia possibile applicare l’esimente del citato art. 6, comma 5-bis, è necessario il ricorrere di due concorrenti requisiti, ovvero quello di non arrecare pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e, al contempo, di non incidere sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo (Cass. 17/07/2019, n. 19185; Cass. 30/10/2018, n. 27598);

10. tale non incidenza deve essere apprezzabile in sè e non sulla base di comportamenti successivi del contribuente, ancorchè tesi a porre rimedio a errori o omissioni che lo stesso abbia commesso;

11. nella specie, invece, la violazione, consistita nell’annotare una duplice detrazione IVA per il medesimo acquisto, ha certamente inciso sulla determinazione della base imponibile e sul versamento del tributo, tanto che la società contribuente, per il periodo d’imposta chiusosi il 31/12/2003, ha potuto usufruire di una doppia indebita detrazione, restando dunque irrilevante, rispetto all’applicazione della sanzione, che l’anno successivo la stessa contribuente abbia incrementato l’IVA a debito per un importo lordo corrispondente a quello dell’IVA indebitamente detratta l’anno precedente;

12. con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, l’omessa pronuncia e la conseguente violazione dell’art. 112 c.p.c., su alcuni dei motivi d’appello proposti dall’Agenzia nel giudizio d’appello, che la CTR avrebbe incongruamente considerato assorbiti;

13. anche tale motivo è fondato;

14. la CTR ha ritenuto assorbiti i motivi d’appello che attenevano a violazioni che, pur contestate con il medesimo atto di accertamento, erano in realtà autonome rispetto a quelle su cui la CTR si è pronunciata;

15. in particolare, le violazioni che, secondo l’originario p.v.c. sarebbero consistite nell’indebita deduzione di costi e nell’omessa contabilizzazione di ricavi, hanno carattere autonomo rispetto a quelle concernenti il recupero dell’IVA;

16. la sentenza impugnata deve dunque dirsi affetta anche dal vizio di omessa pronuncia su una parte della domanda;

17. ne segue l’annullamento della sentenza e il rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

 

 

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