Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13335 del 29/05/2013
Civile Ord. Sez. 6 Num. 13335 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: DE CHIARA CARLO
ORDINANZA
sul ricorso 12163-2011 proposto da:
CLEMENTI GIANCARLO CLMGCR59B09H2110, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CONCA D’ORO 184/190, presso lo
studio dell’avvocato DISCEPOLO MAURIZIO, che lo rappresenta e
difende giusta mandato sp e ciale a margine del ricorso;
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0- 1-
– ricorrente –
contro
BUSCO ROBERTO BRCRRT48T06E690M, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA BENACO 5, presso lo studio
dell’avvocato MORABITO MARIA CHIARA, rappresentato e difeso
dall’avvocato BELVE ,LI MASSIMO giusta delega in calce al
controricorso;
– controricorrente –
Data pubblicazione: 29/05/2013
avverso la sentenza n. 209/2010 della CORTE D’APPELLO di
ANCONA del 4/02/2010, depositata il 13/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/02/2013 dal Consigliere Relatore Dott CARLO DE CHIARA;
udito l’Avvocato Perucca Diego (delega avvocato Discepolo Maurizio)
raccoglimento;
è presente il P.G. in persona del Dott. IMMACOLATA ZENO che
nulla osserva.
PREMESSO
che nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. si legge quanto
segue:
<<1. — Il sig. Giancarlo Clementi, dichiarato fallito quale socio
accomandatario della GE.AL . di Giancarlo Clementi & C. s.a.s.
unitamente alla società, dopo la chiusura del fallimento convenne
davanti al Tribunale di Ancona il sig. Roberto Busco, chiedendo il
risarcimento del danno per violazione da parte del convenuto del
dovere di correttezza e buona fede, ai sensi dell'art. 1337 c.c., nelle
trattative riguardanti la cessione dell'azienda della società poi fallita.
Il Tribunale dichiarò inammissibile la domanda per difetto di
legittimazione attiva, avendo il Clementi azionato in proprio un diritto
spettante invece, sulla base della sua stessa prospettazione, alla società
come amministratore della quale egli aveva svolto le trattative.
La Corte d'appello di Ancona ha poi dichiarato inammissibile il
gravame del soccombente perché non era stata censurata l'effettiva
ratio — appena indicata — della decisione impugnata, essendosi
l'appellante limitato ad affermare il riacquisto della propria
legittimazione ad agire per far valere i propri diritti a seguito della
chiusura del fallimento; il che, per quanto esatto, non era tuttavia
Ric. 2011 n. 12163 sez. M1 - ud. 05-02-2013
-2- difensore del ricorrente che si riporta al ricorso ed insiste per pertinente.
Il sig. Clementi ha quindi proposto ricorso per cassazione per
un solo motivo, cui ha resistito con controricorso il sig. Busco. 2. —
L'unico motivo di ricorso è inammissibile.
Il ricorrente insiste nel dedurre che la chiusura del fallimento giudizio i diritti della società da parte del socio accomandatario già
dichiarato fallito unitamente alla società stessa, e, quanto allo specifico
rilievo che l'atto di appello non era pertinente alla decisione di primo
grado, osserva: "Da una attenta lettura della narrativa dell'atto di
appello invece si rinviene come specifico motivo di censura proprio la
legittimazione ad agire del sig. Clementi. E' stato infatti ribadito che la
chiusura del fallimento comporta la cessazione della legittimazione
processuale del curatore ed il riacquisto della legittimazione medesima
da parte del debitore". Con ciò egli mostra di non aver compreso che
la Corte d'appello ha appunto rilevato la non pertinenza del tema del
riacquisto della legittimazione processuale del fallito, a seguito della
chiusura del fallimento, alla ratio della decisione di primo grado,
consistente invece nel difetto di legitimatio ad causam spettando alla
società — e non all'attore, che aveva invece agito in proprio — il diritto
azionato.»;
CONSIDERATO
che detta relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. e
notificata agli avvocati delle parti;
che l'avvocato della parte ricorrente ha presentato memoria;
che il Collegio condivide quanto osservato nella relazione sopra
trascritta, non superato dalle considerazioni svolte nelle memoria di
parte ricorrente;
che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile;
Ric. 2011 n. 12163 sez. M1 - ud. 05-02-2013
-3- determina il riacquisto della legittimazione ad agire per far valere in che le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono
la soccombenza;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente
alle spese processuali, liquidate in C 7.200,00, di cui C 7.000,00 per Così deciso in Roma il 5 febbraio 013. compensi di avvocato, oltre accessori di legge.