Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13331 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 18/05/2021, (ud. 18/11/2020, dep. 18/05/2021), n.13331

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta M.C. – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15567-2013 proposto da:

T.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO

91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA SONIA VULCANO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA FISCALE – AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 28/2012 della COMM. TRIB. REG. PIEMONTE,

depositata il 09/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/11/2020 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

Il contribuente T.M. ricorre contro la sentenza della CTR del Piemonte con cui è stato respinto il suo appello contro la sentenza della CTP di Torino che ha dichiarato inammissibile il suo ricorso contro il diniego di accertamento con adesione, in quanto atto non impugnabile.

L’accertamento nei suoi confronti era la conseguenza del precedente atto di attribuzione di maggiori redditi alla Monviso s.a.s., di cui egli era socio. La società aveva definito il procedimento con adesione, ed anche il socio, una volta ricevuto l’avviso di accertamento relativo all’attribuzione dei redditi per trasparenza, aveva formulato la medesima istanza, che l’ufficio aveva respinto, in quanto l’entità dei maggiori redditi – per la società, ma, di conseguenza, anche per i soci – era stata definita nel procedimento relativo alla prima.

Ricorre, quindi, per l’annullamento della sentenza della CTR sulla base di quattro motivi.

Si costituisce l’ufficio con controricorso.

Il contribuente ha, successivamente, depositato atto di rinuncia al ricorso dell’11.11.2019.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo il contribuente deduce violazione e mancata applicazione della Delib. dell’Agenzia delle Entrate 13 dicembre 2000, n. 6, art. 13, violazione e mancata applicazione della Delib. 30 novembre 2004, n. 4, art. 5, comma 3, e art. 7, comma 1, violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 17, comma 1-bis; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11, comma 1; denunzia ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5,

Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 1, violazione e mancata applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 1, denunzia ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 6, comma 3, e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21 comma 1, violazione e mancata applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 1, denunzia ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Con il quarto motivo deduce violazione e mancata applicazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1, denunzia ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Preliminarmente, osserva il collegio che in causa è intervenuta la rinuncia al ricorso da parte del ricorrente contribuente.

Per quanto emerge in atti, la rinuncia non risulta nè notificata alla controparte, e tanto meno accettata.

Vi è solo la dichiarazione sottoscritta dalla parte con firma autenticata dal difensore.

In tale situazione, questa Corte (sez. V, n. 10140 del 2020) ha affermato che:

in assenza dei requisiti prescritti dall’art. 390 c.p.c., l’atto di rinuncia non è idoneo a determinare l’estinzione del processo e comporta una declaratoria di inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse alla decisione (Cass. SU, 18/02/2010, n. 3876, Rv. 611473 – 01; Cass. sez. 3, 31/01/2013, n. 2259, Rv. 625136 – 01; Cass., sez. 3, 21/06/2016, n. 12743, Rv. 640420 – 01; Cass. sez. 6-5, 7/06/2018, n. 14782, Rv. 649019 – 01;), per contro, il rispetto delle formalità previste dall’art. 390 c.p.c., è condizione sufficiente per dichiarare la estinzione, essendo inapplicabile al giudizio di legittimità la prescrizione dell’art. 306 c.p.c., comma 1, (secondo cui “il processo si estingue per rinuncia agli atti del giudizio quando questa è accettata dalle parti costituite che potrebbero aver interesse alla prosecuzione”), con la conseguenza che la rinunzia al ricorso per cassazione non deve essere necessariamente accettata dalle controparti (Civile Sent. Sez. 5 n. 28538 Anno 2019). La rinunzia al ricorso per cassazione, infatti, non ha carattere c.d. accettizio (che richiede, cioè, l’accettazione della controparte per essere produttivo di effetti processuali) ed inoltre, determinando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, comporta il conseguente venir meno dell’interesse a contrastare l’impugnazione; rimane comunque salva la condanna del rinunciante alle spese del giudizio (Cfr. Cass., sez. 3, 18/09/2008, n. 23840, Rv. 604627 – 01; Cass., sez. 6-L, 26/02/2015 n. 3971, Rv. 634622 01).

Non risultando la dichiarazione di rinuncia almeno notificata, non si può dichiarare l’estinzione, mancando i requisiti dell’art. 390 c.p.c.; tuttavia, tale dichiarazione esprime in maniera chiara che il ricorrente non intende più coltivare il ricorso, per cui lo stesso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Occorre, però, provvedere sulle spese del presente giudizio, atteso che la rinuncia è stata compiuta dal ricorrente.

Ritiene il collegio che, sulla base del principio di soccombenza virtuale, esse debbano essere addebitate al ricorrente. Sulla questione principale, l’impugnabilità autonoma del diniego di accertamento con adesione, infatti, la sentenza impugnata è corretta ed il ricorso non sarebbe stato accoglibile.

Non esiste un diritto del contribuente alla conclusione positiva del procedimento di accertamento con adesione, e la pretesa impositiva può essere impugnata con l’avviso di accertamento che continua a restare vivo dopo il diniego dell’adesione.

Neppure condivisibile è quanto il contribuente afferma in fondo a pag. 15 del ricorso, e cioè che la mancata impugnazione del diniego di adesione renderebbe non più impugnabile l’avviso di accertamento perchè ormai sono trascorsi i 60 giorni, e non ha operato la sospensione per l’accertamento con adesione perchè esso è stato respinto. Con l’istanza per adesione, il termine per impugnare l’accertamento è sospeso, indipendentemente dal fatto che poi si arrivi o meno alla conclusione positiva di tale procedimento.

Le spese sono, quindi, a carico del ricorrente rinunciante. Atteso che il valore della causa è da ritenersi indeterminabile, si liquidano in Euro 3.000, oltre spese prenotate a debito.

Quanto al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, questa Corte ha affermato che tale misura si applica solo ai casi di rigetto dell’impugnazione o inammisisbilità, ma originaria e non sopravvenuta (sez. V, ord. n. 31732 del 2018), trattandosi di misura eccezionale, lato sensu sanzionatoria, di stretta interpretazione e non suscettibile di interpretazione analogica od estensiva (sez. V, n. 26194 del 2020).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 3.000, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

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