Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13330 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13330 Anno 2015
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: ROSSETTI MARCO

SENTENZA
sul ricorso 10287-2012 proposto da:
EUROPEA EDIZIONI SPA 01790590150 in persona del
proprio legale rappresentante pro tempore, CERVI
MARIO, VENTURA MARCO, elettivamente domiciliati in
ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 21, presso lo studio
dell’avvocato LUCA LO GIUDICE, che li rappresenta e
difende giusta procura speciale a margine del
ricorso;
– nicorrenti contro

CASELLI GIAN CARLO, GRAUSO NICOLA;

1

Data pubblicazione: 30/06/2015

- intimati –

avverso la sentenza n. 579/2011 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 01/03/2011, R.G.N.
4793/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

ROSSETTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

2

udienza del 26/03/2015 dal Consigliere Dott. MARCO

R.G.N. 10287/12
Udienza del 26 marzo 2015

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L11.8.1998 il magistrato Luigi Lombardini, dopo essere stato interrogato
da magistrati della Procura della Repubblica di Palermo, dai quali era
indagato per presunti reati commessi nell’ambito delle indagini da lui dirette
e relative ad un sequestro di persona, si tolse la vita.

s.p.a., e diretto da Mario Cervi, pubblicò un articolo a firma di Marco
Ventura, dal titolo “Li denuncerò per omicidio”, nel quale si dava conto delle
dichiarazioni rese dall’imprenditore Nicola Grauso in una conferenza stampa,
e relative al suicidio del magistrato Luigi Lombardini.

2. Nel 2001 Giancarlo Caselli, all’epoca dei fatti Procuratore della Repubblica
di Palermo e coordinatore delle indagini a carico di Luigi Lombardini,
convenne dinanzi al Tribunale di Milano Nicola Grauso, Mario Cervi, Marco
Ventura e la Società Europea di Edizioni, allegando che il suddetto articolo
aveva contenuto offensivo e diffamatorio, e chiedendone la condanna in
solido al risarcimento del danno.

3. Tutti i convenuti si costituirono negando la propria responsabilità ed
invocando l’esercizio legittimo del diritto di cronaca e di critica.
Con sentenza 26.2.2005 n. 2863 il Tribunale di Milano accolse la domanda
nei confronti del solo Nicola Grauso.
La sentenza venne appellata da Giancarlo Caselli.
La Corte d’appello di Milano, con sentenza 1°.3.2011 n. 579, accolse il
gravame e accolse la domanda attorea nei confronti di tutti i convenuti.

6. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da Mario Cervi,
Marco Ventura e dalla Società Europea di Edizioni, sulla base di due motivi.
Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Questione preliminare.
1.1. Preliminarmente deve rilevarsi come la notifica del ricorso non sia
andata a buon fine nei confronti di Nicola Grauso.

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Il 13.8.1998 il quotidiano Il Giornale, edito dalla Società Europea di Edizioni

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Udienza del 26 marzo 2015

1.2. E’ pacifico nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui
quando la notificazione di un atto processuale, da effettuare entro un
termine perentorio, non si perfezioni per circostanze non imputabili al
richiedente, questi ha l’onere di chiedere all’ufficiale giudiziario la c.d.

perentorio, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di
attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia
intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i
tempi necessari, secondo la comune diligenza, per conoscere l’esito
negativo della notificazione e assumere le informazioni del caso.
Tale conclusione è imposta dal principio della ragionevole durata del
processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale per
rinnovare una notificazione comporterebbe un allungamento dei tempi dei
giudizio (ex multis, Sez. L, Sentenza n. 20830 del 11/09/2013, Rv.
627938; Sez. L, Sentenza n. 21154 del 13/10/2010, Rv. 615083; e
soprattutto Sez. U, Sentenza n. 17352 del 24/07/2009, Rv. 609264; Sez. 5,
Sentenza n. 6547 del 12/03/2008, Rv. 602726).

1.3. Nel caso di specie, la notificazione del ricorso a Nicola Grauso venne
richiesta sin dal 16.4.2012, sicché i ricorrenti ed il loro difensore, con l’uso
dell’ordinaria diligenza, avrebbero avuto ogni agio di reiterarla.
Escluso dunque che questa Corte possa fissare alcun termine per rinnovare
la notificazione, ne segue l’inammissibilità del ricorso nei confronti di Nicola
Grauso, per difetto assoluto di notifica.

2. Il primo motivo di ricorso.
2.1. Col primo motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che la sentenza
impugnata sarebbe affetta sia da una violazione di legge, ai sensi all’art.
360, n. 3, c.p.c. (si assumono violati gli artt. 21 cost.; 51, 595, 57 c.p.;
2043 c.c.); sia da un vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c..
Espongono, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere
insussistente la scriminante del diritto di cronaca.

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“ripresa del procedimento notificatorio” e, ai fini del rispetto del termine

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Udienza del 26 marzo 2015

Ciò sotto vari profili;
(a) l’articolo che si assume offensivo si era limitato a riportare le opinioni
altrui, indicando correttamente la fonte e riferendo in modo imparziale;
(b)

il giornalista non può essere chiamato a rispondere dell’eventuale

diffamazione commessa dall’intervistato;

coinvolto Luigi Lombardini era di ovvia rilevanza per la pubblica opinione, ed
il giornalista aveva il dovere i dare conto delle opinioni dell’intervistato;
(d)

il giornalista non aveva ingenerato alcun dubbio nel lettore circa la

attribuibilità al solo intervistato delle dichiarazioni da questo rilasciate, né le
stesse – che vengono singolarmente analizzate dai ricorrenti – potevano
ritenersi offensive nei riguardi di Giancarlo Caselli.

2.2. Il motivo è inammissibile.
Per quanto attiene il profilo della violazione di legge, è evidente che stabilire
se una intervista sia o meno diffamatoria, superi o meno il limite della
continenza verbale, sia o meno suggestiva o decettiva, sono altrettanti
accertamenti di fatto, rispetto ai quali non è concepibile un error iuris. Né,
ovviamente, la Corte d’appello ha mai negato l’esistenza del diritto di critica
e la sua efficacia scriminante.

2.3. Per quanto attiene il lamentato vizio di motivazione, è necessario
premettere che esso può sussistere solo quando nel ragionamento del
giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti
decisivi della controversia, ovvero un insanabile contrasto tra le
argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del
procedimento logico giuridico posto a base della decisione.
E’ altresì noto che il giudice di merito al fine di adempiere all’obbligo della
motivazione non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze
processuali e a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, ma
è invece sufficiente che, dopo avere vagliato le une e le altre nel loro
complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio
convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi

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(c) il ruolo svolto dall’intervistato nell’ambito delle indagini che vedevano

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e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono
logicamente incompatibili con la decisione adottata.
E’, infine, noto che la Corte di Cassazione non ha il potere di riesaminare e
valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo
logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del

Da questi princìpi pacifici discende che non può chiedersi al giudice di
legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella
adottata dal giudice di merito. Il sindacato della Corte è limitato a valutare
se la motivazione adottata dal giudice di merito sia esistente, coerente e
consequenziale: accertati tali requisiti, nulla rileva che le prove raccolte si
sarebbero potute teoricamente valutare in altro modo.

2.4. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha dedicato al problema del
legittimo esercizio del diritto di cronaca le pp. 17-21 della sentenza
impugnata; ha ritenuto che alcune parti dell’articolo non fossero affatto
asettiche, ma presentavano al lettore le affermazioni dell’intervistato come
attendibili e sostanzialmente vere; ha ritenuto che l’articolo non potesse
essere equiparato ad una intervista, perché aveva ad oggetto dichiarazioni
rese in una conferenza stampa.
Una motivazione, dunque, esiste; non è contraddittoria, e non può
nemmeno ritenersi manifestamente illogica.
Stabilire, poi, se la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito fosse
l’unica consentita dalle prove raccolte è questione che esula dal perimetro
dei poteri di questa Corte.

3. Il secondo motivo di ricorso.
3.1. Col secondo motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che la sentenza
impugnata sarebbe affetta da una violazione di legge, ai sensi all’art. 360, n.
3, c.p.c..
Si assume violato l’art. 2055 c.c..
Espongono, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe errato nel
condannare tutti i convenuti in solido, nonostante l’autonomia delle

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giudice del merito.

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Udienza del 26 marzo 2015

rispettive condotte: Nicola Grauso, infatti, era il solo che aveva reso le
dichiarazioni diffamatorie, mentre il giornalista, l’editore ed il direttore della
testata si erano limitati a darne conto al pubblico dei lettori.
Ritengono, per contro, i ricorrenti che la condanna non poteva essere
pronunciata in solido; e che la misura del risarcimento posta a carico dei

3.2. Il motivo è infondato.
Tra i corresponsabili di un danno sussiste sempre responsabilità solidale e
paritaria, a nulla rilevando che ciascuno di essi abbia contribuito al
verificarsi dell’evento dannoso finale rendendosi inadempiente ad obblighi
scaturiti da fonti diverse (Sez. 2, Sentenza n. 7404 del 11/05/2012, Rv.
622526; Sez. 3, Sentenza n. 24002 del 16/11/2011, Rv, 620304; Sez. 3,
Sentenza n. 25157 del 14/10/2008, Rv. 605481, tra le tante).

4. Le spese.
L’indefensio degli intimati rende superfluo provvedere sulle spese.
P.q.m.
la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:
-) rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile
della Corte di cassazione, addì 26 marzo 2015.

vari convenuti doveva essere diversificata.

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