Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13330 del 29/05/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 13330 Anno 2013
Presidente: DI BLASI ANTONINO
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA

Data pubblicazione: 29/05/2013

SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 7456 del ruolo generale
dell’anno 2008, proposto
da
Isidehs s.r.l. in liquidazione, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta
mandato a margine del ricorso, dall’avv. Giuseppe Tinelli,
presso lo studio del crale in Roma, alla via delle Quattro
Fontane, numero 15, elettivamente domicilia
ricorrente contro
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro
tempore, domiciliato ope legis in Roma, alla via dei
Portoghesi, n. 12, presso l’avvocatura dello Stato
resistente

RG n. 7456/2008

Angelin

Mari Pe

no estensore

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per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del
Lazio, sezione 2°, depositata in data 30 gennaio 2007, numero 230/2/2006;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 7 maggio 2013
dal consigliere Angelina-Maria Penino;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale
Tommaso Basile, che ha concluso per il rigetto del ricorso

Fatto
La s.r.l. Isidhes ricevette la notifica di un avviso di rettifica IVA in base ad
un processo verbale di constatazione, che aveva contestato l’irregolare tenuta
della contabilità, la violazione dell’obbligo di fatturazione e l’infedele
presentazione della dichiarazione IVA.
La società impugnò l’avviso eccependone la tardività di notifica e
rimarcando, nel merito, di essersi avvalsa, per gli anni dal 1988 al 1996, della
sanatoria per le infrazioni formali contemplate dall’articolo 19bis del decreto
legge 23 febbraio 1995, numero 41, convertito dalla legge 23 marzo 1995,
numero 85.
La commissione tributaria provinciale dichiarò cessata la materia del
contendere reputando che le violazioni contestate alla contribuente rientrassero
nel novero delle violazioni formali previste dal suddetto articolo

19bis del

decreto legge numero 41 del 1995, come convertito.
A seguito di appello dell’ufficio, la commissione tributaria regionale ha
affermato la legittimità dell’avviso di rettifica, escludendo che tutti i rilievi posti
a fondamento dell’avviso rientrassero nel novero delle violazioni formali, in
quanto:
-le prestazioni fornite dalla società non erano da qualificare come esenti da
IVA;
-in relazione ad alcuni beni materiali iscritti nel registro dei beni
ammortizzabili la contribuente non era stata in grado di esibire fatture o altra
documentazione probatoria concernente la perdita di possesso;
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Angelina-

no estensore

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-inappagante era la spiegazione fornita dalla società in ordine alla
fatturazione degli utili distribuiti nell’anno 1994.
Ricorre la contribuente per ottenere la cassazione della sentenza, affidando il
ricorso a quattro motivi.
L’Agenzia delle entrate non spiega difese.
Diritto

Col primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la nullità della

1.

sentenza ex articolo 112 c.p.c., in quanto la commissione tributaria regionale
non si è pronunciata sull’eccezione, ritualmente proposta, di tardività della
notifica dell’avviso di rettifica, avvenuta il 31 gennaio 2000, invece che entro il
31 dicembre 1999.
1.1. 11 motivo è infondato.

Questa Corte ha già avuto occasione di rimarcare che, ad integrare gli
estremi del vizio di omessa pronuncia, non basta la mancanza di un’espressa
statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il
provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò
non si verifica quando la decisione adottata comporti, come nel caso in esame, la
reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una
specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto
quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato
risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (vedi,
fra molte, Cass. 4 ottobre 2011, n. 20311).
1.2.-In particolare, si è precisato (Cass. 14 marzo 2006, n. 5444), la
differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’articolo 112 c.p.c. e l’omessa
motivazione su un punto decisivo della controversia di cui al numero 5, articolo
360 c.p.c. si coglie nel senso che nella prima l’omesso esame concerne
direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel
caso del motivo d’appello, uno dei fatti costituitivi della «domanda» di appello),
là dove, nel caso dell’omessa motivazione, l’attività di esame del giudice che si
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Angelina-M

o estensore

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assume omessa non concerne la domanda o l’eccezione direttamente, bensì una
circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione
su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi su uno dei
fatti principali della controversia.
1.3.-E, nel nostro caso, è indubbio che si verte nella seconda ipotesi, giacché
l’eccepita tardività della notifica dell’avviso di rettifica investe direttamente il

fatto principale della controversia.
2.-Col secondo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, 1° comma,
numero 3, c.p.c., la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione
dell’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,
numero 633, in quanto la Commissione tributaria regionale, pur dando atto in
narrativa dell’avvenuta proposizione dell’eccezione sin dal ricorso introduttivo,
non ha poi delibato e dichiarato la tardività della notifica dell’avviso di rettifica,
intervenuta nel gennaio 2000, ma riferita all’anno d’imposta 1994.
2. /.-Sul punto, la Corte ha già chiarito che l’articolo 57 del decreto del
Presidente della Repubblica numero 633 del 1972, nel disporre che <

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