Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13330 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 18/05/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 18/05/2021), n.13330

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24989/2014 proposto da

EDIL CALCESTRUZZI s.r.l., (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rapp.te p.t., rapp.to e difeso per procura a margine del ricorso

dall’avv. Claudio Preziosi, elettivamente domiciliati presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore

p.t., rapp.ta e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

elettivamente domiciliata in Roma, alla v. dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3855 depositata in data 15 aprile 2014 della

Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di

Salerno;

al quale è stato riunito il ricorso n. 550/2014 proposto da:

EDIL CALCESTRUZZI s.r.l., (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rapp.te p.t., rapp.to e difeso per procura a margine del ricorso

dall’avv. Claudio Preziosi, elettivamente domiciliati presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore

p.t., rapp.ta e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

elettivamente domiciliata in Roma, alla v. dei Portoghesi n. 12;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4383 depositata in data 8 maggio 2014 della

Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di

Salerno;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 5 novembre 2020 dal relatore Dott. Aldo Ceniccola;

letta la requisitoria del P.G., depositata in data 12 ottobre 2020 in

relazione al procedimento R.G. 24989/14 che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 3855 depositata il 15.4.2014 la Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, accoglieva parzialmente l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Avellino, respingendo quello incidentale proposto dal contribuente.

Il contenzioso aveva tratto origine dall’impugnazione proposta avverso l’avviso di accertamento emesso nei confronti della Edil Calcestruzzi s.r.l. con il quale l’Ufficio aveva riscontrato costi non documentati, costi non inerenti, costi relativi ad operazioni inesistenti e ricavi non dichiarati, per un ammontare complessivo di Euro 1.612.595,97, con conseguenti maggiori imposte pari ad Euro 443.463 per Ires, Euro 78.081 per Irap, Euro 240.701 per Iva e sanzioni per Euro 665.194,50.

Osservava la CTR che le argomentazioni esposte dall’Agenzia delle entrate aventi ad oggetto la contraddittorietà ed erroneità della sentenza di primo grado erano parzialmente fondate, in quanto il giudice di prime cure, pur riconoscendo in linea assoluta la legittimità dell’operato dell’Ufficio, senza alcun elemento di riferimento e/o giustificativo aveva ritenuto ragionevole ed equo il riconoscimento dei costi dichiarati dal contribuente nella misura del 30% di quelli accertati. Per quanto ancora rileva in questa sede, la CTR rilevava inoltre che le schede carburante, in relazione alle quali l’obbligo di conservazione derivava dalla natura di documento contabile, erano prive degli elementi fondamentali prescritti dal D.P.R. 10 novembre 1997, n. 444, quali l’indicazione e la sigla della ditta erogante, la data della fornitura e l’intestazione del bene mobile registrato, tutti elementi indispensabili ai fini della validità del documento di spesa e non presenti, invece, nelle schede prodotte.

Osservava inoltre che anche in sede di appello non risultata essere stato prodotto alcun elemento a supporto delle argomentazioni difensive in merito ai costi non documentati, non inerenti e relativi ad operazioni inesistenti, non riconosciuti dall’Ufficio: la tesi difensiva avente ad oggetto le violazioni del codice della strada quanto ai limiti di velocità, al lavoro straordinario e quindi all’enorme consumo di carburante in merito ai lavori oggetto del contratto, non poteva servire a contrastare le determinazioni dell’Ufficio, in assenza di una documentazione giustificativa, dotata di data certa, e non meramente ricostruttiva, come quella rappresentata dalla relazione tecnica e contabile di parte; neppure potevano trovare accoglimento le motivazioni difensive poste a supporto del numero degli autisti impiegati in rapporto alla disponibilità degli automezzi, mancando la produzione del libro matricola, rappresentativo delle qualifiche e dei tempi di tenuta in carico degli stessi.

Per quanto atteneva poi alla questione della detrazione dell’Iva spettante per la nota di credito emessa a favore della committente FW Power a fronte delle fatture nn. (OMISSIS), osservava la CTR che la nota di credito, in assenza di precisi elementi riferiti all’accredito, risultava generica nella descrizione e dunque incomprensibile nell’individuazione della rettifica, anche in relazione al fatto che eventuali maggiori riconoscimenti di lavori ineseguiti troverebbero una propria logica temporale solo in relazione al terzo Sal, la cui fattura n. (OMISSIS) avrebbe potuto ritenersi giustificata nei limiti dell’imponibile di Euro 818,20 oltre Iva. Inoltre, con riferimento all’affermazione dell’avvenuto invio della citata nota di rettifica via fax, rilevava che il documento prodotto mancava della stampa del rapporto di verifica e di parte del documento trasmesso elettronicamente.

Avverso tale sentenza Edil Calcestruzzi s.r.l. propone ricorso per cassazione articolato su tre motivi. Resiste l’Ufficio mediante controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

Il PG ha depositato la propria requisitoria in data 12.10.2020 concludendo per il rigetto del ricorso.

Con separata sentenza n. 4383 depositata l’8.5.2014 la Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio, riformava la sentenza emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Avellino che aveva annullato l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate, sul presupposto che la Edil Calcestruzzi s.r.l. aveva conseguito ricavi non dichiarati e costi relativi ad operazioni inesistenti e considerato che nell’anno in esame (2008) la società era composta da soli due soci, tra l’altro legati da vincolo di parentela, presumeva che i maggiori ricavi fossero stati distribuiti tra i soci in proporzione delle quote di partecipazione e contestava alla società l’omessa ritenuta a titolo definitivo in relazione alla predetta partecipazione.

Osservava la CTR che, poichè l’appello proposto dall’Ufficio nella controversia riguardante l’accertamento dei maggiori ricavi non dichiarati e delle operazioni inesistenti, era stato accolto come da separata sentenza n. 3855, dallo stesso organo giudicante pronunciata in data 17.3.2014 e depositata il 15 aprile 2014, anche l’ulteriore appello proposto dall’Ufficio, tramite il presente giudizio, andava accolto, legittima essendo la presunzione di attribuzione pro quota ai soci, nel corso dello stesso esercizio annuale, degli utili extra bilancio prodotti da una società di capitali a base personale ristretta.

Avverso tale sentenza la Edil Calcestruzzi s.r.l. propone ulteriore ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’Ufficio ha depositato memoria al solo dichiarato fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Appare opportuno, per l’evidente connessione delle questioni trattate con il ricorso iscritto al n.r.g. 24989/2014 rispetto a quelle del ricorso iscritto al n.r.g. 550/2015, disporre la riunione dei procedimenti: nel primo ricorso, infatti, il contenzioso riguarda un avviso di accertamento emesso nei confronti della s.r.l. per il disconoscimento di costi non documentati, non inerenti ed operazioni inesistenti; nel secondo la stessa s.r.l. risulta destinataria, sul presupposto di quanto accertato mediante il precedente avviso, di ulteriore avviso quale sostituto di imposta, contestandosi alla società l’omessa ritenuta a titolo definitivo in relazione alla partecipazione non qualificata del socio P.F..

In relazione al giudizio rubricato al n.r.g. 24989/2014 si osserva quanto segue.

2. Il primo motivo lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 342 c.p.c., nonchè la violazione degli artt. 329 e 324 c.p.c., (art. 360 c.p.c., n. 4), avendo la CTR rilevato la non conformità delle schede carburante alle prescrizioni del D.P.R. n. 444 del 1998, senza che l’Ufficio avesse sollevato alcun rilievo di carattere formale, essendosi l’avviso limitato a contestare l’inerenza della spesa all’esercizio dell’impresa; così operando la CTR sarebbe incorsa nel vizio di ultrapetizione, avendo preso in considerazione un aspetto non introdotto dalle domande e dalle eccezioni proposte dalle parti.

2.1. Il contribuente, così opinando, si duole del fatto che, nonostante l’Ufficio avesse negato il riconoscimento dei costi per spese di carburante solo per un difetto di inerenza, viceversa la CTR si sarebbe soffermata su un diverso aspetto, quello della non conformità formale delle schede carburante alle prescrizioni normative di cui al D.P.R. n. 444 del 1997.

2.2. Il motivo è infondato.

2.3. Come correttamente ha osservato il PG, dall’esame della sentenza di primo grado, ritrascritta a pag. 4 del controricorso, già i giudici di prime cure avevano statuito che le schede rappresentative delle forniture del carburante risultavano predisposte in modo incompleto e che l’importo appariva eccessivo e sproporzionato: tale assunto – come emerge dall’esame dall’atto di appello dell’Ufficio, che lamentava l’indebito riconoscimento immotivato di alcuni costi dichiarati dal contribuente – risulta poi riproposto nel grado successivo (cfr. ultimo rigo di pag. 11 del ricorso, dove viene ritrascritto l’atto di appello), ove l’Ufficio ha evidenziato la mancata indicazione dell’ubicazione del punto di rifornimento e dunque proprio uno degli elementi formali prescritto dal D.P.R. n. 444 del 1997. La questione dell’incompletezza delle schede carburante non è stata dunque introdotta d’ufficio dalla CTR ma già apparteneva al tema del processo, non sussistendo dunque il vizio di ultrapetizione lamentato dal ricorrente.

2.4. In proposito deve ulteriormente osservarsi che, riguardo alle modalità di redazione delle schede carburanti, questa Corte già ha condivisibilmente affermato che “In tema di tributi erariali diretti e di IVA, la possibilità di dedurre le spese per i consumi di carburante per autotrazione e di detrarre dall’imposta dovuta quella assolta per il suo acquisto è subordinata al fatto che le cosiddette “schede carburanti”, che l’addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, siano complete in ogni loro parte e debitamente sottoscritte, senza che l’adempimento, a tal fine disposto, ammetta equipollente alcuno e indipendentemente dall’avvenuta contabilizzazione dell’operazione nelle scritture dell’impresa” (Cass. 26/09/2018, n. 22918). Il principio è presente anche in Cass. 30/11/2016, n. 24409, secondo cui “In tema di imposte dirette ed IVA, la possibilità di detrarre dall’imposta dovuta quella assolta per l’acquisto di carburanti destinati ad alimentare i mezzi impiegati per l’esercizio dell’impresa, è subordinata al fatto che le cosiddette “schede carburanti”, che l’addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, rispettino i requisiti di forma e di contenuto richiesti dalla legge e, quindi, siano redatte in conformità al modello allegato al D.P.R. n. 444 del 1997, compresa l’indicazione chilometrica, necessaria a fini antielusivi, non surrogabile da altri documenti”.

2.5. La completezza della scheda carburante, dunque, in una al requisito dell’inerenza della spesa, diviene quindi il “fatto costitutivo” del diritto alla detrazione, per cui, allorchè l’Ufficio contesti in sede di appello l’assenza di prova circa il riconoscimento di alcuni costi portati dalla ditta in detrazione (contrastando quanto ritenuto dalla CTP), il giudice di appello è investito di un sindacato pieno circa l’idoneità probatoria dell’intera documentazione prodotta dal contribuente, come nel caso in esame è avvenuto.

3. Con il secondo motivo il contribuente lamenta la violazione o falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, e l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5), per avere la CTR affidato l’indagine circa il rispetto del principio di inerenza a circostanze del tutto secondarie e meramente complementari, trascurando invece gli elementi di prova addotti a sostegno del fatto decisivo (le dichiarazioni provenienti dagli autisti, i titoli che legittimavano la disponibilità degli automezzi, le polizze assicurative, la non obbligatorietà della conservazione dei dischi cronotachigrafi oltre la data del 31.12.2009), ed omettendo di considerare che alcuni fatti, addotti a sostengo delle argomentazioni difensive, non erano stati contestati dall’Ufficio e dunque dovevano reputarsi provati (con particolare riferimento alla specificazione dei quantitativi di terra di cui era necessaria la rimozione e quindi il trasporto a discarica).

3.1. Il motivo è infondato.

3.2. Come correttamente osservato dal PG, la censura è in gran parte inammissibile nella misura in cui sollecita un’ampia rivalutazione del materiale probatorio preso in esame dalla CTR.

3.3. Sul punto va premesso che la prova dell’inerenza grava sul contribuente: come puntualizzato da Cass. 21/11/2019, n. 30366, “In tema di imposte sui redditi delle società, il principio dell’inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 5, ora dal medesimo D.P.R., art. 109, comma 5, riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità (anche solo potenziale o indiretta), in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perchè il giudizio sull’inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo. Peraltro, l’onere di provare e documentare l’imponibile maturato e dunque l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto d’impresa, grava sul contribuente”.

3.4. Ciò premesso, va ulteriormente specificato che il contribuente si duole, nel caso in esame, della mancata valorizzazione di prove che, a suo giudizio, costituirebbero il principale nucleo dimostrativo dell’inerenza: al di là della circostanza che il ricorrente si è limitato ad indicare fatti e circostanze, senza però precisare nè quali siano (o debbano essere) le deduzioni che da tali fatti dovrebbero ricavarsi sul piano logico in termini di effettiva inerenza dei costi, nè il quando ed il dove della rappresentazione di tali deduzioni innanzi alla CTR, resta fermo che alcuni elementi indicati dal ricorrente sono stati comunque presi in considerazione dalla CTR (così è, ad esempio, per la questione dei cronotachigrafi) e che nulla egli aggiunge riguardo alla reale decisività dei fatti asseritamente trascurati.

4. Il terzo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 26, e la nullità della sentenza per violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1 (art. 360 c.p.c., n. 3), avendo il giudice di appello errato nel ritenere legittimamente negata la detrazione dell’Iva, in relazione alla nota di credito emessa a favore della committente FW Power, sul presupposto che si trattava di un’operazione inesistente. Tale inesistenza, secondo il ricorrente, sarebbe stata ricavata da alcuni argomenti privi di un rilievo effettivo.

4.1. Il motivo si sofferma sulla rappresentazione di una complessa operazione, riguardante una nota di credito di Euro 900 mila emessa in favore della FW Power (a parziale neutralizzazione di 3 fatture emesse verso questa società dalla contribuente), non rinvenuta presso la destinataria e nemmeno annotata nelle relative scritture contabili, finalizzata, secondo la tesi dell’Ufficio, alla dissimulazione di ricavi, ricostruzione avvalorata dalla presenza di un prelievo bancario effettuato in data (OMISSIS) sul conto della società, a mezzo dell’emissione di nove assegni circolari per lo stesso importo della nota e versati, anzichè al naturale destinatario dello storno contabile, sul conto personale dell’amministratore.

4.2. La CTR, condividendo la rappresentazione dell’Ufficio, ha evidenziato non solo la genericità descrittiva della nota di credito e l’assenza di dettagli quanto agli elementi identificativi oggetto della rettifica, ma anche la non coincidenza, sul piano cronologico, della nota di credito con le fatture nn. (OMISSIS), nonchè il versamento della somma, che la società avrebbe dovuto restituire alla FW Power, sul conto cointestato a nome di Pa.Gi.An. e Pa.Eu..

4.3. Nell’intento di contrastare tale ricostruzione, il contribuente ha evidenziato che ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, allorchè venga meno, in tutto o in parte, un’operazione per la quale è stata emessa la fattura, il cedente ha diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente, registrandola a norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 25, sul registro degli acquisiti, donde la superfluità della nota di credito e l’errore commesso dalla CTR che avrebbe valorizzato proprio le irregolarità della predetta nota per disconoscere il diritto alla detrazione.

4.4. Il motivo è infondato.

4.5. In realtà la CTR ha condiviso quanto accertato dall’Ufficio anche valorizzando elementi ulteriori che non risultano contestati, se non in modo parziale e del tutto generico dal ricorrente.

4.6. In particolare, la CTR ha particolarmente insistito sulla circostanza che le movimentazioni bancarie, effettuate per il medesimo importo della nota, fossero in realtà dirette non a favore della FW Power, e dunque a restituzione di quanto ricevuto in eccesso, ma a beneficio del conto cointestato anche a favore dell’amministratore unico e che comunque di tale nota di credito non vi fosse traccia nelle scritture contabili della FW Power (tale ultimo aspetto è, in particolare, specificato a pag. 11 della sentenza impugnata), in tal modo superando e rendendo irrilevanti le considerazioni, svolte dal ricorrente, in ordine alla superfluità della nota di credito.

5. Le considerazioni che precedono impongono dunque il rigetto del ricorso; le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

In relazione al giudizio rubricato al n.r.g. 550/2015 si osserva quanto segue.

6. Il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 295 c.p.c., in relazione al combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 39, avendo la CTR omesso di operare il doveroso coordinamento tra i due giudizi pendenti e di sospendere il secondo, quello in oggetto, in attesa della definizione di quello presupposto (già definito con la sentenza n. 3855 dalla stessa CTR).

6.1. La censura è inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse, in conseguenza della disposta riunione dei due giudizi.

6.2. Questa Corte, infatti, è ferma nel ritenere che la sospensione del processo presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra le due cause di cui si tratta sia non solo concreto, ma anche attuale, nel senso che la causa ritenuta pregiudiziale sia tuttora pendente, non avendo altrimenti il provvedimento alcuna ragion d’essere, e traducendosi anzi in un inutile intralcio all’esercizio della giurisdizione: pertanto, ove una sentenza venga censurata in cassazione per non essere stato il giudizio di merito sospeso in presenza di altra causa pregiudiziale, incombe al ricorrente l’onere di dimostrare che quest’altra causa è tuttora pendente, e che presumibilmente lo sarà anche nel momento in cui il ricorso verrà accolto. In difetto, manca la prova dell’interesse concreto ed attuale che deve sorreggere il ricorso, non potendo nè la Corte di Cassazione nè un eventuale giudice di rinvio disporre la sospensione del giudizio in attesa della definizione di un’altra causa che non risulti più effettivamente in corso (cfr. in proposito Cass. 14/12/2012, n. 23096, in parte motiva; Cass. 1/8/2007, n. 16992; Cass. 16/9/2008, n. 23720).

7. Con il secondo motivo il contribuente rappresenta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 41-bis, in relazione al disposto dell’art. 2727 c.c. ss., (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), potendo la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extra bilancio della società trovare applicazione solo allorchè divenga giudizialmente certo il presupposto (ossia l’esistenza di utili extra bilancio), condizione non rispettata nel caso in esame, avendo la CTR statuito sul profilo della distribuzione degli utili pur non essendo stato accertato in via definitiva il loro conseguimento da parte della società.

7.1. Il motivo è infondato.

7.2. Questa Corte intende dare continuità al principio, che destituisce di fondamento la doglianza del ricorrente, secondo cui “In tema imposte sui redditi di capitale, per escludere l’operatività della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, conseguiti e non dichiarati da una società a ristretta base partecipativa, non è sufficiente che il socio si limiti ad allegare genericamente la mancanza di prova di un valido e definitivo accertamento nei confronti della società, ma deve contestare lo stesso effettivo conseguimento, da parte della società, di tali utili, ove non sia in grado di dimostrare la mancata distribuzione degli stessi, stante l’autonomia dei giudizi nei confronti della società e del socio e il rapporto di pregiudizialità dell’accertamento nei confronti del primo rispetto a quello verso il secondo. (Nella specie, si trattata di una società a ristretta base partecipativa, ritenuta mera “cartiera”, sicchè, in considerazione dell’inesistenza delle operazioni effettuate, erano stati disconosciuti i costi contabilizzati, con conseguente attribuzione di un maggior reddito societario e applicazione della presunzione di redistribuzione degli utili ai soci)” (cfr. in proposito Cass. 19/12/2019, n. 33976).

8. Le considerazioni che precedono impongono, dunque, il rigetto del ricorso; nessuna statuizione sulle spese di lite deve essere adottata, tenuto conto che l’Agenzia delle entrate si è costituita in questo giudizio al solo fine di partecipare all’udienza di discussione che non vi è stata.

PQM

riuniti i ricorsi n.r.g. 550/2015 e n.r.g. 24989/2014, li rigetta entrambi e pone a carico del ricorrente le spese processuali per il ricorso n.r.g. 24989/2014 liquidandole in Euro 10 mila, oltre spese prenotate a debito, e dichiarandole non dovute per il ricorso n.r.g. 550/2015.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quelli, ove dovuti, per i ricorsi a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

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