Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13329 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13329 Anno 2015
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: ROSSETTI MARCO

SENTENZA

sul ricorso 10227-2012 proposto da:
GIACCHINO STEFANO, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato
FRANCO PASTORE, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato FABRIZIO IVALDO giusta
procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro

CHIAROLLA

FABIO,

SIROMBRA

GIOVANNI

BATTISTA,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GLORIOSO 13,
presso lo studio dell’avvocato LIVIO BUSSA, che li

Data pubblicazione: 30/06/2015

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANDREA
BUSSA, SERGIO ACQUILINO giusta procura speciale a
margine del controricorso;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 231/2011 del TRIBUNALE di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/03/2015 dal Consigliere Dott. MARCO
ROSSETTI;
udito l’Avvocato TERESA SANTULLI;
udito l’Avvocato LIVIO BUSSA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

2

SAVONA, depositata il 03/03/2011, R.G.N. 1890/2005;

R.G.N. 10227/12
Udienza del 26 marzo 2015

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Nel 2005 Stefano Giacchino convenne dinanzi al Giudice di Pace di
Savona Fabio Chiarolla e Giovanni Battista Sirombra, esponendo che:
– era dipendente della locale azienda pubblica di trasporti ACTS s.p.a.;
– fruiva di un orario di servizio agevolato, in considerazione delle sue

i convenuti, suoi colleghi e rappresentanti sindacali, avevano

pubblicamente e ripetutamente dichiarato che l’attore aveva simulato i
propri problemi di salute, solo per beneficiare dell’orario agevolato;
– tali dichiarazioni avevano leso il suo onore e la sua reputazione.
Concludeva perciò chiedendo la condanna dei convenuti al risarcimento dei
danni patiti in conseguenza della condotta sopra descritta.

2. Con sentenza 8.4.2008 n. 699 il Giudice di Pace di Savona accolse la
domanda.
La sentenza venne appellata dai soccombenti.
Il Tribunale di Savona con sentenza 3.3.2011 n. 231 accolse l’appello e
rigettò la domanda risarcitoria proposta da Stefano Giacchino.
Il Tribunale motivò la propria decisione ritenendo che i convenuti avessero
legittimamente esercitato un diritto di critica.

3. La sentenza del Tribunale è stata impugnata per cassazione da Stefano
Giacchino sulla base di tre motivi.
Hanno resistito con controricorso Fabio Chiarolla e Giovanni Battista
Sirombra.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Questione preliminare.
1.1. Va preliminarmente dichiarata la nullità dell’atto denominato
“costituzione di nuovo difensore” per Stefano Giacchino, depositata e
sottoscritta dagli avv.ti Cristina Bartolotta e Teresa Santulli.
Nel giudizio di cassazione, infatti, la procura speciale non può essere
rilasciata a margine o in calce di atti diversi dal ricorso o dal controricorso,
poiché l’art. 83, terzo comma, cod. proc. civ., nell’elencare gli atti in

(\me

menomate condizioni di salute;

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Udienza del 26 marzo 2015

margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, indica,
con riferimento al giudizio di cassazione, soltanto quelli suindicati. Pertanto,
se la procura non è rilasciata in occasione di tali atti, è necessario il suo
conferimento nella forma prevista dal secondo comma del citato articolo,
cioè con un atto pubblico o una scrittura privata autenticata che facciano

e della sentenza impugnata.
A tale regola non si fa eccezione nemmeno nel caso in cui sopraggiunga la
sostituzione del difensore (Sez. 3, Sentenza n. 23816 del 24/11/2010, Rv.
615160).
V’è solo da aggiungere che al presente giudizio non si applica la norma
inserita nell’art. 83 c.p.c. dall’art. 45, comma 9, lettera (a), della I. 18
giugno 2009, n. 69, che consente il rilascio della procura anche al margine
di atti diversi da quelli sopra indicati.
Infatti, per espressa previsione dell’art. 58, comma 1, della legge 69/09, “le
disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura civile
e le disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile si applicano ai
giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore”, avvenuta il 4
luglio 2009.
Essendo il presente giudizio iniziato in primo grado nel 2005, ad esso non
può applicarsi la nuova disposizione, come già ritenuto da questa Corte con
le decisioni pronunciate – ex aliis

da Sez. 3, Sentenza n. 12831 del

6/6/2014; Sez. 5, Ordinanza n. 7241 del 26/03/2010, Rv. 612212.

2. Il primo motivo di ricorso.
2.1. Col primo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che la sentenza
impugnata sarebbe affetta sia da una violazione di legge, ai sensi all’art.
360, n. 3, c.p.c. (si assumono violati gli artt. 2043 c.c. e 595 c.p.); sia da
un vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c..
Espone, al riguardo, che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che la
condotta diffamatoria tenuta dai convenuti fosse scrirninata dal fatto che
essi agirono in qualità di rappresentanti sindacali.

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Ut

riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti

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Udienza del 26 marzo 2015

In realtà – prosegue il ricorrente – essi agirono a titolo personale, non quali
organi di un sindacato, e ciò risultava dalle prove raccolte nell’istruttoria di
primo grado.

2.2. Il motivo è inammissibile per due ragioni:

ha rigettato la domanda ritenendo non diffamatoria la condotta dei
convenuti (p. 5, IV capoverso), mentre il riferimento all’attività sindacale
costituisce una motivazione ad abundantiam;
– sia perché in ogni caso il ricorrente sollecita, col motivo in esame, una
valutazione dei fatti nuova e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice
di merito.
E tuttavia è sin troppo noto, a quest’ultimo riguardo, come il vizio di omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione sussiste solo quando nel
ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o
insufficiente esame di punti decisivi della controversia, ovvero un insanabile
contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire
l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della
decisione.
E’ altresì noto che il giudice di merito al fine di adempiere all’obbligo della
motivazione non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze
processuali e a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, ma
è invece sufficiente che, dopo avere vagliato le une e le altre nel loro
complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio
convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi
e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono
logicamente incompatibili con la decisione adottata.
E’, infine, noto che la Corte di Cassazione non ha il potere di riesaminare e
valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo
logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del
giudice del merito.
Da questi principi pacifici discende che non può chiedersi al giudice di
legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella

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– sia perché non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale

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Udienza del 26 marzo 2015

adottata dal giudice di merito. Il sindacato della Corte è limitato a valutare
se la motivazione adottata dal giudice di merito sia esistente, coerente e
consequenziale: accertati tali requisiti, nulla rileva che le prove raccolte si
sarebbero potute teoricamente valutare in altro modo.

3.1. Anche col secondo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che la
sentenza impugnata sarebbe affetta sia da una violazione di legge, ai sensi
all’art. 360, n. 3, c.p.c. (si assumono violati gli artt. 2043 c.c. e 595 c.p.);
sia da un vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c..
Espone, al riguardo, che il Tribunale ha errato nel giudicare scriminato dal
diritto di critica quello che fu in realtà un “pesante attacco” all’odierno
ricorrente.

3.2. Il motivo è inammissibile, per le medesime ragioni già indicate al
precedente § 2.2.

4. Il terzo motivo di ricorso.
4.1. Col terzo motivo di ricorso il ricorrente torna a sostenere che la
sentenza impugnata sarebbe affetta sia da una violazione di legge, ai sensi
all’art. 360, n. 3, c.p.c. (ancora una volta si assumono violati gli artt. 2043
c.c. e 595 c.p.); sia da un vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5,
c.p.c..
Espone, al riguardo, che il Tribunale avrebbe erroneamente “continenti” dal
punto di vista lessicale e non false le dichiarazioni dei convenuti.

4.2. Il motivo è anch’esso manifestamente inammissibile, in quanto sollecita
da questa Corte una nuova e diversa valutazione delle prove, rispetto a
quella compiuta dal giudice di merito.

5. Le spese.
Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai
sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c..

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3. Il secondo motivo di ricorso.

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‘Udlenza del 26 marzo 2015

P .q . m.
la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:
– ) rigetta il ricorso;
– ) condanna Stefano Giacchino alla rifusione in favore di Fabio Chiarolla e
Giovanni Battista Sirombra, in solido, delle spese del presente grado di

vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m.
10.3.2014 n. 55.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile
della Corte di cassazione, addì 26 marzo 2015.

giudizio, che si liquidano nella somma di euro 1.200, di cui 200 per spese

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