Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13325 del 29/05/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 13325 Anno 2013
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: FERRO MASSIMO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e cif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-ricorrente Contro

Penna Mauro, rappr. e dif. dagli avvocati Giuseppe Maria Cipolla del foro di Roma
e Sebastiano Maurizio Messina, elett. dom. presso lo studio del primo in Roma, via
Cipro, n.4/V, come da procura a margine dell’atto
-controricorrente-

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estensore c

Data pubblicazione: 29/05/2013

per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Ancona 21.5.2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 26 aprile 2013
dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
udito l’avvocato Alessandro Maddalo per l’Avvocatura Generale dello Stato;

IL PROCESSO
Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Ancona 21.5.2009, che, in conferma della sentenza C.T.P. di Ancona n.
126/03/2006, ebbe a respingere l’appello dell’Ufficio, così ribadendo la illegittimità
del silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria avverso l’istanza di
rimborso dell’IRAP per gli anni da 2001 a 2003, sul presupposto — già ritenuto dalla
C.T.P. — della non sig-nificatività del valore dei beni strumentali e delle spese dedotte
dal contribuente agente di commercio, in ordine alla gestione della propria attività.
Ritenne in particolare e comunque la C.T.R. che l’appello dell’Ufficio non poteva
essere accolto, ove fondato sulla tesi dell’assoggettabilità ad IRAP di ogni attività
autonomamente organizzata, non essendo emerso, come sarebbe stato onere della
Amministrazione far emergere, il superamento di indici organizzativi correlati allo
svolgimento diretto dell’attività, dunque negando il requisito dell’attività
autonomamente organizzata, ai sensi dell’art.2 del d.lgs. n.446 del 1997.
Il ricorso è affidato ad un unico motivo, cui resiste con controricorso il
contribuente.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, si censura la sentenza per violazione di legge, con riguardo agli
artt. 2 del d.lgs. 15.12.1997, n.446 e 2697 cod.civ., in relazione all’art.360, co. 1, n. 3
cod.proc.civ., avendo erroneamente la C.T.R. ritenuto che, in relazione all’IRAP, il
requisito della autonoma organiunione dovesse essere dimostrato, alla stregua di
elemento costitutivo dell’imposta, dall’Amministrazione stessa. Il difetto di
allegazione di atti utili a ricostruire la pretesa di rimborso avrebbe invece dovuto
condurre il giudice di merito a rigettare la domanda, specie di fronte alla
contestazione dell’Ufficio concernente l’esposizione in dichiarazione dei redditi — da
parte del contribuente agente di commercio – di spese per lavoro dipendente e
ammortamento di capitali, ciò invero integrando il citato requisito di struttura
dell’attività. Né alcuna valenza probatoria poteva conferirsi alle deduzioni d’udienza
del difensore del contribuente, volte a diluire in un minore impegno finanziario le
menzionate voci di costo dell’attività ovvero quote di ammortamento.
1. Il motivo è fondato. Il nucleo essenziale del principio di diritto applicato dalla corte di
merito consiste nell’aver individuato, nell’art.2 del d.lgs. n.446 del 1997, una fattispecie
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estensore

m.ferro

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Tommaso Basile, che
ha concluso per raccoglimento del ricorso.

2. Osserva il Collegio che anche alla stregua dell’interpretazione costituzionalmente
orientata fornita da Corte cost. n. 156/2001, l’assoggettamento ad IRAP dell’attività
dei lavoratori autonomi e dei professionisti postula una valutazione complessiva di
detta attività, da effettuarsi sulla scorta di tutti gli elementi fattuali che connotano la
fattispecie concreta. Ha chiarito il Giudice delle leggi che l’imposizione ha riguardo al
valore aggiunto prodotto, cioè la nuova ricchezza creata dalla singola unità produttiva,
che viene, mediante l’IRAP, assoggettata ad imposizione ancor prima che sia
distribuita al fine di remunerare i diversi fattori della produzione, trasformandosi in
reddito per l’organizzatore dell’attività, i suoi finanziatori, i suoi dipendenti e
collaboratori. L’imposta colpisce perciò, con carattere di realità, un fatto economico,
diverso dal reddito, comunque espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in
quanto organizzatore dell’attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione
della ricchezza prodotta tra i diversi soggetti che, in varia misura, concorrono alla sua
creazione. Nel caso, poi, di una attività professionale che sia svolta in assenza di
elementi di organizzazione – il cui accertamento, in mancanza di specifiche
disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto – risulterà dunque
mancante — per gli stessi giudici costituzionali – il presupposto stesso dell’imposta sulle
attività produttive, per l’appunto rappresentato, secondo l’art. 2 del d.lgs. n.446 del
1997, dall’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla
produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, con la
conseguente inapplicabilità dell’imposta stessa. Poiché inoltre solo l’attività esercitata
dalle società e dagli enti, compresi gli nani e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni
caso presupposto di imposta, in base alla seconda parte del citato articolo, si dà per ogni
altra figura la doverosità di un’analisi caso per caso, con istruttoria concreta e non
condotta per tipologie di contribuente.
3. L’esistenza di un’autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per
l’assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni indicati
dall’art. 49, comma primo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, esclusi i casi di
soggetti inseriti in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse,
non dev’essere intesa in senso soggettivo, come auto-organizzazione creata e gestita
dal professionista senza vincoli di subordinazione, ma in senso oggettivo, come
esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui,
risultante dall’aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui. (Cass. 3673/2007).
Significativamente, tali indirizzi sono confluiti nell’importante arresto delle Sezioni
Unite (12111/2009), per le quali l’esercizio dell’attività (nella specie, di promotore
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estensore

.ferro

astratta per la quale la nozione tributaria di autonoma organizzazione riferibile
all’esercente lavoro autonomo, integrando il presupposto impositivo dell’IRAP,
sarebbe oggetto di onere della prova a carico dell’Amministrazione. Dallo scarno iter
motivazionale, inoltre, sembra di comprendere che anche la rilevazione di spese per
lavoro dipendente e costi di ammortamento di capitali, pur reveniente dalle stesse
dichiarazioni dei redditi del contribuente, per il giudice di merito sarebbe rimasta
ininfluente ai fini predetti, in quanto relativa a voci contraddette dalla difesa del
contribuente stesso, senza eccezioni dell’Amministrazione appellante.

4. Nel caso di specie, la Corte ritiene che il sopra descritto accertamento, invero, sia
stato del tutto omesso dal giudice di merito, in adesione ad un principio assorbente e
per il quale, in una lettura estranea a quella consolidata della disciplina dell’IRAP,
erroneamente si è allocato alla Amministrazione l’onere di dare la dimostrazione del
citato requisito di autonomia dell’organizzazione, trascurando che oggetto del giudizio
non era un atto accertativo della P.A., bensì una richiesta di rimborso da parte del
contribuente, dunque onerato della piena prova proprio del difetto del presupposto
impositivo, cioè l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla
produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. Né diversa portata
concludente, ai predetti fini di sufficienza istruttoria, assume lo stringato richiamo alla
dialettica processuale seguita alla produzione, effettuata dalla Amministrazione, di
precise voci di spesa per lavoro dipendente e costi di ammortamento nella
dichiarazione dei redditi del contribuente: l’omessa eccezione sul punto, riferita
all’appellante Ufficio, contro i rilievi d’udienza espressi dal difensore del contribuente,
manifestamente non conferisce ad essi alcuna valenza probatoria ai sensi dell’art.2697
cod.civ., trattandosi di atteggiamento processuale che, quand’anche non contestativo o
eccipiente (e di esso si ha contezza solo narrativa dal controricorso, senza
completezza di trascrizione dei verbali), non può assurgere al rango di ammissione di
alcun fatto. Tale quadro istruttorio contraddice pertanto il principio per cui costituisce
onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova
dell’assenza delle predette condizioni (oltre alle citate, Cass. s.u.. 12108/2009; 13095/2012).
5. La sentenza, in accoglimento del ricorso, va pertanto cassata, con rinvio al giudice
di merito, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.
La Corte dichiara fondato il motivo di ricorso, dunque accolto, cassa la sentenza
impugnata e rinvia le parti, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di
legittimità, avanti alla C.T.R. delle Marche, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 aprile 2013.

finanziario di cui all’art. 31, co. 2, del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) è escluso
dall’applicazione dell’imposta qualora si tratti di attività non autonomamente
organizzata. E tale requisito, il cui accertamento si ribadisce spettare al giudice di
merito, resta insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorrendo
in generale quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile
dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad
altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id
quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di
organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.
Costituisce tuttavia onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta
asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass.
8556/2011; 3678/2007).

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