Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13312 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13312 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: PELLECCHIA ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso 29590-2011 proposto da:
LA CONCORDIA SRL 00602740235 in persona del legale
rappresentante DE VOGLI FRANCO, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA AUGUSTO AUBRY 5, presso lo
studio dell’avvocato MASSIMO TORRE, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO
2015

VENERI giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –

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contro

HDI ASSICURAZIONE SPA ;
– intimata –

Data pubblicazione: 30/06/2015

avverso la sentenza n. 968/2011 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 18/03/2011, R.G.N.
2940/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/02/2015 dal Consigliere Dott.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto;

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ANTONELLA PELLECCHIA;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.
1. Nel luglio del 2003 la Cooperativa Facchini la Concordia scarl Basso
Giorgio (ora La Concordia s.r.1.), convenne in giudizio la HDI
assicurazioni S.p.A. per sentirla condannare al pagamento
dell’indennizzo conseguente al contratto di assicurazione stipulato con
la convenuta per i danni provocati da grandine, a seguito di un violento

nubifragio con intensa grandinata, che aveva cagionato gravi danni
all’autovettura condotta in leasing dall’attrice. Quantificava i danni nella
somma di euro 3.814,40, oltre ad Iva.
Si costituì in giudizio la compagnia assicuratrice opponendo
l’improponibilità della domanda in virtù della clausola n. 11 delle
condizioni generali di assicurazione che devolveva la determinazione
del danno alla valutazione dei periti. Nel merito contestava il quantum
della pretesa e chiedeva in via subordinata che l’obbligazione
indennitaria fosse limitata ad un importo non eccedente l’85%
dell’intero ammontare del danno, con esclusione dell’Iva ritenuta non
indennizzabile.
Il Tribunale di Verona, con sentenza n. 2735, del 1° agosto 2007,
dichiarò l’improponibilità della domanda e condannò l’attrice al
pagamento delle spese di lite.
2. La decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello di Venezia, con
sentenza n 968, del 18 aprile 2011.
3. Avverso tale decisione, La Concordia Sri propone ricorso in
Cassazione sulla base di tre motivi.
3.1 La HDI assicurazioni S.p.A. non svolge attività difensive.

MOTIVI DELLA DECISIONE

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cp?

4.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce la “violazione dell’art.
360 n. 4 c.p.c., in relazione agli artt. 99 e 112 c.p.c.”.
La sentenza è errata laddove rileva che la società deduce la nullità della
clausola che prevede un meccanismo di corresponsione dell’onorario
degli arbitri indipendentemente dall’esito della controversia, solo in

ipotesi di nullità della clausola è inammissibile perché tardiva.
Secondo la società, invece, tale censura era già stata esposta nella
comparsa conclusionale di primo grado e nella memoria ex articolo 183
c,p.c.. laddove si chiedeva “acccrtata la Oc ralività dalk.? polizza-. Quindi il

“how dechirndyny (Misi t s’usa era quella di ‘accertare Poperairità daapq>12b7/2
la fondatezza della giurisdizione del giudice ordinario atteso che la clausola 1 i
compromissoria non poteva e non doveva essere tenute in alcun conto’.

4.2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce “la violazione
dell’articolo 360, n. 4 e 5 c.p.c. in relazione agli articoli 99 e 112 c.p.c. e
articolo 1421 c.c.”.
Secondo la società, l’affermazione della Corte di Appello è errata dove
afferma che non è compito del giudice accertare d’ufficio la nullità di un
contratto o di una clausola in base all’articolo 1421 c.c. ove tale
operazione venisse a porsi in contrasto con il principio della domanda
fissata dagli articoli 99 e 112 c.p.c.. Secondo La Concordia la domanda
che sempre è stata proposta è quella relativa alla cdeclaratoria di
inibizione della clausola 11 delle condizioni generali di polizza in
quanto da ritenersi nulla’.
I due motivi, per la loro connessione, possono essere esaminati insieme
e sono entrambi infondati.

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appello. Pertanto secondo i giudici del merito, la deduzione di tale

È vero che la nullità del contratto o di singole clausole di esso può
essere rilevata anche d’ufficio.
Tuttavia tale principio va coordinato con le regole processuali
concernenti gli oneri di allegazione dei fatti costitutivi delle domande e
delle eccezioni, di cui agli artt. 163 e 167 c.p.c.. Tale coordinamento

eccezioni in senso lato) sono rilevabili d’ufficio a condizione che il fatto
costitutivo di esse sia stato debitamente allegato nei termini e con le
modalità prescritti dalle regole processuali.
Pertanto una eccezione in senso lato, come tale rilevabile ex officio,
quand’anche teoricamente sollevabile dalla parte anche dopo la
scadenza del termine per costituirsi, non può comunque essere accolta
se il fatto su cui si fonda non sia stato ritualmente allegato e provato in
giudizio. Ciò in quanto il potere del giudice di rilevare il fatto
modificativo, impeditivo od estintivo della pretesa attorea “attiene solo
al riconoscimento degli affetti giuridici di fatti che siano stati pur
sempre allegati dalla parte. Sicché il potere di allegazione rimane
riservato esclusivamente alla parte anche rispetto ai fatti costitutivi di
eccezioni rilevabili d’ufficio, perché il giudice può surrogare la parte
nella postulazione degli effetti giuridici dei fatti allegati, ma non può
surrogarla nell’onere di allegazione, che, risolvendosi nella formulazione
delle ipotesi di ricostruzione dei fatti funzionali alle pretese da far valere
in giudizio, non può non essere riservato in via esclusiva a chi di quel
diritto assuma di essere titolare” ( Cass. n. 5952/2014; Cass., n.
15142/2003; Cass. n. 6943/2004).
La rituale allegazione del fatto costitutivo dell’eccezione, ovviamente,
deve avvenire entro il limite temporale previsto dall’art. 167 c.p.c.,
‘,

posto che ipotizzare l’allegabilità di fatti nuovi anche oltre tale termine

per la sola ragione che la rilevanza dei loro effetti non si iscrive nel
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comporta che anche le eccezioni rilevabili d’ufficio (cosiddette

novero delle eccezioni riservate alla parte, significherebbe
compromettere il sistema delle preclusioni sul quale quel rito si fonda,
ed in particolare la sua funzione di affidare alla fase degli atti
introduttivi del giudizio la cristallizzazione dei temi controversi e delle
relative istanze istruttorie”. Questi principi sono stati ripetutamente
affermati anche da questa sezione, in particolare con la decisione

eccezioni rilevabili anche d’ufficio relative ad un diritto di carattere
sostanziale (come appunto la nullità d’un contratto) hanno una
rilevabilità condizionata al rispetto del principio dispositivo e del
contraddittorio. Ne consegue che è vietato al giudice porre alla base
della propria decisione fatti che non rispondano ad una tempestiva
allegazione delle parti, il che è quanto dire che il giudice non può basare
la propria decisione su un fatto, ritenuto estintivo, modificativo o
impeditivo, che non sia mai stato dedotto o allegato dalla parte:
allegazione che deve ovviamente essere anche tempestiva, ovvero deve
avvenire al massimo entro il termine ultimo entro il quale nel processo
di primo grado si determina definitivamente il thema decidendum ed il
thema pro bandum, ovvero entro il termine perentorio eventualmente
fissato dal giudice ex art. 183 c.p.c..
Nel caso di specie, non risulta da alcun atto, ne’ è mai stato allegato dal
ricorrente, che i fatti costitutivi dell’eccezione di nullità siano stati
debitamente allegati vuoi con la comparsa di risposta, vuoi con le
memorie di cui all’art. 183 c.p.c..

4.3. Con il terzo motivo, la Concordia S.p.A. deduce la “violazione
dell’articolo 360 n. 4 e 5 c.p.c. in relazione agli articoli 1341-1342 e 1469
bis c.c.”.
Sostiene la ricorrente che non è condivisibile la sentenza dei giudici
della Corte territoriale là dove sostengono che la clausola numero 11
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pronunciata da Cass. civ., sez. 3, 22-06-2007, n. 14581, secondo cui le

della polizza deve qualificarsi come perizia contrattuale in quanto si
rimette ai periti la sola valutazione dell’ammontare del danno. Da ciò
discende che non rientra tra quelle che per la loro efficacia devono
essere approvate per iscritto.
Il motivo è fondato.

vessatoria ogni clausola limitativa di un diritto, come quella prevista al
n. 11 del contratto di assicurazione. Pertanto come tale doveva essere
specificatamente sottoscritta.
La clausola compromissoria inserita nelle condizioni generali di un
contratto di assicurazione che prevede un meccanismo di
corresponsione dell’onorario degli arbitri (correlato al valore della causa,
ma non in misura proporzionale) indipendente dall’esito della
controversia, nel senso che ciascuna parte è tenuta al pagamento del
compenso dell’arbitro da essa nominato e di metà di quello dovuto al
terzo, a prescindere dalla circostanza che risulti vittoriosa o
soccombente, è da considerarsi vessatoria, avuto riguardo alla causa e
alle finalità del suddetto contratto, quando risulti limitativa del diritto
dell’assicurato ad essere sollevato dalle conseguenze pregiudizievoli del
sinistro, esponendolo (soprattutto nelle controversie di modesto valore)
all’esborso di rilevanti somme per gli onorari degli arbitri, non
proporzionate a quelle riconosciutegli a titolo di risarcimento dei danni
dedotti, e dissuadendo quindi dal ricorrere all’arbitrato, con
conseguente favore per i comportamenti dilatori dell’assicuratore e
pregiudizio per il diritto di difesa dell’assicurato.
Del resto tale clausola viola anche l’art. 3 del Codice delle assicurazioni,
quale norma generale sulla vigilanza del mercato assicurativo, a tutela
della effettività dei diritti degli assicurati, in relazione all’ari 1882 c.c.
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Tale affermazione è condivisibile perché deve considerarsi come

che reca la causa del contratto di assicurazione, ossia la funzione
indennitaria. Funzione che nel caso di specie, viene limitata o
scoraggiata.

7. 11 ricorso è fondato e deve essere accolto. Pertanto la Corte cassa e
rinvia alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione.

la Corte accoglie il ricorso cassa e rinvia alla Corte di Appello di
Venezia in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte suprema di Cassazione in data 25 febbraio 2015.

P.Q.M.

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