Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13312 del 29/05/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 13312 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: CIRILLO ETTORE

SENTENZA

sul ricorso 1079-2008 proposto da:
SOCIETA’ AGRINOVA SRL in persona del Presidente del
Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
MONTI PARIOLI 48, presso lo studio dell’avvocato
MARINI GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende
2013
1219

unitamente all’avvocato TOSI LORIS giusta delega a
margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

Data pubblicazione: 29/05/2013

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controri corrente nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ESTE, MINISTERO
DELL’ECONOMIA E FINANZE;
intimati

avverso la sentenza n. 23/2006 della COMM.TRIB.REG. di
VENEZIA, depositata il 14/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/04/2013 dal Consigliere Dott. ETTORE
CIRILLO;
udito per il ricorrente l’Avvocato COREA delega
Avvocato MARINI che si riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato FIORENTINO
che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

Ritenuto in fatto
Con sentenza del 14 novembre 2006 la CTR-Veneto rigetta
l’appello proposto dalla Soc. AGRINOVA nei confronti
dell’AGENZIA delle ENTRATE confermando l’avviso di accertamento che, relativamente all’anno d’imposta 1998,
ha recuperato maggiore IVA per effetto sia del discono-

ente ai clienti affiliati (non soci), sia della rettifica della minor aliquota erroneamente applicata ai
clienti stessi per “contributi spese” integrativi del
prezzo di acquisto di prodotti agricoli.
Il giudice d’appello osserva che gli sconti di fine anno, accordati a soggetti affiliati (diversi dai soci),
devono essere qualificati come premi d’incentivazione
non soggetti a IVA (art.2 c.3 d.iva) e non suscettibili
di essere considerati con note di variazione degli imponibili e dell’imposta dovuta (art.26 d.iva).
Rileva, inoltre, che la differenza tra il prezzo di acquisto e quello di rivendita costituisce provvigione
per l’attività d’intermediazione svolta dalla contribuente a fini commerciali e non mutualistici; sicché detto compenso è soggetto all’aliquota fiscale ordinaria e
non a quella ridotta prevista per i corrispettivi dei
prodotti agricoli.
Propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi e memoria, la Soc. AGRINOVA. L’AGENZIA delle ENTRATE resiste con controricorso; invece la compagine
ministeriale, pure intimata, non svolge attività difensiva.

Considerato in diritto
(I)
In rito, preliminarmente, si rileva la carenza di legittimazione processuale dell’altro soggetto evocato
dinanzi a questa Corte, il Ministero dell’economia e
delle finanze, che non è stato parte nel giudizio di

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scimento fiscale degli sconti accordati dalla contribu-

secondo grado ed è oramai estraneo al contenzioso tributario dopo la creazione delle agenzie fiscali.
La chiamata ministeriale in cassazione è, dunque, inammissibile e il ricorso della contribuente va esaminato
unicamente riguardo all’Agenzia delle entrate, che è la
sola a essere legittimamente intimata.
(II)

ultrapetizione, la ricorrente sostiene che – considerando gli sconti concessi ai clienti affiliati (ma non
soci) come premi d’incentivazione e i rimborsi spese
riscossi come provvigioni – il giudice d’appello viola
il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, atteso che tali qualificazioni, estranee
all’atto impositivo, non

rientrano

nell’oggetto del

contendere.
Il motivo non è fondato.
Ove sia denunciato “error in procedendo”, qual è il vizio di ultra o extrapetizione, questa Corte è sì giudice del fatto processuale e ha sì il potere/dovere di
esaminare direttamente gli atti di causa, però
l’esercizio di tale potere/dovere necessita che la parte ricorrente specifichi gli elementi individuanti e
caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede
il riesame. Sicché il corrispondente motivo deve contenere, per il principio di autonoma specificità del ricorso per cassazione, tutte le precisazioni e i riferimenti indispensabili per individuare la dedotta violazione processuale (Sez.5, Sentenza n.1170 del
23/01/2004, Rv.569603).
Nulla di quanto necessario è leggibile nel ricorso, riguardo al primo mezzo, né valgono in supplenza le ulteriori allegazioni (anche documentali) fatte dalla ricorrente con la memoria illustrativa di cui all’art.
378 c.p.c. (Sez.L, Sentenza n.21379 del 04/11/2005,
Rv.584674;
Rv.581456

Sez.3,

Sentenza n.7260 del

07/04/2005,

Sez.2, Sentenza n.13483 del 10/10/2000,

Rv.540918).
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Nel merito, con il primo motivo, denunciando vizio di

Di contro, la difesa erariale evidenzia, con opportune
trascrizioni, da un lato, che è proprio la società contribuente a introdurre nel ricorso di prime cure la
questione dei “premi concessi a chiusura
dell’esercizio” e ad affermare che “nella prassi commerciale vanno sotto il nome di ristorno differito o
premio di fedeltà”, dall’altro, che nell’atto impositi-

cavo per la società” e del fatto che “la società
svolge attività di intermediazione di prodotti agricoli
tra i clienti soci e affiliati e i propri fornitori curando la raccolta”.
(III)
Passando agli altri due mezzi, con la prima censura del
secondo motivo e con il terzo motivo, la ricorrente denuncia vizio motivazionale e violazione dell’art.26
d.iva, per avere il giudice d’appello erroneamente qualificato come premi – e non come sconti – gli abbuoni
accordati a fine anno ai clienti affiliati, mercé ripartizione dei vantaggi accordati dalle ditte fornitrici alla Soc. AGRINOVA per il raggiungimento di determinati livelli di acquisti.
Assume, in particolare, che la sentenza impugnata trascura la circostanza – pur documentata – che la scontistica sarebbe specificamente regolata nei rapporti contrattuali tra la Soc. AGRINOVA e i clienti affiliati.
I mezzi non fondati.
Va data ulteriormente continuità al principio (Sez.5,
Sentenza n.26513 del 12/12/2011, Rv.620845) secondo cui
il ricorso alla procedura di variazione prevista
dall’art.26 c.2 d.iva per l’applicazione di abbuoni o
sconti, con la connessa riduzione dell’ammontare imponibile, richiede una duplice condizione:
a)che sia praticato al cessionario o committente, dal
cedente o dal prestatore, uno sconto sul prezzo della
vendita effettuato;
b)che la riduzione del corrispettivo al cliente sia il
frutto di un accordo, il quale può essere documentale,
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vo si parla del rimborso spese come “unica fonte di ri-

o verbale, e persino successivo, purché del medesimo
sia fornita la prova, da parte dei soggetti interessati, mediante la trasfusione del patto stesso in note di
accredito, emesse da una parte a favore dell’altra, con
l’allegazione della causale che, volta per volta, abbia
giustificato gli sconti medesimi.
Invero, l’art.26 espressamente prevede che la riduzione

tro, “in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o
sconti previsti contrattualmente”.
Ne consegue che quando il giudice di merito escluda la
dimostrazione di una qualsivoglia previsione contrattuale in tal senso, è illegittimo il ricorso alla procedura di variazione (Sez.5, Sentenza n.318 dell’il/
01/2006, Rv.586264).
E’, infatti, preciso onere della parte contribuente
fornire elementi certi dai quali desumere che oggetto
della pattuizione siano degli sconti e non “un premio
di fine anno”, che non dà diritto a detrazione, trattandosi non di componente che incide direttamente sul
prezzo della merce, ma di contributo autonomamente riconosciuto a fine esercizio al cliente in base al raggiungimento di un determinato fatturato, e quale incentivo per future operazioni (Sez.5, Sentenza n.6475 del
19/03/2007, Rv.597030).
Perciò si è ritenuto che lo sconto o abbuono praticato
sul prezzo di fornitura, che attribuisce al cedente, ai
sensi degli artt.19 e 26 d.iva, il diritto di portare
in detrazione l’imposta versata sulla nota di variazione, previa registrazione della stessa, si deve necessariamente distinguere dal premio o “bonus” riconosciuto
ai cessionari, periodicamente o a fine rapporto, in
funzione del conseguimento di specifici obiettivi o risultati contrattualmente predeterminati, al quale si
applica un diverso regime fiscale.
Infatti, come si è detto, lo sconto è componente che
incide direttamente sul prezzo della merce o del servizio, riducendone l’ammontare dovuto per le singole ope200801079_5.doc

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dell’ammontare imponibile possa aver luogo, fra l’al-

razioni poste in essere, mentre il premio è un contributo autonomo riconosciuto indistintamente a fine esercizio al cliente al raggiungimento di un fatturato determinato o per incentivarlo a futuri acquisti (Sez.65, Ordinanza n.5208 del 30/03/2012, Rv.621734).
Gli approdi della giurisprudenza nazionale sopra riassunti trovano riscontro implicito anche nella giuri-

correlazione tra sconto o abbuono concesso
all’acquirente finale dal dettagliante e l’operazione
imponibile originaria tra il fornitore e il dettagliante (CGCE, 24/10/1996, C-217/94, Eismann Alto Adige
s.r.1., in tema buoni-rimborso).
Nella specie, si ammette in ricorso che i vantaggi accordati dai fornitori alla Soc. AGRINOVA – e da questa
ripartiti tra gli affiliati – siano incentivi al raggiungimento di determinati obiettivi di acquisto.
Infatti, è la stessa ricorrente ad affermare -pag.9che nei contratti con gli affiliati v’è “…l’impegno da
parte della società AGRINOVA s.r.l. di riversare anche
ai clienti non soci o affiliati gli sconti o gli abbuoni ottenuti al fine di ogni campagna agraria per effetto del cumulo di acquisti realizzato”.
Dunque, quello riversato agli acquirenti affiliati altro non è che la quota parte del contributo autonomo
riconosciuto indistintamente a fine esercizio alla soc.
AGRINOVA dai suoi fornitori quale premio di fine anno
per il raggiungimento di determinati livelli di fatturato.
Il riconoscimento – anche se contrattuale – ai clienti
affiliati alla soc. AGRINOVA della rispettiva quota
parte di tale contributo autonomo non incide, dunque,
direttamente sul prezzo delle singole merci compravendute, riducendone l’ammontare dovuto per le singole operazioni compiute, ma resta pur sempre un semplice
“bonus” riconosciuto ai cessionari in funzione di obiettivi predeterminati.
(I V)

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sprudenza comunitaria, che si sofferma sulla necessaria

Passando agli altri mezzi,

con la seconda censura del

secondo motivo e con il quarto motivo, la ricorrente
denuncia vizio di motivazione e violazione degli artt.
12-13 d.iva, assumendo che – contrariamente all’assunto
del giudice d’appello – i cd. “contributi spese” devono
essere assoggettati alle stesse aliquote relative alle
cessioni dei prodotti agricoli, “giacché trattasi di

rispetto alla prestazione principale e comunque concorrenti a formare l’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti dai clienti in forza di esplicite clausole
contrattuali”.
I mezzi sono fondati.
Premesso che la contribuente parla di un corrispettivo
di rivendita “maggiorato di una percentuale concordata
annualmente prima dell’inizio delle forniture” (ric.
pag.10) e “descritto in fattura come ” (ric. pag.15), il giudice d’appello ritiene che
detto contributo vada trattato, ai fini IVA, quale separata “provvigione per l’attività commerciale svolta”,
a sua volta, soggetta ad aliquota autonoma e maggiore.
Tale conclusione, invece, trascura il nesso di accessorietà previsto dall’art.12 d.iva e – soprattutto – la
nozione di prestazione unitaria scaturente dall’art.11
c.2 (lett. b) della sesta direttiva.
La norma comunitaria, infatti, fa rientrare nella medesima base imponibile le spese accessorie addebitate
all’acquirente da parte del cedente, riguardo a prestazioni che non costituiscono per il cliente un fine a sé
stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni della prestazione principale (CGCE, 05/06/1997,
C-2/95, Sparekassernes Datacenter; 11/06/2009, C572/07, RLRE Telmer Property), in regime cioè di dipendenza funzionale (CGCE, 01/12/2005, C-394/04 e C395/04), onde ottenere una prestazione economica unica,
indissociabile e solo artificiosamente scomponibile
(CGCE, 11/02/2010, 0-88/09), qual è appunto – nelle

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somme dovute per prestazioni accessorie non autonome

specie – la rivendita di merci a prezzo maggiorato mediante “contributo spese”.
Inoltre, l’art.13 d.iva afferma al comma l che “la base
imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni
di servizi è costituita dall’ammontare complessivo dei
corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le
condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese

terzi accollati al cessionario o al committente, aumentato delle integrazioni direttamente connesse con i
corrispettivi dovuti da altri soggetti”.
Mentre al comma 2 precisa che “agli effetti del comma l
i corrispettivi sono costituiti … b) per i passaggi
di beni dal committente al commissionario o dal commissionario ai committente, di cui all’art.2, comma 2, n.3
rispettivamente dal prezzo di vendita pattuito dal commissionario, diminuito della provvigione, e dal prezzo
di acquisto pattuito dal commissionario, aumentato della provvigione”.
Dunque, “per i passaggi di beni dal committente al commissionario o dal commissionario al committente” la
provvigione – spettante a chi “agisce in nome proprio
ma nell’interesse di altro soggetto” e deve essere considerato quale “operatore in proprio” (Sez.5 n.11267
del 27/08/2001) – rappresenta una componente da aggiungere al prezzo di fornitura (cfr. art. 6 §4 sesta direttiva).
Ne deriva che anche per l’art.13 il corrispettivo di
vendita pattuito con il committente va considerato globalmente e integralmente come prezzo dell’operazione
economica (Sez. 5, Sentenza n. 14780 del 05/07/2011,
Rv. 618480).
Dunque, la filiera commerciale [fornitore -> rivenditore -> acquirente finale] non si discosta neppure dallo
schema divisato dall’art.13 d.iva e dell’art.6 della
sesta direttiva nell’individuare il prezzo imponibile
come comprensivo delle spese di produzione del servizio.
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inerenti all’esecuzione e i debiti o altri oneri verso

MSEN -77: _
Ai SENSI D
N. 131 TAB. ALL. – N. 3
MATERIA TRWUTAikiA
(V)
In conclusione, rigettati gli altri mezzi, si deve accogliere parzialmente il ricorso nei sensi di cui in
motivazione sub § IV, e, cassata la sentenza d’appello
“in parte qua”, si deve accogliere nel merito (art.384
c.p.c.) il ricorso della contribuente limitatamente al
capo di domanda sull’aliquota per “contributi spese”.

benza e sono liquidate in dispositivo; l’evolversi della vicenda processuale fa stimar equa la compensazione
delle spese dei gradi di merito. Nessuna pronunzia va
adottata riguardo al Ministero, che, erroneamente intimato, non svolge attività difensiva.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero intimato e lo accoglie parzialmente,
nei sensi di cui in motivazione, verso l’Agenzia controricorrente.
Cassa nei limiti dell’accolto la sentenza d’appello e,
decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo
della contribuente limitatamente alla ripresa sui “contributi spese”.
Condanna la controricorrente alle spese del giudizio di
legittimità liquidate in complessivi C 6500 (di cui C
200 per esborsi), oltre agli oneri di legge; compensa
le spese dei gradi di merito.
Così deciso in roma, 1’8 aprile 2013.

La spese del giudizio di legittimità seguono la soccom-

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