Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13311 del 30/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13311 Anno 2015
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

– rito

SENTENZA

applicabile
per

sul ricorso 11547-2011 proposto da:

l’impugnazione

ALLIANZ SPA (già RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA’

Data pubblicazione: 30/06/2015

R.G.N. 11547/2011

S.P.A.) 05032630963, in persona del procuratore dott.
Cron.

PINO ANTONIO CONTE, elettivamente domiciliata in
Rep.

ROMA, VIA PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato
Ud. 29/01/2015

GIORGIO SPADAFORA, che la rappresenta e difende
PU

giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

PENZO BEATRICE, elettivamente domiciliata in ROMA,
V.TRIONFALE 5697, presso lo studio dell’avvocato

1

DOMENICO BATTISTA, che la rappresenta e difende
giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente non chè contro

NAVALE ASSICURAZIONI SPA ORA UGF ASSICURAZIONI SPA

– intimati –

Nonché da:
NAVALE ASSICURAZIONI SPA ORA UGE ASSICURAZIONI SPA
02705901201, in persona del suo procuratore ad
negotia dott.ssa GIOVANNA GIGLIOTTI, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 60, presso lo
studio dell’avvocato ENRICO CAROLI, rappresentata e
difesa dall’avvocato RICCARDO MOLLAME giusta procura
a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrente incidentale contro

PENZO BEATRICE, elettivamente domiciliata in ROMA,
V.TRIONFALE 5697, presso lo studio dell’avvocato
DOMENICO BATTISTA, che lo rappresenta e difende
giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente all’incidentale nonchè contro

ALLIANZ SPA 05032630963,

GHEDINI ALBERTO,

COLI

FABRIZIO;
– intimati –

2

02705901201, GHEDINI ALBERTO, COLI FABRIZIO;

avverso la sentenza n. 201/2011 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 09/02/2011 R.G.N.
2178/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/01/2015 dal Consigliere Dott.

udito l’Avvocato GIORGIO SPADAFORA;
udito l’Avvocato RICCARDO MOLLANE;
udito l’Avvocato GABRIELE FERABECOLI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per
l’accoglimento di entrambi i ricorsi per i primi due
motivi, assorbiti i restanti.

3

ANTONIETTA SCRIMA;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato a Penzo Beatrice, a Ghedini Alberto, alla Mercury
Assicurazioni S.p.a., agli eredi di Ben Giuseppe e a Coli Fabrizio, quale
curatore dell’eredità giacente di Ben Giuseppe, la RAS S.p.a.
proponeva impugnazione avverso la sentenza n. 2724/05 emessa dal

che aveva dichiarato che il sinistro di cui si discute in causa si era
verificato per colpa concorrente, nella misura del 20%, dell’attrice
Penzo e, nella misura dell’80%, del convenuto Ben e del chiamato in
causa Ghedini ed aveva condannato questi ultimi e le rispettive società
assicuratrici al pagamento, in solido, in favore dell’attrice, di €
519.736,55, oltre interessi e rivalutazione, da ripartirsi in pari misura tra
loro e aveva regolato le spese tra le parti —, la Corte di appello di
Bologna dichiarasse, in relazione al sinistro di cui si discute in causa,
l’esclusiva responsabilità di Penzo Beatrice o, in subordine, la
prevalente responsabilità della stessa e di Ghedini Alberto, con
esclusione di ogni danno da lucro cessante, con liquidazione degli
interessi secondo il principio enunciato dalle Sezioni Unite della Corte
di Cassazione nella sentenza n. 1712/95 e con decurtazione degli
acconti versati.
Con separato atto d’appello anche la Navale Assicurazioni S.p.a., già
Mercury Assicurazioni S.p.a., impugnava la medesima sentenza del
Tribunale di Bologna chiedendo, con riferimento al sinistro in
questione, la declaratoria di responsabilità esclusiva di Penzo Beatrice o
del convenuto Beni Giuseppe ovvero di entrambi in concorso, con
conseguente rigetto delle domande proposte nei confronti dei chiamati
in causa Ghedini Alberto, Navale Assicurazioni S.p.a.; in subordine
quest’ultima chiedeva che l’adita Corte la dichiarasse tenuta in
Ric. 2011 n. 11547
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Tribunale di Bologna, chiedendo che, in totale riforma della stessa —

proporzione ad un minore concorso di colpa imputato a Ghedini
Alberto, con esclusione del danno patrimoniale e con calcolo degli
interessi effettuato sul capitale devalutato alla data del sinistro e poi via
via rivalutato.
Nel procedimento n. 2178/06 R.G., inerente all’atto di appello

proponendo a sua volta appello incidentale.
Nel procedimento numero 2264/06 RG., relativo all’atto di appello
proposto dalla Navale Assicurazioni S.p.a., si costituivano Penzo
Beatrice e la RAS S.p.a., proponendo anche appello incidentale.
Riuniti i due gravami, la Corte di appello di Bologna, con sentenza del
9 febbraio 2011, dichiarava inammissibili gli appelli proposti dalla RAS
S.p.a. e dalla Navale Assicurazioni S.p.a. e, per l’effetto, dichiarava
inefficaci gli appelli incidentali proposti; condannava la RAS S.p.a. e la
Navale Assicurazioni S.p.a., in solido tra loro, alle spese del grado in
favore di Penzo Beatrice.
Avverso tale decisione l’Allianz S.p.a. (già RAS S.p.a.) ha proposto
ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
UGF Assicurazioni S.p.a. (ora UnipolSai Assicurazioni S.p.a., già
Navale Assicurazioni S.p.a., già CAB S.p.a., già La Fiduciaria
Assicurazioni S.p.a., già Mercury Assicurazioni S.p.a.) ha resistito con
controricorso contenente ricorso incidentale basato su un unico
articolato motivo.
Punzo Beatrice ha resistito con distinti controricorsi sia al ricorso
principale sia al controricorso contenente ricorso incidentale.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Sia la ricorrente che la controricorrente ricorrente incidentale hanno
depositato memorie.
Ric. 2011 n. 11547
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notificato dalla Ras S.p.A., si costituiva solo Penzo Beatrice,

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorso principale
1. Con il primo motivo si lamenta “Violazione e falsa applicazione
dell’art. 3 1. 21 febbraio 2006 n. 102, dell’art. 11 delle disposizioni sulla
legge in generale (ed. preleggi), degli artt. 5, 327, 342, 434 e 447 bis

procedimento in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c.”.
La società ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui
ha ritenuto, in difetto di disposizioni transitorie e in base al principio di
cui all’art. 11 delle cd. preleggi, applicabile anche ai giudizi in corso
l’art. 3 della legge n. 102 del 2006, secondo cui alle cause relative al
risarcimento dei danni per morte o lesioni personali conseguenti ad
incidenti stradali si applicano le norme che disciplinano il cd. processo
del lavoro, sicché l’appello nella specie avrebbe dovuto essere proposto
con ricorso da depositare nel termine stabilito dalla legge,
evidenziando che l’erronea introduzione dell’impugnazione con atto di
citazione può instaurare validamente il giudizio di appello a condizione
che l’atto di impugnazione “entri nella sfera di disponibilità
dell’Organo Giudiziario, attraverso la costituzione in causa
dell’appellante, nel termine concesso dalla legge per appellare” ma che,
essendosi, nella specie, le compagnie assicuratrici costituite nel giudizio
di appello oltre tale termine, il gravame proposto doveva essere
dichiarato inammissibile per tardività.
Sostiene la ricorrente che le cause come quella all’esame, promosse
prima dell’entrata in vigore di detta legge con rito ordinario, debbano
proseguire senza mutamento di rito e che la diversa tesi, fatta propria
dalla Corte di merito, non sarebbe compatibile con l’interpretazione
dell’art. 11 delle preleggi in rapporto alla formulazione dell’art. 5
Ric. 2011 n. 11547
6

c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.. Nullità della sentenza e del

introdotta con la riforma di cui alla legge n. 353 del 1990, che ha esteso
il principio della peOetuatio iurisdictionis anche allo ius superveniens
ponendo in rilievo che la norma di cui all’art. 3 richiamato non si
riferisce a singoli atti processuali ma incide sull’intero processo e che la
presente causa era già pendente alla data di entrata in vigore della legge

Sostiene inoltre la ricorrente che la prospettata inapplicabilità della
legge sopravvenuta ai giudizi pendenti sarebbe conforme ad una
interpretazione costituzionalmente orientata della norma, in quanto i
principi di celerità, razionalità e coerenza nello svolgimento del
processo di cui all’art. 111, secondo comma, Cost. dovrebbero
precludere l’adozione di soluzioni interpretative, con riferimento ai
giudizi pendenti, che, invece di accelerare il processo, lo rallentino.
2. Con il secondo motivo si lamenta “Violazione e falsa applicazione
dell’art. 3 1. 21 febbraio 2006 n. 102, dell’art. 11 delle disposizioni sulla
legge in generale (ed. preleggi), degli artt. 5, 327, 342, 434 e 447 bis
c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.. Nullità della sentenza e del
procedimento in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c.”.
La ricorrente deduce l’inapplicabilità della legge sopravvenuta al caso
di specie anche sotto altro profilo, sostenendo che essendosi il giudizio
di primo grado concluso antecedentemente all’entrata in vigore della
stessa, con sentenza pubblicata il 18 ottobre 2005, il procedimento di
appello, che è solo una fase del processo, avrebbe dovuto svolgersi
secondo le regole del rito ordinario.
3. Con il terzo motivo si lamenta “Violazione e falsa applicazione
dell’art. 3 1. 21 febbraio 2006 n. 102, degli ara. 327, 342, 434, 439 e 447
bis c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.. Nullità della sentenza e del
procedimento in relazione all’art. 360, n.4 c.p.c.”.
Ric. 2011 n. 11547
7

n. 102 del 2006.

Assume la ricorrente che, pur se disattese le tesi esposte nei motivi che
precedono, la decisione impugnata sarebbe entriunque
in quanto in ogni Labu Pihipugiuzione avrebbe dovutu t.%úzte
introdotta con citazione, salvo il successivo mutamento di rito: ‘ CIA
disporsi da parte del giudice dell’appello, atteso che, se il processo è

pronunciata la sentenza, il termine per impugnare e le forme
dell’appello devono essere quelli del rito ordinario, non rilevando che
nelle more sia entrata in vigore la legge n. 102 del 2006, né il
mutamento del rito può essere affidato all’iniziativa di parte ma va —
ove necessario — disposto dal Giudice.
4. Con il quarto motivo si lamenta “Violazione e falsa applicazione
dell’art. 53 legge 18 giugno 2009, n. 69, dell’art. 3 legge 21 febbraio
2006 n. 102, degli artt. 327, 342, 434, 439 e 447 bis e c.p.c., in relazione
all’art. 360 n. 3 c.p.c.. Nullità della sentenza e del procedimento in
relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.”.
Rappresenta la ricorrente che l ‘art. 53 della legge 18 giugno 2009, n. 69
ha abrogato, a far data dal 4 luglio 2009, l ‘art. 3 della legge n. 102 del
2006, disponendo, in via transitoria, che alle controversie disciplinate
dal citato art. 3 pendenti alla data di entrata in vigore della legge
abrogatrice continuano ad applicarsi le disposizioni di cui libro
secondo, titolo IV, capo I, del codice di procedura civile mentre tale
disposizione non si applica ai giudizi introdotti con il rito ordinario e
per i quali alla data di entrata in vigore della legge da ultimo richiamata
(4 luglio 2009) non sia stata ancora disposta la modifica del rito ai sensi
dell’art. 426
Ritiene la ricorrente che la decisione impugnata sarebbe illegittima
anche alla luce di tale disciplina transitoria, in quanto, non essendo
Ric. 201111. 11547
8

stato legittimamente celebrato col rito ordinario e con tale rito è stata

stato disposto nel giudizio di appello, alla data del 4 luglio 2009, il
mutamento del rito, il giudizio avrebbe dovuto proseguire con il rito
ordinario, non essendo applicabile l’ormai abrogato art. 3 della legge n.
102 del 2006.

5. Con l’unico articolato motivo di ricorso incidentale si lamenta
“Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. 102/2006, dell’art.
11 delle preleggi, degli artt. 5, 327, 342, 434, 439 e 447 bis c.p.c,
nonché dell’art. 53 della L. 69/2009, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.,
per aver ritenuto che l’atto introduttivo del giudizio di appello avrebbe
dovuto essere proposto nelle forme e nei termini del c.d. rito del
lavoro e per aver conseguentemente ritenuto inammissibile l’appello di
U.G.F. (all’epoca Navale), ritenendolo tardivamente proposto. Nullità
della sentenza e del procedimento in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c.”.
La ricorrente incidentale censura la sentenza impugnata sulla base di
tre ordini di argomentazioni. Anzitutto sostiene l’inapplicabilità dell’art.
3 più volte citato ai giudizi pendenti. Assume, poi che, se il processo è
stato trattato in primo grado con il rito ordinario e con tale rito è stata
pronunciata la sentenza, anche per la proposizione dell’appello devono
essere rispettati i termini e le forme previsti per il rito ordinario (cd.
principio della ultrattività del rito), salvo il dovere del giudice
dell’impugnazione, ove ritenga applicabile il rito speciale, di disporre in
sede di prima udienza il mutamento del rito. Ritiene, inoltre, che in
ogni caso nella specie va applicato l’art. 53 della legge n. 69 del 2009,
abrogativo dell’art. 3 della legge n. 102 del 2006, evidenziando che nel
secondo comma dell’art. 53 citato è stabilito che la disposizione di cui
alla prima parte di quel comma non si applica ai giudizi introdotti con
il rito ordinario e per i quali alla data di entrata in vigore della legge n.
Ric. 2011 n. 11547
9

Ricorso incidentale

69 del 2009 non sia stata ancora disposta la modifica del rito ai sensi
dell’art. 426 c.p.c.; pertanto, poiché nella causa de qua, introdotta Con li
rito ordinario, non è stato disposto dal Giudice il mutamento del rito,
ne consegue, giusta quanto disposto dall’art. 53 richiamato, la
perdurante applicabilità del rito ordinario e, quindi, l’erroneità della

La ricorrente ha poi riproposto tutti i motivi di appello non esaminati
dalla Corte territoriale, in quanto assorbiti dalla declaratoria di
inammissibilità del gravame.

Esame dei motivi
6. I motivi primo, secondo e quarto del ricorso principale e l’unico
motivo del ricorso incidentale ben possono essere unitariamente
considerati, riferendosi gli stessi sostanzialmente e in gran parte alle
medesime questioni.
6.1. Risulta dalla sentenza impugnata ed è incontroverso tra le parti che
la causa è stata trattata in primo grado con il rito ordinario e secondo
tale rito è stata pure emessa la sentenza di primo grado, pubblicata in
data 18 maggio 2005.
Successivamente e prima della proposizione dell’appello, è entrata in
vigore (in data 1° aprile 2006) la legge 21 febbraio 2006, n. 102 che,
all’art. 3, ha previsto l’applicabilità delle norme processuali di cui al
libro secondo, titolo IV, capo I del codice di procedura civile alle
cause, come quella all’esame, aventi ad oggetto il risarcimento dei
danni per morte o lesioni conseguenti ad incidenti stradali, senza
dettare alcuna disciplina transitoria.
6.2. Sia pure esaminando la questione relativa all’applicabilità o meno o
del rito contemplato dal d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, alle controversie
instaurate prima della data della sua entrata in vigore, questa Corte ha
Ric. 2011 n. 11547
10

decisione impugnata.

affermato che, in assenza di norme che diversamente dispongano, il
processo civile è regolato nella sua interezza dal rito vigente al
momento della proposizione della domanda, non potendo il principio
del tempus regit actum, in forza del quale lo ius superveniens trova
applicazione immediata in materia processuale, che riferirsi ai singoli

rito. Infatti, posto che il “rito” è da intendersi come l’insieme” delle
regole sistematicamente organizzate in vista della statuizione giudiziale,
l’applicazione di un nuovo rito ad un processo già iniziato, in assenza
di norme transitorie che ciò autorizzino, si tradurrebbe in una non
consentita applicazione retroattiva di quell’insieme”, invece vietata dal
principio di irretroattività della legge contenuto nell’art. 11 delle
disposizioni sulla legge in generale, di cui lo stesso art. 5 c.p.c. è
applicazione (Cass. 7 ottobre 2010, n. 20811).
Con riferimento poi all’applicabilità o meno dell’art. 3 della legge n.
102 del 2006, di cui si discute nella presente causa, al giudizio di
appello in una causa di risarcimento danni da lesioni derivanti da
sinistro stradale instaurata davanti al giudice di pace anteriormente
all’entrata in vigore della predetta norma, con ordinanza n. 23987 della
Sez. 6 – 3, depositata il 28 dicembre 2012 (non massimata), questa
Corte, ha, tra l’altro, affermato che, in difetto di disposizioni transitorie
in ordine ai giudizi promossi prima dell’entrata in vigore della legge
citata (4 luglio 2006) e pendenti a tale data, l’applicabilità del rito del
lavoro, sussistendone le condizioni, può essere postulata soltanto con
riferimento ai giudizi instaurati successivamente all’entrata in vigore
della nuova normativa.
6.3. Il Collegio ritiene di condividere i principi sopra ricordati che ben
possono essere applicati al caso all’esame, evidenziando, inoltre, che la
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11

atti da compiere, isolatamente considerati, e non già all’intero nuovo

mancanza di disposizioni di attuazione relative all’art. 3 della legge n.
102 del 2006 comporta che, in base ai principi generali che regolano il
processo, occorre far riferimento al principio della ultrattività del rito,
alla luce del quale la proposizione dell’appello deve conformarsi alle
forme e ai termini del rito seguito in primo grado. Tale principio –

mezzo di impugnazione esperibile deve avvenire in base al principio
dell’apparenza, cioè con riguardo esclusivo alla qualificazione, anche
implicita, dell’azione e del provvedimento compiuta dal giudice – trova
specifico fondamento nel fatto che il mutamento del rito con cui il
processo sia eventualmente erroneamente iniziato compete
esclusivamente al giudice (Cass. 11 luglio 2014, n. 15897).
6.4. A quanto precede va poi aggiunto che l’art. 53 della legge n. 69 del
2009, che ha abrogato l’art. 3 della legge a 102 del 2006, al secondo
cornma stabilisce che: “Alle controversie disciplinate dall’art. 3 della
legge 21 febbraio 2006, n. 102, pendenti alla data di entrata in vigore
della presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al
libro secondo, titolo IV, capo I, del codice di procedura civile. La
disposizione di cui al presente comma non si applica ai giudizi
introdotti con il rito ordinario e per i quali alla data di entrata in vigore
della presente legge non é stata ancora disposta la modifica del rito ai
sensi dell’art. 426 del codice di procedura civile”.
Orbene, poiché con riferimento alla presente causa, introdotta con il
rito -ordinario, alla data di entrata in vigore della legge n. 69 del 2009 (4
luglio 2009) non era stato disposto dal giudice del merito il mutamento
del rito, ai sensi della norma da ultimo indicata, alla detta causa, anche
in secondo grado, continuava ad essere applicabile il rito ordinario,
sicché entrambi gli appelli nel caso all’esame, contrariamente a quanto
Ric. 2011 n. 11547
12

quale specificazione di quello più generale per cui l’individuazione del

ritenuto dalla Corte territoriale, sono stati ritualmente e
tempestivamente proposti con le forme e nei termini del rito ordinario.
6.5. 1 motivi primo, secondo e quarto del ricorso principale e l’intero
motivo del ricorso incidentale vanno, pertanto, accolti e va affermato il
seguente principio: “In assenza di norme che diversamente

rito vigente al momento della proposizione della domanda, non
potendo il principio del tempus regit acturn, in forza del quale lo
ius supetveniens trova applicazione immediata in materia

processuale, che riferirsi ai singoli atti da compiere, isolatamente
considerati, e non già all’intero nuovo rito. Pertanto, nelle cause
relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni personali
conseguenti ad incidenti stradali instaurate prima della data di
entrata in vigore della legge 21 febbraio 2006, n. 102 e trattate e
decise in primo grado secondo il rito ordinario, l’appello deve
essere proposto con le forme e nei termini del medesimo rito.
Alle controversie in parola, qualora siano pendenti alla data di
entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69 e, in relazione
ad esse, alla predetta data, non sia stata ancora disposta la
modifica del rito ai sensi dell’art. 426 c.p.c., continua ad
applicarsi il rito ordinario anche in appello”.
7. L’esame del terzo motivo del ricorso principale, sostanzialmente
condizionato al mancato accoglimento dei primi due motivi dello
stesso ricorso, resta assorbito dall’accoglimento dei detti motivi.
8. Alla luce di quanto precede, l’impugnata sentenza va cassata e la
causa va rinviata – anche per le spese del presente giudizio di
cassazione – alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione,
che si uniformerà al suddetto principio di diritto.
Ric, 2011 n. 11547
13

dispongano, il processo civile è regolato nella sua interezza dal

P.Q.M.
La Corte, pronunciando sui ricorsi riuniti, accoglie il primo, il secondo
e il quarto motivo del ricorso principale, assorbito il terzo, accoglie
altresì il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche
per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio • ella Sezione erza
Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 g naio 2015.

Bologna, in diversa composizione.

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