Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13308 del 29/05/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 13308 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: MELONI MARINA

SENTENZA

sul ricorso 5859-2012 proposto da:
CAD LA SPEZIA SRL IN LIQUIDAZIONE in persona del
Liquidatore e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA GONDAR 22,
presso lo studio dell’avvocato ANTONELLI MARIA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ARMELLA
2013

SARA giusta delega a margine;
– ricorrente –

1060

contro

AGENZIA DELLE DOGANE

in persona

del

Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 29/05/2013

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DELLE DOGANE DI LA
SPEZIA;

avverso la sentenza n. 95/2011 della COMM.TRIB.REG. di
GENOVA, depositata 1’11/07/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/03/2013 dal Consigliere Dott. MARINA
MELONI;
udito per il controricorrente l’Avvocato ALBENZIO che
si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– intimato –

Svolgimento del processo
Nel corso degli anni 2004 e 2006 la società Di Feng

la Dogana di La Spezia tramite il Centro di
Assistenza doganale CAD LA SPEZIA srl il quale
provvedeva a presentare le dichiarazioni
d’importazione corredate dai certificati di origine
e dai necessari documenti commerciali. Nell’ambito
dell’attività di controllo a posteriori l’Ufficio
delle Dogane di La Spezia, ritenuto incongruo il
corrispettivo di vendita esposto nelle fatture e
nelle dichiarazioni doganali aveva proceduto al
ricalcolo del valore ed emesso avvisi di rettifica,
notificati anche al CAD La Spezia srl, in qualità
di coobbligato solidale, attribuendo alla merce un
maggior valore parametrato al valore economico
reale dei capi d’abbigliamento.
A seguito di notifica degli avvisi di rettifica
dell’accertamento, emessi dall’Agenzia delle Dogane
di La Spezia, con il quale era stato ingiunto il
pagamento dei maggiori diritti doganali per
recupero a posteriori del dazio più iva in
relazione al ricalcolo del valore della merce, la
1

srl effettuava due importazioni di tessuti presso

società CAD LA SPEZIA

SRL

(Centro

di

assistenza doganale) presentava ricorso alla
Commissione Tributaria provinciale di La Spezia la
quale, con sentenza nr.1/04/10, rigettava il
ricorso e confermava gli avvisi di accertamento

Su ricorso in appello proposto dalla società
ricorrente, la Commissione tributaria regionale
della Liguria, con sentenza nr.1/7/11 depositata in
data 11/7/2011,confermava la sentenza di primo
grado. Avverso la sentenza della Commissione
Tributaria regionale della Liguria ha proposto
ricorso per cassazione Cad La Spezia srl in
liquidazione con cinque motivi ed ha resistito
l’Agenzia delle Dogane con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente
denuncia la nullità della sentenza ex art. 360 nr.
4 cpc per difetto assoluto di motivazione e lamenta

emessi nei confronti della società.

violazione e falsa applicazione dell’art.36 secondo
comma nr.4 d.lgs 31 dicembre 1992 nr.546 in quanto
la sentenza non contiene nemmeno succintamente
l’esposizione dei fatti che hanno generato la
controversia e delle ragioni di diritto sulle quali
è fondata la decisione.
2

\IA

Il motivo è infondato e deve essere respinto.
Infatti la sentenza impugnata risulta conforme al
disposto dell’art. 36 del D.Lgs. 31 dicembre 1992,
n. 546 in tema di contenzioso tributario,

l’altro, la “concisa esposizione dello svolgimento
del processo” e “la succinta esposizione dei motivi
in fatto e diritto” – ed infatti contiene il minimo
indispensabile necessario a dar conto del rigetto
dell’appello attraverso la concisa esposizione dei
fatti rilevanti della causa, rendendo possibile
l’individuazione del “thema decidendum” e delle
ragioni che stanno a fondamento del dispositivo.
Con il secondo e terzo motivo di ricorso la
ricorrente CAD LA SPEZIA srl in liquidazione
lamenta violazione e falsa applicazione degli
artt.29 e 30 del REG.CEE n.2913 del 12/10/1992
C.D.C., artt. 151 e 152 d.a.c. in relazione
all’art. 360 n.3 cpc nonché omessa motivazione su
un fatto controverso e decisivo ai sensi dell’art.
360 nr.5 cpc in quanto la CTR ha ritenuto che la
Dogana abbia correttamente applicato il metodo
previsto dall’art. 30 secondo comma lett.b) e dagli
artt. 151 e 152 d.a.c. senza tuttavia riferire su
quali elementi abbia fondato tale giudizio.
3

secondo cui la sentenza deve contenere, fra

I _____ motivi ___

sono –

infondati e devono

essere respinti.
Deve

infatti

essere

precisato,

in

ordine

all’asserita omessa motivazione ex art. 360 nr. 5
cpc, che la sentenza impugnata ha invece

dell’ufficio doganale di rideterminare i prezzi,
ossia il così detto valore di transazione di cui
all’art.181 bis D.A.C., risulta giustificato
dall’incongruità dei prezzi dichiarati dalla parte
in sede di importazione, in quanto insufficienti a
coprire i costi di produzione e che appare corretto
per la determinazione del valore il ricorso fatto
dall’Agenzia ad uno dei metodi alternativi di cui
al combinato disposto dell’art. 30 comma 2 lett.B)
cdc ed art. 151 D.A.C.
Risulta quindi giustificato il ricorso all’art. 181
bis D.A.C. in base al quale le autorità doganali,
qualora abbiano fondato motivo di ritenere

chiaramente affermato che l’esercizio del potere

inattendibile il valore imponibile dichiarato, come
nella fattispecie, possono procedere alla
rideterminazione del valore imponibile in base ad
uno dei due metodi alternativi di cui all’art. 30
coma 2 lett.b)cdc ed art. 151 dac e tale procedura
comporta un’inversione dell’onere della prova dalla
dogana a carico dell’importatore, il quale dovrà
4

e

fornire

all’Ufficio

doganale

gli

elementi necessari a dimostrare infondato il
legittimo sospetto. Nella fattispecie peraltro
sussistevano ragionevoli sospetti in ordine alla
congruità del valore imponibile dichiarato, in

d’importazione e pertanto era del tutto legittimo
ricorrere ai criteri suppletivi di stima previsti
dal codice doganale (art.30 e 31)e dalle norme di
attuazione (art.151). Il criterio adoperato
rientray2r altresì nei parametri di ragionevolezza
della regola VII del GATT (art. 31 CDC)ed assolve
pienamente la unzione di delimitare le ragioni
deducibili nella fase contenziosa e di mettere la
parte contribuente in condizione di contestare e
documentare la pretesa erariale.
Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente CAD
LA SPEZIA srl in liquidazione lamenta violazione e
falsa applicazione degli artt. art.201 e 202 del
REG.CEE n.2913 del 12/10/1992 C.D.C. in relazione
all’art. 360 n.3 cpc in quanto la CTR ha ritenuto
legittima la responsabilità in solido della società
ricorrente per il pagamento dei diritti doganali
unitamente alla società importatrice Di Feng srl.
Il motivo è infondato e deve essere respinto.
Occorre premettere che i CAD (Centri di Assistenza
5

relazione alle indagini penali sui documenti

Doganali)
n.549/1992, — sono

con

DM

Finanze

società — costituite _ tra

spedizionieri doganali,

abilitate ad emettere

dichiarazioni doganali,

in rappresentanza sia

diretta che indiretta, previa l’acquisizione ed il

proprietario delle merci. Successivamente, in
attuazione della legge 213/2000, con decreto del
7/12/2000 sono state disciplinate le procedure
autorizzato_rie e le modalità di esercizio delle
procedure semplificate di cui all’art. 76 del
Reg.to CEE nr. 2913/92, nonché il rilascio delle
medesime ai CAD.
Nel caso di specie, avendo il CAD La Spezia operato
in procedura domiciliata, ha agito in regime di
rappresentanza indiretta e deve essere considerato
dichiarante ai sensi dell’art. 76 sopra citato:
risponde quindi in solido con l’importatore di
tutte le obbligazioni tributarie che scaturiscono
dalle operazioni doganali.
La spendita da parte del CAD del proprio nome in
qualità di dichiarante ai sensi dell’art. 201 CDC
fa sì che la sua responsabilità sia perfettamente
solidale con quella del mandante (importatore
proprietario delle merci) e che tale responsabilità
possa, quindi, essere fatta valere, come nella
6

controllo formale della documentazione fornita dal

normale

attività

negoziale

privatistica, nei confronti di terzi, fra cui sono
comprese, ovviamente, le Pubbliche Amministrazioni.
Infatti

l’art.

201

del

REG.CEE

n.2913

del

12/10/1992 stabilisce la solidarietà passiva dello

merce per conto di altri con il soggetto passivo
dell’obbligazione tributaria quando, come nella
fattispecie, agisce nell’ambito della
rappresentanza indiretta, diventando lui stesso
dichiarante e dunque responsabile solidale con il
rappresentato nell’obbligazione doganale.
Pertanto appare del tutto giustificato ritenere
nella fattispecie lo spedizioniere doganale
professionale responsabile in solido con il
debitore per il pagamento della pretesa erariale,
come già più volte affermato da questa Corte, in
quanto “In tema di tributi doganali, lo
spedizioniere che abbia presentato merci in dogana

spedizioniere doganale o di chiunque presenti la

per conto terzi, ma in nome proprio, beneficiando
dell’ammissione alla procedura semplificata di cui
all’art. 12 della legge n. 374 del 1990, risponde,
ai sensi dell’artt. 12 cit. e degli artt. 201 e 202
del Regolamento CEE n. 2913/92 (Codice doganale
comunitario), in via solidale con il soggetto per
conto del quale la merce medesima è stata
7

e

presentata in dogana,

di tutti i dazi,

le imposte e gli accessori dovuti, a qualsiasi
titolo, in relazione all’operazione commerciale,
compresi gli interessi relativi, essendo tale
figura di rappresentante indiretto, anche per la

valutare la veridicità dei documenti trasmessigli,
e dunque consapevole dell’irregolarità
dell’introduzione delle merci nel territorio della
Comunità (nella specie, dovuta a certificati
d’origine poi accertati come contraffatti).” (Sez.
5, Sentenza n. 9773 del 23/04/2010, vedi anche V
sez. nr . 1574 del 3/2/2012 e Sez. 5, Sentenza n.
3285 del 02/03/2012 secondo la quale ” In tema di
diritti doganali, il rappresentante fiscale ai fini
dell’I.V.A. all’importazione, oltre ad essere
coobbligato per gli obblighi derivanti
dall’applicazione delle norme ex art. 17, comma
secondo, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, può
rispondere in solido con il rappresentato anche per

sua preparazione professionale, in grado di

il pagamento dell’imposta doganale, quando risulti
essersi oggettivamente ingerito nel perfezionamento
dell’operazione di importazione, atteso che, a
norma dell’art. 201, terzo comma, del Regolamento
CEE 2193/92 del Consiglio del 12 ottobre 1992,
quando una dichiarazione è resa in base a dati che

8

\97\

determinano la mancata

riscossione totale

o parziale dei dazi dovuti per legge, le persone
che hanno fornito i dati necessari alla stesura
della dichiarazione e che erano o avrebbero dovuto
essere a conoscenza della erroneità possono essere

vigenti disposizioni doganali, e che, in linea con
la regolamentazione comunitaria, l’art. 38 del
d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 vincola
all’obbligazione tributaria tutti coloro comunque
ingeritisi nell’operazione. (Nella specie, la S.C.
ha confermato la decisione del giudice di merito,
che aveva ritenuto la responsabilità in solido del
rappresentante fiscale ai fini I.V.A. per aver
accertato, secondo insindacabile apprezzamento, che
questi era l’intestatario del conto di debito
utilizzato per le operazioni doganali).
Quanto poi all’ asserita illegittima imposizione da
parte della Dogana ad agire in regime di

parimenti considerati debitori conformemente alle

rappresentanza indiretta è appena il caso di
affermare la legittimità delle istruzioni contenute
nella nota della Circoscrizione doganale 4/6/2004
nr. 19092 del tutto conformi alla normativa
vigente.

Con il quinto

motivo di ricorso la ricorrente
9

T

impugnata — sotto

censura la sentenza

due profili: violazione dell’art.112 cpc per avere
la CTR del tutto omesso di pronunciarsi in ordine
all’invocata applicabilità della clausola di equità

o allo sgravio dei dazi in relazione all’art. 360
n.4 cpc, nonché erronea interpretazione dell’art.
221 CDC ed 84 dpr 43 del 1973 in relazione all’art.
360 n.3 cpc.
Il motivo è infondato e deve essere respinto sotto
ambedue i profili evidenziati. Infatti, in ordine
al mancato esame da parte del giudice di appello
della sussistenza delle condizioni di applicabilità
dell’art. 239 cdc (che costituisce una clausola
generale di equità a norma della quale il debitore
ha diritto al rimborso od allo sgravio dei dazi
quando, come nel caso di specie, la violazione
contestata non deriva dalla volontà e dalla

sancita dall’art. 239 cdc relativamente al rimborso

mancata diligenza dell’interessato) è sufficiente
richiamare l’inesistenza dell’obbligo del giudice
di motivare in ordine ad ogni singola eccezione
dell’appellante, specie ove il richiamo a norme di
legge appare generico e non supportato, come nel
caso in esame, da adeguato apparato probatorio

10

\íA

idoneo a comprovare le

circostanze

di

fatto richieste dalla norma per la sua concreta
applicazione.
In ogni caso, in riferimento alla violazione e

la CTR ritenuto sussistere le condizioni di
applicabilità della clausola di equità sancita
dall’art. 239 cdc relativamente al rimborso o allo
sgravio dei dazi in relazione all’art. 360 n.3 cpc,
occorre precisare lo sgravio ex art. 239 CDC è atto
assolutamente discrezionale di natura politicoamministrativa e pertanto il ricorrente non può
dolersi di non averne usufruito (vedi a tal
riguardo Cass. Sez. unite 15381/2002).
In ordine poi

alla

erronea

interpretazione

dell’art. 221 CDC ed 84 dpr 43 del 1973 in
relazione all’art. 360 n.3 cpc, il giudice di
appello ha espressamente affermato che “non è
maturata alcuna prescrizione della pretesa doganale
in ragione dell’art. 201 cdc ed 84 dpr 43/73 poiché
il dies a quo della prescrizione decorre dalla
notificazione della definizione del procedimento
penale” e, considerato che la sospensione opera
anche in casi di successiva archiviazione (24916/11
11

falsa applicazione dell’art. 239 cdc, per non avere

e

19195/06),avvenuta

nella fattispecie

in data 21/11/2009, tale motivazione appare
esauriente e conforme all’orientamento di questa
Corte in riferimento all’art. 221 cdc (vedi Sez. 5,

“l’azione dello Stato per l’accertamento e la
riscossione dei diritti doganali, ove il loro
mancato pagamento sia dovuto ad un reato, si
prescrive, ai sensi degli artt. 84 del d.P.R. n. 43
del 1973 e 29 della legge n. 428 del 1990, nel
termine di tre anni, decorrente dalla data in cui
il decreto o la sentenza pronunciati nel
procedimento penale siano divenuti irrevocabili,
senza che tuttavia sia preclusa all’autorità
doganale la facoltà di notificare una richiesta di
pagamento anche prima che sia iniziata la
decorrenza di tale termine e, quindi, si sia
concluso il procedimento penale”).
Per quanto sopra il ricorso proposto è infondato e
deve essere respinto con condanna alle spese della
società ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso proposto e condanna al pagamento
delle spese di giudizio che si liquidano in
13.000,00 oltre spese prenotate a debito.
12

E

Sentenza n. 7836 del 31/03/2010 secondo cui

~TEDAREGISTRAZIONE
AJSENSIDELD22~-i6
N. 131TA.N.5

Così deciso in Roma

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nella camera di

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