Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13303 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. III, 18/05/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 18/05/2021), n.13303

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 32344/19 proposto da:

A.E., elettivamente domiciliato a Roma, presso la

Cancelleria della III Sezione Civile della Corte di Cassazione,

presso l’avvocato Massimo Gilardoni, che lo difende in virtù di

procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia 8 marzo 2019 n.

418;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13 gennaio 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.E., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il proprio Paese dopo essere stato minacciato di morte dagli appartenenti ad una setta segreta, per essersi rifiutato di assumere il ruolo che il proprio defunto padre rivestiva in seno ad essa.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento A.E. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Brescia, che la rigettò con ordinanza 8.5.2017.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Brescia con sentenza 8.3.2019.

Quest’ultima ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non potessero essere concessi perchè il racconto del richiedente era inattendibile;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non potesse essere concessa, perchè nel Paese d’origine del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, non potesse essere concessa in quanto;

-) il richiedente non aveva conseguito alcun radicamento in Italia;

-) non sussistevano condizioni di vulnerabilità;

-) il richiedente non apparteneva ad una categoria oggetto di discriminazione nel paese d’origine;

-) il richiedente era giovane e non aveva problemi di salute;

-) il ricorrente aveva una famiglia nel suo paese d’origine.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da A.E. con ricorso fondato su due motivi.

Il Ministero dell’interno non ha notificato controricorso, ma solo chiesto di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente dichiara – nell’epigrafe del motivo – di voler prospettare sia il vizio di violazione di legge, sia quello di omesso esame d’un fatto decisivo.

Nell’illustrazione del motivo sono contenute due censure.

Con una prima censura (pagina 3, primo e secondo capoverso) il ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere inattendibile il suo racconto.

Con una seconda censura (pagina 3, terzo e quarto capoverso) il ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere insussistente nella regione di sua provenienza una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.

1.1. Il motivo è inammissibile in ambedue le censure in cui si articola.

Nella parte in cui lamenta l’erroneità del giudizio di inattendibilità, il motivo è inammissibile per due ragioni indipendenti.

Da un lato è inammissibile perchè si limita a contrapporre la propria valutazione a quella della Corte d’appello, senza indicare quale errore di diritto quest’ultima avrebbe commesso nel formulare il giudizio di inattendibilità.

Dall’altro lato il motivo è inammissibile in quanto la Corte d’appello ha rigettato la domanda di protezione sussidiaria, oltre che per l’inattendibilità del richiedente, anche per una seconda ed autonoma ratio decidendi: e cioè in base al rilievo che gli atti di persecuzione riferiti dal richiedente protezione, quand’anche veridici, provenivano da privati, nè il richiedente aveva mai dedotto di non aver potuto ricevere protezione dalle autorità del proprio paese.

Tale autonoma ratio decidendi, giusta o sbagliata che fosse, non è stata investita dal ricorso, ed essendo di per sè sufficiente a sorreggere la motivazione della sentenza impugnata, rende inammissibili le altre censure contenute nel primo motivo di ricorso.

1.2. Nella parte, poi, in cui col primo motivo di ricorso si censura il rigetto della domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il motivo è infondato, dal momento che la Corte d’appello ha escluso la sussistenza nella regione di provenienza dell’odierno ricorrente di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, avvalendosi di fonti di informazione attendibili ed aggiornate.

Violazione di legge, pertanto, non vi fu; lo stabilire poi se la Corte d’appello abbia correttamente valutato le suddette fonti è questione che esula dal perimetro del giudizio di legittimità.

2. Col secondo motivo il ricorrente censura il rigetto della domanda di protezione umanitaria.

Sostiene che la Corte d’appello avrebbe erroneamente rigettato tale domanda “sulla scorta della dedotta inattendibilità del dichiarante”; prosegue censurando la decisione “del tribunale”, e conclude affermando che “la Corte d’appello di Brescia non si è pronunciata sulla domanda e non ha compiuto alcun accertamento”.

2.1. Il motivo è inammissibile.

Per quanto attiene la censura di omessa pronuncia, essa è infondata, dal momento che la Corte d’appello ha dedicato ampia parte della motivazione ad illustrare le ragioni del rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi sanitari.

Per quanto attiene l’affermazione secondo cui la Corte d’appello avrebbe rigettato la domanda di protezione umanitaria “sulla scorta della dedotta inattendibilità del dichiarante”, anch’essa è infondata: la Corte d’appello, infatti, ha rigettato la suddetta domanda ritenendo non sussistente alcuna condizione di vulnerabilità, e non in ragione della inattendibilità del richiedente.

3. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata.

La dichiarazione di inammissibilità del ricorso costituisce il presupposto per il pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), se effettivamente dovuto nel caso concreto.

PQM

(-) rigetta il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, se effettivamente dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

 

 

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