Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13303 del 17/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2011, (ud. 08/03/2011, dep. 17/06/2011), n.13303

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

I.P., difensore di sè stesso, elettivamente domiciliato

in ROMA VIA VIRGILIO 8, presso lo studio dell’avvocato CICCOTTI

ENRICO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 134/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 23/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/03/2011 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito per il ricorrente l’Avvocato GENTILI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato CICCOTTI, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con separati ricorsi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano i coniugi I.P. e R.C. impugnavano la cartella esattoriale con la quale era stato chiesto loro il pagamento di una somma a titolo di IRPEF, e accessori, sui redditi dell’anno 1993. La pretesa dell’Ufficio derivava dall’abbattimento del credito di imposta che i contribuenti avevano esposto nella dichiarazione dei redditi del 1992 e, quindi, portato in detrazione dall’imposta sui redditi per il 1993: detto abbattimento a propria volta conseguiva al mancato riconoscimento, da parte dell’Ufficio, degli oneri deducibili indicati dai contribuenti nella dichiarazione dei redditi del 1992.

La Commissione Tributaria Provinciale di Milano, riuniti i ricorsi, li accoglieva e annullava la cartella esattoriale. La Commissione Tributaria Regionale di Milano, adita con l’appello dell’Amministrazione, respingeva il gravame con la sentenza 134/10/05, pronunciata nei confronti del solo I.P. (la sig.ra R. non è indicata come parte resistente nell’epigrafe della sentenza di secondo grado). A fondamento della propria decisione la Commissione Tributaria Regionale argomentava che l’appello era in contrasto con il comportamento concludente della stessa Amministrazione, avendo questa provveduto ad annullare il ruolo con un provvedimento di sgravio che esplicitamente indicava come causale la sentenza di primo grado.

L’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale sulla scorta di due motivi, denunciando, con il primo motivo, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 2, e art. 49 e art. 329 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e, con il secondo motivo, la violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

L’intimato si è costituito con controricorso.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 8.3.011 in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrale censura la statuizione della sentenza di merito che ha respinto l’appello dell’Amministrazione perchè lo ha giudicato incompatibile con remissione del provvedimento di sgravio. Deduce al riguardo la ricorrente che la sentenza impugnata avrebbe errato nell’attribuire alla spontanea esecuzione della sentenza di primo grado – attuata dall’Ufficio adottando un provvedimento di sgravio delle somme iscritte a ruolo, emesso dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado e prima della proposizione dell’appello – il valore di tacita manifestazione di volontà di prestare acquiescenza alla sentenza di primo grado. Assume infatti la ricorrente che la spontanea attuazione della sentenza di primo grado, in quanto doverosa ai sensi D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 2, non implicherebbe alcuna rinuncia alla pretesa fiscale azionata con l’atto impositivo impugnato e, pertanto, non farebbe venir meno l’interesse dell’Amministrazione all’appello.

Col secondo motivo la ricorrente deduce che la Commissione Tributaria Regionale – respingendo l’appello per la sua presunta incompatibilità con l’emissione del provvedimento di sgravio – ha omesso di conoscere del merito delle doglianze svolte dall’Ufficio nei confronti della sentenza di primo grado e, in tal modo, sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 112 c.p.c..

Il contro ricorrente resiste al ricorso dell’Agenzia delle Entrate, argomentando che il richiamo ivi contenuto al disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 2, sarebbe non conferente, in quanto, nella specie, la sentenza di primo grado non era stata notificata all’Ufficio, nè tale sentenza conteneva alcuna condanna dell’Ufficio stesso al rimborso di somme in favore dei contribuenti; lo sgravio era stato invece emesso in autotutela, ai sensi del D.L. n. 564 del 1994, art. 2 quater convertito in legge con la L. n. 656 del 1994, a seguito di una istanza di annullamento delle iscrizioni a ruolo volta non solo ad ottenere lo sgravio, ma anche a porre termine alla controversia.

In ordine al primo motivo di ricorso, si osserva che la Commissione Tributaria Regionale ha motivato la propria decisione nei seguenti termini: “1.’appello dell’Agenzia delle Entrate, datato 24.12.2003, è in netto contrasto con il proprio provvedimento di sgravio, datato 13.10.2003, che ha annullato l’iscrizione a ruolo di cui alla cartella impugnata, riconoscendo esplicitamente come causale del proprio provvedimento la sentenza della Commissione di primo grado qui impugnata. Pertanto l’appello deve essere respinto”.

Tale statuizione è errata.

Se infatti è esatto il rilievo del contro ricorrente secondo cui la vicenda che ci occupa non è riconducibile alla previsione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 2, impropriamente richiamato dalla difesa erariale, in quanto, nella specie, la sentenza di primo grado non conteneva alcuna condanna pecuniaria a carico dell’Ufficio ed a favore del contribuente, va tuttavia affermato che, a prescindere dalla suddetta disposizione, l’emissione di un provvedimento di sgravio di somme dal ruolo, in pendenza del termine per impugnare la sentenza di annullamento della cartella esattoriale emessa per l’esazione di tali somme, non può considerarsi univoca manifestazione di acquiescenza a della sentenza.

Infatti, come questa Corte ha già ripetutamente chiarito, l’acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329 c.p.c. (e configurabile solo anteriormente alla proposizione del gravame, giacchè successivamente allo stesso è possibile solo una rinunzia espressa all’impugnazione da compiersi nella forma prescritta dalla legge), consiste nell’accettazione della sentenza, ovverosia nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non impugnare, la quale può avvenire sia in forma espressa che tacita: in quest’ultimo caso, l’acquiescenza può ritenersi sussistente soltanto quando l’interessato abbia posto in essere atti da quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronunzia, e cioè gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione. Ne consegue che la spontanea esecuzione della pronunzia esecutiva favorevole al contribuente da parte della P.A., anche quando la riserva d’impugnazione non venga al medesimo da quest’ultima resa nota, non comporta acquiescenza alla sentenza preclusiva dell’impugnazione ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 329 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, trattandosi di un comportamento che può risultare fondato anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese legate al contenzioso esecutivo (vedi, in questo senso, le sentenze un. 15212/2001), 16460/2004, 4650/2006, 26156/2006, e, da ultimo, proprio nel senso che lo sgravio delle somme iscritte a ruolo dopo l’annullamento giudiziale di una cartella esattoriale non può essere considerato quale univoca manifestazione di acquiescenza dell’Ufficio alla sentenza di annullamento della cartella, la n. 12384/2009 e la recentissima n. 766/2011).

Il primo motivo di ricorso va pertanto accolto, restando assorbito il secondo, e la sentenza impugnata va cassata; la causa si rinvia quindi alla Commissione Tributaria Regionale di Milano, in altra composizione, perchè conosca nel merito dei motivi dell’appello dell’Ufficio avverso la sentenza di primo grado.

Il giudice di rinvio provvederà altresì alla regolazione delle spese del giudizio di cassazione tra l’Agenzia, vittoriosa in tale giudizio, e la parte privata.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale di Milano, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2011

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