Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13300 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/07/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 01/07/2020), n.13300

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 22443-2018 proposto da:

F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO

REGOLO, 19, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO SERANGELI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO FRANCESCO

MAZZUCCHI;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo Procuratore Speciale e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CLEMENTE IX 10, presso lo studio dell’avvocato LUCIA

FELICIOTTI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

B.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 146/2018 della CORTE d’APPELLO di MILANO,

depositata il 16/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. VALLE

CRISTIANO, osserva.

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.F. impugna, con atto affidato a due motivi, la sentenza della Corte di Appello di Milano, n. 00146 del 16/01/2018, di parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Lecco, in quanto anche il secondo giudice aveva confermato il non riconoscimento del danno da riduzione di capacità lavorativa, per non avere dedotto l’attore di essere disoccupato o di avere perso il lavoro a seguito dell’incidente e di svolgere la medesima professione precedente.

Groupama Assicurazioni s.p.a. resiste con controricorso ed ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I due motivi di ricorso sono proposti, il primo, per omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, concernente l’avvenuta dimostrazione di pregresso svolgimento di attività economica e comunque la lettera di cessazione del rapporto nel maggio 2012 (a fronte di un sinistro stradale avvenuto il 31/07/2009); il secondo per violazione e (o) falsa applicazione degli artt. 2043,1218,1223 c.c. e della L. 26 febbraio 1977, n. 39, art. 4, di conversione del D.L. 23 dicembre 1976, n. 857, deducendo il F. che erroneamente i giudici di merito non hanno tenuto conto che l’elevata percentuale di invalidità permanente avrebbe reso probabile la menomazione della capacità lavorativa.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Il mezzo non censura adeguatamente il ragionamento decisorio del giudice di merito.

In particolare non coglie che il giudice di prime cure non aveva attestato alcunchè in punto di avvenuta dimostrazione di perdita ulteriore di capacità lavorativa, essendosi limitato a rigettare la domanda per carenza di prova ed avendo la Corte territoriale recepito detta motivazione.

Il documento di cui si censura l’omessa valutazione – missiva raccomandata F. Fratelli S.r.l. a F.F. – non è, inoltre, adeguatamente riprodotto o richiamato in atti di causa) nè si indica come e quando sarebbe stato prodotto e non si apprezza se sia decisivo e ciò a fronte di una specifica deduzione in controricorso di Groupama Assicurazioni S.p.a. sul punto della produzione soltanto in fase di appello.

Il secondo mezzo è infondato, in quanto fa perno sul ragionamento presuntivo, che, tuttavia, potrebbe essere adeguatamente utilizzato per la prova dell’entità della riduzione della capacità lavorativa specifica ma non per quanto concerne la consistenza di essa, dovendosi in questa sede dare seguito all’orientamento di legittimità oramai stabilizzatosi in materia (Cass. n. 15737 del 15/06/2018 Rv. 649412 – 01): “Il danno patrimoniale futuro, derivante da lesioni personali, va valutato su base prognostica ed il danneggiato può avvalersi anche di presunzioni semplici, sicchè, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere, salvo prova contraria, che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura – non necessariamente in modo proporzionale – qualora la vittima già svolga un’attività lavorativa. Tale presunzione, peraltro, copre solo l'”an dell’esistenza del danno, mentre, ai fini della sua quantificazione, è onere del danneggiato dimostrare la contrazione dei suoi redditi dopo il sinistro, non potendo il giudice, in mancanza, esercitare il potere di cui all’art. 1226 c.c., perchè esso riguarda solo la liquidazione del danno che non possa essere provato nel suo preciso ammontare, situazione che, di norma, non ricorre quando la vittima continui a lavorare e produrre reddito e, dunque, può dimostrare di quanto quest’ultimo sia diminuito.” e (Cass. n. 14517 del 10/07/2015 Rv. 636017 – 01): “Il grado di invalidità permanente determinato da una lesione all’integrità psico-fisica non si riflette automaticamente, nè tanto meno nella stessa misura, sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica, sicchè è onere del danneggiato – per consentire al giudice di procedere ad una liquidazione del danno patrimoniale futuro con criteri presuntivi, e ciò anche nei casi in cui la ricorrenza dello stesso risulti altamente probabile per l’elevata percentuale di invalidità permanente – supportare la richiesta risarcitoria con elementi idonei alla prova del pregresso effettivo svolgimento di attività economica, ovvero del possesso di una qualificazione professionale acquisita e non ancora esercitata”.

Il ricorso è, pertanto, rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e1 tenuto conto del valore della causa e dell’attività defensionale, sono liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 3.800,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 6 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 1 luglio 2020

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