Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13299 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. III, 18/05/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 18/05/2021), n.13299

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36359/2019 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARANTO 90, presso

lo studio dell’avvocato LUCIANO NATALE VINCI, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE MARIANI;

– ricorrenti –

contro

PREFETTO PROVINCIA POTENZA, MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

QUESTURA POTENZA;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 235/2019 del GIUDICE DI PACE di POTENZA,

depositata il 29/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/01/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. G.A., proveniente dall'(OMISSIS), propone ricorso per cassazione nei confronti del Ministero dell’Interno, della Prefettura e della Questura di Potenza, avverso l’ordinanza del Giudice di pace di Potenza, del 28 ottobre 2019 comunicata in pari data mediante PEC, con la quale il Giudice di pace, confermava il decreto di espulsione.

Il Ministero dell’Interno e della Prefettura – Ufficio territoriale del Governo di Potenza resistono con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

2. Il ricorso denuncia, come unico motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa o erronea applicazione o interpretazione di una norma di legge: D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 142 e 82 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, comma 4.

Lamenta che il decreto prefettizio impugnato è privo di una motivazione convincente assunta secondo le regole delle norme sopra richiamate.

3. Il motivo è inammissibile.

In tema di immigrazione, il giudice di pace, investito dell’impugnazione del decreto di espulsione emesso dal Prefetto, può sindacare solo la legittimità del provvedimento e, se non conforme a legge, disporne l’annullamento, ma non anche sostituire od integrare la motivazione dell’atto, trattandosi di attività preclusa alla giurisdizione ordinaria.

Infatti il provvedimento di espulsione dello straniero è obbligatorio a carattere vincolato, sicchè il giudice ordinario è tenuto unicamente a controllare, al momento dell’espulsione, l’assenza del permesso di soggiorno perchè non richiesto (in assenza di cause di giustificazione), revocato, annullato ovvero negato per mancata tempestiva richiesta di rinnovo, mentre è preclusa ogni valutazione, anche ai fini dell’eventuale disapplicazione, sulla legittimità del relativo provvedimento del questore trattandosi di sindacato che spetta unicamente al giudice amministrativo (Cass. 17408/2015; Cass. 12976/2016; Cass. 18788/2020).

Nel caso di specie il giudice del merito si è attenuto ai suddetti principi. E comunque il motivo è privo di specificità, apodittico e richiede una rivalutazione di merito insindacabile in questa sede.

4. Pertanto la Corte dichiara inammissibile il ricorso. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 1.000 di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito, dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

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