Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13299 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/07/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 01/07/2020), n.13299

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 20435-2018 proposto da:

R.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GREGORIO VII

396, presso lo studio dell’avvocato PIERLUCA BATTISTI, rappresentato

e difeso dall’avvocato MARIA VITIELLO;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 28,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CILIBERTI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

V.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 86/2018 del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA,

depositata il 15/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CRISTIANO

VALLE, osserva quanto segue.

Fatto

FATTI DI CAUSA

R.S. impugna, con due motivi, la sentenza, n. 00086 del 15/01/2018, del Tribunale di Torre Annunziata, che sull’impugnazione avverso sentenza – di rigetto della domanda di risarcimento danni proposta dall’attore/ricorrente – del Giudice di Pace della stessa sede, ha dichiarato la nullità dell’atto di citazione in primo grado ed ha rigettato l’appello proposto dall’odierno ricorrente, con compensazione delle spese di lite.

Resiste con controricorso la Generali Assicurazioni S.p.a..

Il ricorso è stato avviato a trattazione secondo il rito di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

A seguito della comunicazione di fissazione dell’adunanza camerale con allegata la proposta di definizione con pronuncia di manifesta infondatezza il difensore del ricorrente ha depositato memoria nel termine di cui all’art. 380 bis, comma 2, c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Rilevato che i motivi di ricorso deducono: il primo, violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c., comma 3, nn. 3 e 4, e art. 164 c.p.c. ed il secondo omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

ritenuto che il primo motivo di ricorso è meramente reiterativo del primo dei motivi di appello proposti dal R. avverso la sentenza del Giudice di pace, ma non riporta in alcun modo, al fine di consentire un adeguato scrutinio del mezzo, il contenuto dell’atto di citazione formulato in primo grado, del quale il Tribunale ha dichiarato la nullità, limitandosi a riportare, alla penultima pagina del ricorso per cassazione un breve stralcio, di sole cinque righe della citazione in primo grado e con riferimento, peraltro, alla prospettazione del secondo motivo di ricorso;

ritenuto che, pertanto, il primo mezzo è inammissibile, in quanto carente di specificità e il ricorso non è rispondente ai requisiti di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, in quanto la sua illustrazione si fonda su un atto processuale, ma non osserva nessuno dei contenuti dell’indicazione specifica prescritta dall’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto non ne trascrive direttamente il contenuto per la parte che dovrebbe sorreggere la censura, nè, come sarebbe stato possibile in alternativa, lo riproduce indirettamente indicando la parte del documento o dell’atto, in cui troverebbe rispondenza l’indiretta riproduzione, soprattutto avuto riguardo alla descrizione delle modalità con cui si sarebbe svolto l’affermato sinistro stradale, in particolar modo avuto riguardo alle condizioni di tempo e di luogo dell’attraversamento della strada da parte del R.;

ritenuto che, in aderenza all’orientamento di questa Corte, al quale il Collegio intende dare seguito (Cass. n. 06673 del 19/03/2018 Rv. 648296 – 01): “i vizi riguardanti la “editio actionis” sono rilevabili d’ufficio dal giudice e non sono sanati dalla costituzione in giudizio del convenuto, essendo questa inidonea a colmare le lacune della citazione stessa, che compromettono lo scopo di consentire non solo al convenuto di difendersi, ma anche al giudice di emettere una pronuncia di merito, sulla quale dovrà formarsi il giudicato sostanziale; ne consegue che non può farsi applicazione dell’art. 156 c.p.c., comma 3, e art. 157 c.p.c., essendo la nullità in questione prevista in funzione di interessi che trascendono quelli del convenuto”;

ritenuto che il secondo motivo è del pari inammissibile, in quanto deduce un vizio di contraddittorietà della motivazione (non più utilmente esperibile dal 2012, se non nei limiti segnati dalla giurisprudenza nomofilattica del 2014: Sez. U n. 08053 e n. 08054 del 2014), nominandolo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma non indicando quale sarebbe il fatto decisivo del quale il Tribunale avrebbe omesso l’esame e limitandosi, come già detto, a riportare cinque righe dell’atto di citazione in primo grado, incentrale su punti in ordine ai quali il Tribunale ha comunque statuito e reso una valutazione di inidoneità complessiva dell’atto;

ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

ritenuto che le spese di lite seguono la soccombenza e 1 tenuto conto del valore della causa e dell’attività defensionale, sono liquidate come da dispositivo;

ritenuto che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis;

PQM

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in complessivi Euro 2.300,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 6 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 1 luglio 2020

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