Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13297 del 29/05/2013
Civile Sent. Sez. 5 Num. 13297 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: MELONI MARINA
SENTENZA
sul ricorso 21594-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
655
contro
FILPUNTO SRL in persona del Liquidatore e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio
dell’avvocato PANARITI PAOLO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in calce;
Data pubblicazione: 29/05/2013
- controricorrente
–
avverso la sentenza n. 66/2007 della COMM.TRIB.REG.
di TRIESTE, depositata il 10/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/02/2013 dal Consigliere Dott. MARINA
udito per il ricorrente l’Avvocato ALBENZIO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.
MELONI;
Svolgimento del processo
A seguito di notifica di avvisi di revisione
dall’Agenzia delle Dogane di Trieste per il
recupero dei maggiori diritti doganali relativi ad
alcune operazioni di importazione a dazio agevolato
di filato acrilico, cotone o nylon di origine
croata, scortate da certificato EUR l attestante
l’origine preferenziale croata, veniva disposto il
recupero dei dazi doganali in quanto risultava da
un controllo a posteriori che il certificato EUR l
non era valido. Infatti il 30% del materiale usato
risultava senza origine e quindi non rispettava le
condizioni per il suo rilascio, come dichiarato
dalla stessa autorità Croata a seguito di richiesta
da parte dell’Ufficio doganale.
dell’accertamento emessi in data 28 febbraio 2003
La società Filpunto srl presentava separati ricorsi
avverso gli avvisi di revisione dell’accertamento,
emessi in data 28 febbraio 2003 dall’Agenzia delle
Dogane di Trieste per il recupero dei maggiori
diritti doganali, davanti alla Commissione
Tributaria provinciale di Trieste la quale con
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sentenza ora definitiva nr.92/7/2004 del 14/12/2004
rigettava i ricorsi.
Nel frattempo venivano emessi altrettanti atti di
di Muggia/Rabuiese i quali, impugnati dalla società
davanti alla CTP di Trieste, venivano dichiarati
illegittimi con sentenza nr. 93/7/2004 in data
14/12/2004.
Su ricorso in appello proposto dalla Agenzia delle
Dogane, la Commissione tributaria regionale del
Friuli Venezia Giulia con sentenza nr.66/11/07
depositata in data 10/10/2007, rigettava l’appello
e confermava la sentenza nr. 93/7/2004 di primo
grado relativa agli atti di irrogazione delle
sanzioni. Avverso la sentenza della Commissione
Tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia ha
proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle
Dogane di Trieste con cinque motivi, ha resistito
la Filpunto srl con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente
Agenzia delle Dogane lamenta violazione e falsa -2
irrogazione di sanzioni amministrative dalla Dogana
applicazione dell’art.5 d.lgs. 18/12/1997 nr. 472
e dell’art. 2697 cc in relazione all’art. 360 nr.3
cpc in quanto la CTR ha ritenuto non sanzionabile
il comportamento della società per illeciti
Con il secondo e terzo motivo
di ricorso, la
ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione
dell’art. 2909 cc e 324 cpc per contrasto con
giudicato esterno in relazione all’art. 360 nr.3 e
4 cpc in quanto la CTR ha ritenuto, in contrasto
con la sentenza nr. 92/7/2004 del 14/12/2004
pronunciata tra le stesse parti dalla CTP di
Trieste e passata in giudicato nel giudizio
relativo agli avvisi di accertamento per le stesse
operazioni di importazione, che la Filpunto srl non
fosse responsabile per falsità o irregolarità delle
dichiarazioni EUR l e che sussistevano i
presupposti per l’applicazione dell’art. 220 cdc.
Con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente
lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.
303 dpr 23/1/1973 nr. 43 ed art.12 disp.prel.cc in
relazione all’art. 360 nr.3 cpc in quanto la CTR ha
ritenuto, in contrasto con il principio di riserva
di legge nel settore delle sanzioni amministrative,
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commessi da altri quali la ditta esportatrice.
condotta ai sensi
che fosse punibile una
dell’art. 303 TULD anche se non espressamente
prevista e quindi in violazione del principio di
legalità e nonostante il divieto di estensione
analogica delle disposizioni sanzionatorie oltre i
Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente
lamenta insufficiente e omessa motivazione su un
fatto controverso e decisivo della controversia in
relazione all’art. 360 nr.3 cpc.
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
In ordine al primo motivo di ricorso ritiene
infatti la Corte che, ai fini dell’affermazione
della responsabilità del contribuente ai sensi
dell’art. 5 quinto comma, del d.lgs. n. 471 del
1997, occorre che l’azione od omissione sia
volontaria, ossia compiuta con coscienza e volontà,
e colpevole cioè eseguita con dolo o colpa
consistente in negligenza, imprudenza o imperizia e
casi ed i tempi specificati.
l’onere della prova dell’assenza di colpa grava sul
contribuente, sicchè va esclusa la rilevabilità
d’ufficio di una presunta carenza dell’elemento
soggettivo sotto il profilo della mancanza assoluta
di colpa.
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u-n
Ai fini della punibilità, l’elemento psicologico
della colpa è infatti presunto a carico di colui
che abbia consapevolmente e volontariamente posto
E’ stato chiarito a tale
in essere l’atto vietato.
03/08/2012)” In tema di sanzioni per le violazioni
delle disposizioni in materia doganale, ai fini
dell’affermazione della responsabilità per
l’illecito amministrativo previsto dall’art. 303
del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, che punisce chi
renda “dichiarazioni relative alla qualità, alla
quantità ed al valore delle merci destinate alla
importazione definitiva” non corrispondenti
all’accertamento degli Uffici finanziari, ai sensi
dell’art. 5 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472,
occorre che l’azione o l’omissione indicata dalla
fattispecie sia volontaria, ossia compiuta con
coscienza e volontà, e colpevole, ossia compiuta
proposito che (Sez. 5, Sentenza n. 14030 del
con dolo o negligenza, ma, una volta dimostrata
dall’autorità amministrativa la fattispecie tipica,
grava sul trasgressore l’onere di prova
dell’assenza di colpa, in virtù della presunzione
posta dall’art. 3 della legge 24 novembre 1981, n.
689.”
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k,/\
Il secondo e terzo motivo di ricorso, da trattarsi
congiuntamente in quanto inerenti alla stessa
questione, sono ugualmente fondati. Risulta infatti
dagli atti che la CTR di Trieste con sentenza
sentenza di primo grado 92/07/2004 di rigetto dei
ricorsi avverso gli avvisi di accertamento
relativi alla medesima controversia tra le stesse
parti. Quest’ultima sentenza risulta passata in
giudicato in quanto mai proposto ricorso per
cassazione come da attestazione della cancelleria
in calce alla copia conforme della sentenza stessa.
L’identità del fatto materiale, così come accertato
nella sentenza passata in giudicato, impedisce
ulteriori accertamenti di fatto e statuizioni
contrastanti con il giudicato già formatosi stante
il collegamento fattuale tra le materie oggetto dei
due giudizi, il primo relativo al pagamento del
nr.140/10/06 depositata il 7/12/2006 confermava la
dazio, il secondo alla sanzione conseguente al
mancato pagamento.
Il
quarto
motivo
di
ricorso
inerente
all’applicazione dell’art. 303 dpr 23/1/1973 nr. 43
sotto vari profili, risulta parimenti fondato.
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In tema di sanzioni per le violazioni delle
disposizioni in materia doganale, costituisce
illecito amministrativo a norma dell’art. 303 del
d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, che punisce “le
ed al valore delle merci destinate alla
importazione definitiva” non corrispondenti
all’accertamento degli Uffici finanziari, anche la
falsa o difforme dichiarazione sull’origine, la
provenienza e la destinazione delle merci, in forza
di una interpretazione estensiva della fattispecie,
poiché, assumendo l’elemento della “origine” della
merce rilevanza determinante nel diritto doganale
ai fini dell’applicazione di norme “antidumping” e
di norme esonerative o agevolative, la sottrazione
di tale condotta all’area della sanzione sarebbe in
contrasto con il principio costituzionale di
ragionevolezza e con la normativa comunitaria,
secondo la quale, come da ultimo indicato nella
sentenza della Corte di Giustizia UE del 15
dicembre 2011, causa C-409/10, il certificato di
origine è condizione per l’ottenimento del
beneficio daziario. (Sez. 5, Sentenza n. 14030 del
03/08/2012).
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dichiarazioni relative alla qualità, alla quantità
A tale proposito erroneamente la sentenza della
CTR,
nella fattispecie,
ha ritenuto che il
comportamento fraudolento della società di
esportazione costituisce causa di non punibilità
controlli operati dalle autorità doganali, in
quanto risulta dagli atti e dai documenti di causa
che la Filpunto srl, pur non avendo partecipato
alle irregolarità o falsità in ordine alle
dichiarazioni di origine EUR provenienti dalla
società esportatrice e presentate all’atto
dell’esportazione, ha comunque goduto indebitamente
dei benefici daziari utilizzando proprio le false
attestazioni che indicavano l’origine non veritiera
della merce. Invero il debitore è il dichiarante
della merce importata, per cui anche se questa sia
accompagnata da certificati inesatti o falsificati
a sua insaputa, la Comunità Europea non è tenuta a
dell’importatore come anche la mancanza di
subire le conseguenze di comportamenti scorretti
dei fornitori dei suoi cittadini, che rientrano
invece nel rischio dell’attività commerciale,
contro il quale gli operatori economici possono
premunirsi nell’ambito dei loro rapporti negoziali
( sez.5 nr. 15758 del 19/9/2012; nr. 4022 del
14/3/2012; nr. 1583 del 3/2/2012).
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n
Lo stato soggettivo di buona fede dell’importatore
non ha valenza esimente “in re ipsa” ma solo se
riconducibile ad una delle situazioni fattuali
individuate dalla normativa comunitaria, tra le
debitore di buona fede, nonostante la sua
esperienza e diligenza, imputabile a comportamento
attivo dell’Autorità doganale (sez.V nr. 7674 del
16/5/2012). In particolare, detto errore non può
consistere nella mera ricezione di dichiarazioni
inesatte dell’esportatore, dato che
l’Amministrazione non deve verificarne o valutarne
la veridicità, ma richiede un comportamento attivo,
perché il legittimo affidamento del debitore è
protetto solo se le autorità competenti hanno
determinato i presupposti su cui si basa la sua
fiducia, mentre la Comunità non è tenuta a
sopportare le conseguenze pregiudizievoli di
comportamenti scorretti dei fornitori degli
importatori (Cass. 2012/4022). Inoltre l’esenzione
prevista dall’art. 220, secondo comma, lett. b),
del Codice doganale comunitario, che preclude la
contabilizzazione a posteriori dell’obbligazione
doganale in presenza di un errore dell’autorità
doganale e della buona fede dell’operatore,
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quali l’errore incolpevole non rilevabile dal
presuppone
la
genuinità
del
certificato di origine, cioè la sua regolarità
formale e sostanziale. Di conseguenza spetta
all’importatore
che- intende
usufruire
dell’esenzione dimostrare l’origine della merce che
buona fede, mediante la prova della sussistenza
cumulativa di tutti i presupposti indicati dalla
citata norma, mentre all’Autorità doganale incombe
esclusivamente l’onere di dare dimostrazione delle
irregolarità delle certificazioni presentate,
atteso che qualsiasi certificato che risulti
inesatto autorizza il recupero a posteriori, senza
necessità di alcun procedimento intermedio che
convalidi la non autenticità, provvedendo gli
stessi organi dell’esecutivo comunitario a fornire
tramite le disposte commissioni di inchiesta le
conclusioni cui debbono attenersi le Autorità
nazionali (Cass. 2009/13680).
Non sussiste un errore attivo commesso in via
autonoma dalle Autorità Doganali locali in quanto,
nel caso in esame, l’errore delle Autorità Doganali
che ha impedito l’immediata riscossione del tributo
non era di natura tale da non poter essere
ragionevolmente scoperto dal debitore in buona fede
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importa e, in ogni caso, il suo stato soggettivo di
SENTE DÀ RF.GISTRAZZONE
AI SENSI DEL
N. 131 TAB. ALL. – N.5
MATERIA TRIBUTARIA
e ciò per la natura di operatore professionale
dell’importatore.
Il ricorso della Agenzia delle Dogane deve quindi
essere accolto in relazione ai primi quattro
motivi, assorbito il quinto relativo a vizi
motivazionali e, poiché la causa può essere decisa
nel merito non essendo necessari ulteriori
accertamenti, deve essere rigettato il ricorso
introduttivo con condanna alle spese del giudizio
di legittimità della società Filpunto srl. La
peculiarità della lite giustifica la compensazione
delle spese dei gradi di merito.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle
Entrate in relazione ai primi quattro motivi,
dichiara assorbito il quinto e, decidendo nel
merito, rigetta il ricorso introduttivo e condanna
Filpunto srl al pagamento delle spese del giudizio
di legittimità in favore della Agenzia delle Dogane
che si liquidano in
6.000,00 oltre spese
prenotate a debito. Compensa le spese dei gradi di DEPOSITATO!NCANCELLERIA
merito.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della
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2 9 MAG. 2013
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