Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13296 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. III, 18/05/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 18/05/2021), n.13296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36049/2019 proposto da:

M.A., domiciliato ex lege in Roma, presso la cancelleria della

Corte di Cassazione rappresentato e difeso dall’avvocato SARA DE

LUCA;

– ricorrente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE VERONA;

– intimati –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 4848/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 07/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/01/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. M.A., cittadino del Pakistan, chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento della sua istanza il richiedente raccontò di essere fuggito a causa della persecuzione a sfondo politico intrapresa da alcuni esponenti del partito contrapposto (OMISSIS). Esponeva il ricorrente che il fratello, M.W., era un vero e proprio attivista del suddetto partito tanto da venire nominato nel (OMISSIS) Segretario dell’Unione. Tale incarico espose la famiglia a minacce di morte da parte degli oppositori che culminarono in un attentato in cui perse la vita il fratello.

A Commissione Territoriale rigettò l’istanza. Avverso tale provvedimento M.A. propose ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, dinanzi il Tribunale di Venezia che rigettò il reclamo.

Il Tribunale ritenne che mancavano i presupposti per il riconoscimento di qualsiasi forma di protezione.

3. Tale decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Venezia con sentenza n. 4848/2019, pubblicata il 7 novembre 2019.

4. Tale pronuncia è stata impugnata per cassazione da M.A., con ricorso fondato su 5 motivi.

Il Ministero dell’Interno non presenta difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5.1. Con il primo motivo il ricorrente sostiene ex art. 360, n. 4 e 5 c.p.c. la “nullità della sentenza per motivazione apparente e/o perplessa e incomprensibile e/o omesso esame di un fatto decisivo (in violazione dell’art. 112 c.p.c.)”.

La sentenza sarebbe affetta da nullità in quanto è completamente priva di qualunque argomentazione giuridica in ordine alla vicenda personale del ricorrente con particolare riferimento all’aggressione e alle minacce subite dal ricorrente ad opera degli esponenti del partito politico oppositore. La Corte d’appello avrebbe incentrato il thema decidendum esclusivamente sull’attualità del pericolo utilizzato come parametro per valutare la credibilità e coerenza del racconto reso dal ricorrente.

Il motivo è fondato.

Infatti non risulta chiaro il percorso motivazionale della decisione seguito dalla Corte Veneziana. La pronuncia impugnata rivela una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, nè alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito.

E’ contraddittoria la motivazione sulla credibilità M.A. (pag. 3 sentenza impugnata) dove si afferma prima che la specifica vicenda confermata dall’appellante – che lo avrebbe costretto a lasciare il proprio paese d’origine per sfuggire alle minacce di morte degli uccisori del fratello, così intenzionati a ottenere dall’appellante la revoca della denuncia sporta a loro carico nell’immediatezza del fatto – si sostanzia nel timore di essere infine vittima, ove rimpatriato, della vendetta delle persone che aveva riconosciuto e denunciato quali autori dell’omicidio, senza alcuna tutela a causa del livello di corruzione e comunque del disinteresse delle istituzioni statuali e delle forge dell’ordine, e poi che le minacce restano collegate ad una denuncia ormai risalente nel tempo, verosimilmente ignorata o comunque superata dalle indagini penali, di guisa che l’eventualità della persecuzione paventata non è di per sè inquadrabile nella Convenzione di Ginevra.

In sostanza, la Corte d’Appello ha escluso il riconoscimento di alcuna delle forme di protezione internazionale sulla base del rilievo che i fatti narrati dal ricorrente sarebbero privi di coerenza e credibilità laddove questi avrebbe prodotto in giudizio copia della denuncia sporta contro i responsabili della morte del fratello senza peraltro aver documentato il ruolo politico rivestito da quest’ultimo, ritenendo comunque opinabile la lettera dell’avvocato pakistano con cui consigliava al ricorrente la fuga.

In particolare, il collegio veneziano ha ritenuto che l’appellante non abbia fornito alcun elemento a sostegno della perdurante attualità dei timori nutriti di talchè una denuncia sporta sei anni or sono farebbe ritenere non più attuale il pericolo per il ricorrente (cfr. pag. 6 e 7).

Pertanto la motivazione del giudice del merito è meramente apparente dove afferma la non credibilità della storia e al tempo stesso non valuta la documentazione fornita dal ricorrente (o motiva in modo contraddittorio).

5.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 2729 c.c., comma 1, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), nella parte in cui la Corte d’Appello ritiene legittimo il diniego della protezione internazionale al ricorrente sulla base di una presunzione semplice e non suffragata dei requisiti richiesti dalla norma di diritto sostanziale”.

5.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la “violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in combinato disposto con l’art. 3, comma 3 lett. c) del medesimo D.Lgs., per non aver fatto la Corte d’Appello di Venezia adeguata applicazione delle norme di diritto pertinenti per come interpretate dalla giurisprudenza di legittimità; nonchè omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver la Corte d’Appello analizzato il contesto giudiziario interno al Gujart”.

5.4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la “violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3 e del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, per omessa utilizzazione dei poteri istruttori d’ufficio volti ad appurare in maniera esaustiva la situazione non solo politica, ma anche economica sociale, del Gujart”.

La corte veneziana sarebbe incorsa in errore laddove è stato omesso un qualsivoglia minimo approfondimento istruttorio in ragione dell’inverosimiglianza del racconto reso dal ricorrente. Eccepisce quindi il ricorrente la violazione del dovere di cooperazione che incombe in capo al giudicante di merito imponendogli di accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri ufficiosi istruttori. La Corte giudicante, invece, si sarebbe limitata a richiamare il rapporto Easo del luglio 2016 che non è più attuale e comunque generico.

5.5. Con il quinto motivo il ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, per come richiamato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, per non avere per non avere la Corte d’Appello di Venezia fatto corretta applicazione dell’istituto della protezione umanitaria per come sviluppata dalla giurisprudenza di legittimità.

Il ricorrente lamenta che il giudizio comparativo e prognostico effettuato dalla Corte territoriale sarebbe parziale e superficiale ovvero circoscritto all’ambito lavorativo del ricorrente nella sua patria: invero, la Corte avrebbe completamente ignorato che, a causa della denuncia sporta verso l’assassino del fratello, il ricorrente non potrebbe comunque svolgere alcun lavoro perchè ciò gli verrebbe precluso a causa della persecuzione a cui sarebbe inevitabilmente esposto nel caso di rientro forzato.

6. I motivi dal secondo al quinto sono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo.

7. Pertanto la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione.

PQM

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

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