Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13296 del 17/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2011, (ud. 15/02/2011, dep. 17/06/2011), n.13296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14327/2005 proposto da:

E.L., e per esso agli eredi impersonalmente, difensore di

se medesimo, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI GRACCHI 84,

(avviso postale), deceduto;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI NAPOLI in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA A. CATALANI 26, presso lo studio

dell’avvocato D’ANNIBALE ENRICO, rappresentato e difeso dall’avvocato

BARONE Edoardo, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 49/2005 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 24/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

15/02/2011 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso in

subordine rigetto.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

E.L. propone ricorso per cassazione nei confronti del Comune di Napoli (che ha resistito con controricorso) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avvisi di accertamento Tarsu per gli anni 2000-2002, la C.T.R. Campania riformava la sentenza di primo grado (che aveva accolto il ricorso del contribuente) rilevando che la notifica dell’avviso opposto doveva ritenersi pienamente rituale e che la pretesa dell’amministrazione era fondata nel merito.

Col primo motivo, deducendo nullità del giudizio d’appello per violazione dell’art. 139 c.p.c., commi 3 e 4, il ricorrente afferma che l’atto d’appello del Comune di Napoli sarebbe inficiato da radicale nullità in quanto notificato al portiere in mancanza di invio della prescritta raccomandata e di apposizione della firma del suddetto portiere sull’originale.

La censura è infondata.

E’ innanzitutto da rilevare che l’appello risulta depositato il 16.07.2004 e che, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 174 (T.U. privacy), dell’art. 139 c.p.c., comma 4, è stato modificato nel senso che, quando la notifica sia fatta mediante consegna della copia dell’atto al portiere dello stabile o al vicino di casa, questi debbono sottoscrivere una ricevuta anzichè l’originale dell’atto.

Giova altresì rilevare che il ricorrente non precisa se la notifica dell’atto di appello sia avvenuta ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 7, norma che non prevede l’invio di raccomandata, essendo peraltro da evidenziare che, con sentenza n. 131 del 2007, la Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della suddetta norma nella parte in cui non prevede che, avvenuta la consegna del piego al portiere dello stabile, sia data notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata.

In ogni caso, posto che la mancata notizia al destinatario, a mezzo di lettera raccomandata, dell’avvenuta notificazione dell’atto con consegna a mani del portiere, non comporterebbe inesistenza della notifica (peraltro neppure dedotta dal ricorrente in questa sede), è sufficiente evidenziare che (da quanto dedotto dallo stesso ricorrente nei motivo che segue nonchè) dagli atti processuali risulta che (contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata) E.L. si costituì in appello e propose anche appello incidentale, onde una eventuale nullità della notifica dell’appello deve ritenersi sanata ai sensi dell’art. 156 c.p.c..

Col secondo motivo, deducendo nullità del giudizio d’appello per violazione degli artt. 112, 333, 335 e 101 c.p.c., nonchè artt. 132, 136 e 176 c.p.c., oltre che D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 33, il ricorrente rileva che non gli fu data comunicazione della data dell’udienza in appello e che, contrariamente a quanto affermato dai giudici della C.T.R., egli si costituì in appello, proponendo anche impugnazione incidentale, sulla quale non vi fu alcuna pronuncia.

Le censure esposte sono fondate.

A differenza di quanto affermato dai giudici d’appello, dagli atti risulta che E.L. si costituì in appello e propose anche impugnazione incidentale, sulla quale i giudici della C.T.R. hanno omesso ogni pronuncia.

Quanto al dedotto mancato ricevimento della comunicazione dell’udienza di discussione, considerato che nella specie non vi fu udienza pubblica bensì trattazione camerale e che tra le disposizioni di cui nel motivo in esame si lamenta la violazione risulta citato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 33 (relativo alla “trattazione in Camera di consiglio”), deve ritenersi che, sia pure con terminologia impropria, il ricorrente abbia inteso denunciare l’omessa comunicazione dell’avviso di trattazione.

La censura, siccome interpretata, è fondata, non risultando dagli atti che all’ E. fu inviato avviso di trattazione.

La fondatezza del motivo in esame comporta l’assorbimento di tutti i successivi motivi.

Alla luce di quanto sopra esposto, il primo motivo di ricorso deve essere rigettato e il secondo accolto, con assorbimento degli altri.

La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio ad altro giudice che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della C.T.R. Campania.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2011

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