Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13294 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/07/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 01/07/2020), n.13294

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12344-2019 proposto da:

V.M., elettivamente domiciliato in ROMA, CIRC.NE CLODIA

80, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO PROSPERINI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 19029/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

l’08/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CIGNA

MARIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con citazione notificata il 18-9-2009 V.M. convenne in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Roma il Comune di Roma per sentirlo condannare al pagamento della somma di Euro 2.800,00, a titolo di risarcimento dei danni subiti dalla propria autovettura Ford Ka in conseguenza dell’incidente avvenuto il 2-9-2007 in (OMISSIS), allorchè il detto veicolo, all’uscita da una curva priva di visuale, era finito sopra un materiale bituminso, mal segnalato e non visibile, ed aveva sbandato, andando poi a finire contro altra auto parcheggiata sul lato opposto.

Si costituì il Comune di Roma, eccependo la propria carenza di legittimazione passiva, in quanto con verbale 24-2-2004 la (OMISSIS) era stata consegnata all’ANAS per la realizzazione di opere stradali di viabilità comunale ancora in corso al momento dell’incidente, e chiedendo la chiamata in causa dell’Anas.

Autorizzata detta chiamata, si costituì l’Anas, contestando “an” e “quantum debeatur”.

Con sentenza 25521/2013 l’adito Giudice di Pace ritenne l’Anas unica responsabile del sinistro e la condannò al pagamento, in favore dell’attore, della somma di Euro 1.458,49, a titolo di ristoro dei danni subiti, evidenziando, in particolare che, stante il predetto verbale di consegna, il potere di governo e di custodia della strada era stato trasferito dal Comune all’Anas; condannò, inoltre, l’attore al pagamento delle spese processuali sostenute dal Comune di Roma, e l’Anas al 50% delle spese di lite sostenute dall’attore; con compensazione, nel rapporto tra attore ed Anas, del restante 50% in virtù della solo parziale soccombenza.

Con sentenza 19029/2018 il Tribunale di Roma ha rigettato l’appello con il quale V.M. si era lamentato della sua condanna al pagamento integrale delle spese processuali sostenute dal Comune, non avendo il primo Giudice tenuto conto che il Comune solo in sede giudiziale aveva prospettato la responsabilità dell’Anas ed aveva prodotto il su menzionato verbale di consegna; in particolare il Tribunale ha ritenuto corretta la detta decisione sulle spese adottata dal Giudice di Pace, essendo la stessa fondata sul principio della soccombenza e sull’insussistenza delle “gravi ed eccezionali ragioni” richieste dall’art. 91 c.p.c. (ratione temporis vigente: L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 2) per disporne la compensazione.

Avverso detta sentenza V.M. propone ricorso per Cassazione, affidato a quattro motivi ed illustrato anche da successiva memoria.

Roma capitale non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, denunziando -ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 91, comma 1, e art. 92 c.p.c., comma 2, si duole che il Tribunale, sulla base del solo dato oggettivo della soccombenza, abbia rigettato il motivo di gravame concernente la condanna alle spese processuali in favore del Comune, senza considerare che esso ricorrente aveva citato senza colpa l’Amministrazione comunale, che solo in corso di giudizio, e senza preventiva informazione, aveva dedotto l’esistenza del rapporto di concessione all’Anas dell’area stradale in questione.

Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, il ricorrente, denunciando -ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4- motivazione apparente per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c., n. 4 e art. 111 Cost., comma 6, si duole che il Tribunale, nell’ipotesi in cui abbia tenuto conto anche del detto atteggiamento preprocessuale (e cioè della mancata informazione concernente il rapporto concessorio), non abbia poi fornito, pur a fronte di una situazione idonea ad influire sulla statuizione sulle spese giudiziali, alcuna motivazione della sua scelta di non derogare alla regola della condanna alle spese.

Con il terzo motivo, proposto in via ancora subordinata, il ricorrente, denunciando -ex art. 360 c.p.c., n. 4- omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 24 Cost., si duole che il Tribunale, nell’ipotesi di cui al motivo precedente, non si sia per nulla pronunziato sull’oggetto del gravame, incorrendo in tal modo nella denunziata violazione.

Con il quarto motivo, proposto in via ancora più subordinata, il ricorrente, denunciando -ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4- violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 111 Cost., comma 6, si duole che il Tribunale non abbia sussunto il detto comportamento preprocessuale nella clausola generale delle “gravi ed eccezionali ragioni” di cui all’art. 92 c.p.c., comma 2.

I motivi, da esaminare congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono inammissibili.

Le censure, pur se sotto diverse angolazioni, si risolvono nel contestare al Tribunale di avere rigettato l’appello sulla condanna alle spese disposta dal primo Giudice, senza tuttavia avere al riguardo tenuto conto del comportamento preprocessuale del Comune, che non aveva adeguatamente comunicato all’attore l’esistenza del rapporto concessorio in questione.

Siffatte doglianze non considerano che, come ripetutamente affermato da questa S.C., non vi è alcun obbligo del giudice di disporre la compensazione totale o parziale delle spese processuali, il cui regolamento infatti, fuori della ipotesi di violazione del principio di soccombenza per essere stata condannata la parte totalmente vittoriosa, è rimesso, anche per quanto riguarda la loro compensazione, al potere discrezionale del giudice di merito.

In particolare è stato precisato che la decisione del giudice di merito in materia di spese processuali è censurabile in sede di legittimità, sotto il profilo della violazione di legge, soltanto quando le spese siano state poste, totalmente o parzialmente, a carico della parte totalmente vittoriosa; non è invece sindacabile, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, l’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito sull’opportunità di compensare, in tutto o in parte le spese medesime.

In conclusioni, quindi, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese in quanto Roma Capitale è rimasta intimata nel presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato inammissibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 1 luglio 2020

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