Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13292 del 28/06/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile sez. III, 28/06/2016, (ud. 03/05/2016, dep. 28/06/2016), n.13292

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. DE MARCHI ALBENGO P. G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28485-2013 proposto da:

M.V., (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO 61, presso lo studio dell’avvocato

MARIA BERNETTI, che lo rappresenta e difende giusta procura in

calce al controricorso;

– ricorrente –

contro

MARIOTTI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore

M.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALFREDO

FUSCO 104, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO CAIAFA, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5255/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2016 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito l’Avvocato MARIA BERNETI;

udito l’Avvocato ANTONIO CAIAFA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza n. 15836/2006 il Tribunale di Roma condannava per responsabilità professionale l’avvocato M.V. a risarcire danni per Euro 26.978,02, oltre a interessi, alla controparte che era stata sua cliente, Mariotti Srl.

Avendo il M. proposto appello contro tale sentenza, la Corte d’appello di Roma lo rigettava, con sentenza del 6 marzo-23 ottobre 2012.

2. Ha presentato ricorso il M., sulla base di quattro motivi: il primo denuncia violazione di legge in relazione al capo della sentenza che dichiara la sua responsabilità professionale per avere proposto domanda di condanna nei confronti di Ediltrenta Srl nel giudizio in cui assisteva Mariotti Srl; il secondo denuncia ancora violazione di legge sul capo della sentenza che lo ritiene responsabile per avere proposto nel suddetto giudizio azione di arricchimento senza causa; il terzo contesta l’asserita mancanza di valido consenso informato della cliente Mariotti Srl; il quarto attiene al profilo probatorio e all’effettiva sussistenza o meno di una responsabilità professionale.

Mariotti Srl si è difesa con controricorso, nel quale ha chiesto di respingere il ricorso. Entrambe le parti hanno poi depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è infondato.

3.1 Il primo motivo, relativo al capo della sentenza che ha dichiarato la responsabilità professionale dell’attuale ricorrente per la proposizione di domanda di condanna, nella causa in cui assisteva Mariotti Srl, della controparte di quest’ultima, Ediltrenta Srl, si scinde in due censure.

3.1.1 In primo luogo vengono denunciate, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c..

Nella causa da cui sarebbe scaturita la responsabilità professionale oggetto del presente giudizio, il Tribunale non si era pronunciato sulla domanda principale di condanna di Ediltrenta Srl proposta dal M.; peraltro, nella sentenza in questa sede impugnata il giudice d’appello, aderendo pedissequamente – ad avviso del ricorrente – alla posizione assunta dal primo giudice, opera una valutazione prognostica negativa sull’esito di tale domanda, per l’ipotesi in cui fosse stata considerata, giungendo quindi a reputare ininfluente l’omessa pronuncia. Il ricorrente argomenta per dimostrare che la domanda invece sarebbe stata presentata in modo ben conformato e avrebbe trovato riscontro nell’esito dell’istruttoria.

Nella sentenza impugnata sarebbe stato violato l’art. 112 c.p.c. per avere la corte territoriale considerato la domanda proposta dal M. nell’interesse della sua assistita unicamente sotto il profilo lessicale della citazione che aveva avviato il processo da cui sarebbe derivata la responsabilità.

Dalla sintesi appena tracciata emerge chiaramente che, lungi dall’identificare una violazione dell’art. 112 c.p.c. da parte del giudice d’appello, il ricorrente argomenta per ottenere dal giudice di legittimità una valutazione di merito, e precisamente una ricostruzione alternativa rispetto a quella effettuata nell’impugnata sentenza dei presupposti fattuali della responsabilità professionale del ricorrente. Il contenuto della domanda che, secondo la corte territoriale, anche se fosse stata vagliata non avrebbe apportato alcuna modifica agli esiti del giudizio in cui ritiene che l’attuale ricorrente non abbia ben adempiuto al suo mandato professionale rientra nell’accertamento della condotta posta in essere dall’avvocato per adempiere al suo mandato, e pertanto nell’ambito della cognizione di merito. Non incide in senso contrario, poi, l’indiscutibile dato che, per compiere tale accertamento, sia necessario da parte del giudicante anche un vaglio tecnico al fine di determinare le prevedibili conseguenze della condotta dell’avvocato, poichè tale valutazione non può qualificarsi questione di diritto, in quanto è finalizzata – al punto da rimanervi assimilata – alla ricostruzione di un fatto storico, solo successivamente all’accertamento del quale la cognizione giurisdizionale potrà operare una valutazione giuridica del fatto stesso (cfr. da ultimo Cass. sez. 3, 13 febbraio 2014 n. 3355, per cui “nelle cause di responsabilità professionale nei confronti degli avvocati, la valutazione prognostica compiuta dal giudice di merito circa il probabile esito dell’azione giudiziale malamente intrapresa o proseguita, sebbene abbia contenuto tecnico-giuridico, costituisce comunque valutazione di un fatto, censurabile in sede di legittimità solo sotto il profilo del vizio di motivazione”; e, in generale, nel senso che la prognosi degli effetti dell’attività dell’avvocato è istituzionalmente riservata al giudice di merito v. Cass. sez. 2, 27 marzo 2006 n. 6967).

3.1.2 In secondo luogo, lamenta il ricorrente, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. Il giudice d’appello ha osservato che l’attuale ricorrente, come difensore della Mariotti Srl, avrebbe dovuto citare PreBlock Srl, anzichè Ediltrenta Srl, che aveva invece convenuto: a quest’ultima, infatti, si riferivano solo le bolle di consegna, mentre a PreBlock Srl erano intestate le fatture. Questo rilievo della corte territoriale ad avviso del ricorrente non sarebbe condivisibile, perchè l’intestazione della fattura non dimostra l’esistenza di un contratto con il soggetto cui è intestata.

Anche questa doglianza rientra nel merito, cioè concerne l’accertamento dell’inadempimento dell’avvocato al suo mandato (sotto il profilo dell’identificazione del legittimato passivo all’azione da proporre) effettuato dal giudice d’appello. Peraltro, nella motivazione accurata che offre la corte territoriale il dato della intestazione delle bolle di accompagnamento e della intestazione delle fatture è solo uno degli elementi che sono stati considerati per ricostruire nella vicenda la posizione delle due società –

PreBlock Srl ed Ediltrenta Srl – con cui la Mariotti s.r.l.

aveva interagito nella vicenda commerciale per cui aveva poi conferito al M. il mandato ad litem.

Tutto il primo motivo, dunque, non dimostra consistenza.

3 2 Passando poi al capo della sentenza che ritiene sussistente la responsabilità professionale dell’avvocato per avere proposto azione di arricchimento senza causa, il secondo motivo del ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 102 e ss. e art. 112 c.p.c.: il giudice d’appello ha ritenuto che detta azione era improponibile perchè PreBlock Srl era obbligata in solido con Ediltrenta Srl; ma, se così fosse stato, secondo il ricorrente dovrebbe reputarsi che il giudice d’appello abbia inteso riconoscere un’ipotesi ex art. 102 c.p.c., per cui avrebbe dovuto disporre integrazione del contraddittorio nei confronti della PreBlock Srl.

E se poi da quest’ultima Ediltrenta Srl avesse ritenuto di aver diritto ad essere manlevata, Ediltrenta Srl avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione a chiamarla in causa.

Questo motivo non trova riscontro nell’effettivo contenuto della sentenza (motivazione, pagina 6), che anzi tenta di deformare. Il giudice d’appello, infatti, ha fondato – in conformità con la consolidata lettura giurisprudenziale – la sua valutazione di responsabilità professionale dell’attuale ricorrente per improponibilità dell’azione ex art. 2041 c.c. sulla sussidiarietà di tale azione che concretamente veniva a valere in un contesto in cui proprio dalla prospettazione fornita dal M. nell’atto di citazione emergeva l’esistenza di un altro debitore solidale (cfr.

ex multis, Cass sez. 3, 11 ottobre 2012 n. 17317; Cass. sez. 1, 26 gennaio 2011 n. 1833; S.u. 8 ottobre 2008 n. 24772, Cass. sez. 3, 17 novembre 2003 n. 17375; Cass. sez. 1, 5 agosto 2003 n. 11835), lungi dall’accertare l’esistenza di un litisconsorzio necessario; nè tantomeno appare inseribile nel suo percorso argomentativo la configurazione di una necessità di integrare il contraddittorio sotto il diverso profilo della chiamata ex art. 106 c.p.c. Il motivo risulta quindi manifestamente infondato.

3.3 I terzo motivo, rubricato come violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., concerne l’asserita mancanza di un valido consenso informato della Mariotti Srl rispetto alla tattica difensiva adottata nel suo interesse di cliente dal M..

Mariotti Srl aveva addotto di aver dato direttiva all’avvocato perchè agisse nei confronti di PreBlock Srl, mentre questi agi avverso Ediltrenta Srl.

Nel motivo si sostiene che l’attuale ricorrente avrebbe dimostrato la scienza del cliente in ordine al soggetto che avrebbe citato. La corte territoriale avrebbe integrato la domanda della Mariotti Srl addebitando all’avvocato di non aver ottenuto un valido consenso informato, ma ciò sull’erroneo presupposto che il legale rappresentante della società non avesse “gli strumenti culturali per comprendere la portata della domanda” proposta avverso Ediltrenta Srl. Inoltre, in tal modo la corte territoriale sarebbe incorsa in ultrapetizione.

Anche questa doglianza non merita accoglimento. Anzitutto, deve rilevarsi che la corte territoriale non è incorsa in ultrapetizione, bensì, a fronte del quarto motivo d’appello, ha valutato la questione della “scienza” del cliente “solo, per completezza, di fronte ad una doglianza non chiara nella prospettazione” richiamando giurisprudenza sull’obbligo dell’avvocato di assolvere i doveri di informazione del cliente (motivazione, pagina 7). In verità, la corte territoriale osserva che nel quarto motivo l’appellante in sostanza riproponeva, per contestarla, “la prospettazione della società Mariotti secondo cui avrebbe prospettato…la necessità di agire esclusivamente nei confronti della società Pre-Block”, al riguardo, appunto “per completezza”, replicando che un avvocato, “per essere esonerato da responsabilità, non può limitarsi a sostenere di aver aderito” a indicazioni del cliente, “ma deve dare prova di una corretta informazione riguardo il verosimile esito dell’azione da intraprendere, soprattutto in presenza di un cliente non esperto di diritto”.

L’assunto della corte territoriale è perfettamente corrispondente alla consolidata giurisprudenza di legittimità (oltre a Cass. sez. 2, 30 luglio 2004 n. 14597, citata dalla corte territoriale, v. da ultimo Cass. sez. 3, 20 maggio 2015 n. 10289 che così ben sintetizza la tematica: “La responsabilità professionale dell’avvocato, la cui obbligazione è di mezzi e non di risultato, presuppone la violazione del dovere di diligenza media esigibile ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2; tale violazione, ove consista nell’adozione di mezzi difensivi pregiudizievoli al cliente, non è esclusa nè ridotta quando tali modalità siano state sollecitate dal cliente stesso, poichè costituisce compito esclusivo del legale la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell’attività professionale”; e v. pure Cass. sez. 6-3 ord. 5 settembre 2013 n. 20379 nonchè Cass. sez. 2, 28 ottobre 2004 n. 20869; in particolare a proposito dell’obbligo di informazione v. Cass. sez. 3, 20 novembre 2009 n. 24544).

Il motivo, in conclusione, non mostra fondatezza.

3.4 Il quarto motivo, infine, denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., comma 2, artt. 2236 e 2697 c.c., perchè il cliente ha l’onere di provare la responsabilità dell’avvocato, e nel caso in esame non l’avrebbe fatto. Inoltre, le questioni oggetto della causa da cui sarebbe derivata la responsabilità dell’avvocato sarebbero state opinabili nella loro soluzione. E a ciò dovrebbe aggiungersi che la condotta dell’avvocato non avrebbe danneggiato il cliente, perchè quando M. Srl agì contro di lui non era ancora prescritto il diritto che aveva cercato di fare valere a mezzo della sua attività professionale, cioè il diritto al pagamento di una fornitura di calcestruzzo. Così la corte territoriale avrebbe omesso di considerare che la domanda della Mariotti Srl avverso l’avvocato si fondava su presupposti erronei e non era sorretta da alcun principio di prova.

Il motivo, come si evince dalla sintesi, è un affastellamento di doglianze fattuali che vertono direttamente sulla pretesa mancanza di prova della responsabilità dell’avvocato, sostenendosi che la società da lui assistita non avrebbe adempiuto al relativo onere probatorio: il che significa addurre l’infondatezza dell’accertamento di merito (sulla cui riserva istituzionale ai giudici, appunto, di merito anche per un inadempimento inevitabilmente intriso di elementi tecnici che in questo caso sono giuridici si è già detto più sopra) e chiederne una revisione al giudice di legittimità come se il presente fosse un grado assimilabile nella sua ontologia giurisdizionale ai due gradi precedenti. E’ dunque un motivo inammissibile.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione a Mariotti Srl delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

Sussistono D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere a Mariotti Srl le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 5200, oltre a Euro 200 per esborsi e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA