Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13290 del 31/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 31/05/2010, (ud. 13/05/2010, dep. 31/05/2010), n.13290

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo

studio dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e difende,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.G.;

– intimata. –

avverso la sentenza n. 721/2005 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 12/10/2005 r.g.n. 607/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/05/2010 dal Consigliere Dott. NOBILE Vittorio;

udito l’Avvocato MARIO MICELI per delega ROBERTO PESSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 20-4-2004 il Giudice del lavoro di Potenza rigettava la domanda proposta nei confronti della s.p.a. Poste Italiane da T.G., la quale, premesso che aveva lavorato alle dipendenze della societa’ con contratto a termine dal 2-5-2002 al 31/5/2002, aveva chiesto che fosse dichiarata la nullita’ della clausola di apposizione del termine, conseguentemente qualificando a tempo indeterminato la propria assunzione, e che la societa’ convenuta fosse condannata alla sua reintegra ed al pagamento delle competenze retributive maturate nel frattempo in suo favore, oltre accessori.

La T. proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con l’accoglimento della domanda introduttiva.

La s.p.a. Poste Italiane si costituiva resistendo al gravame.

La corte d’Appello di Potenza, con sentenza pubblicata in data 19/10/2005, in parziale accoglimento dell’appello, dichiarava la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra le parti con decorrenza dal 2-5-2002 e ordinava alla societa’ appellata la conseguente riammissione in servizio dell’appellante, compensando le spese del doppio grado.

Per la cassazione di tale sentenza la s.p.a. Poste Italiane ha proposto ricorso con due motivi, illustrati con memoria.

La T. e’ rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricorrente con il primo motivo denuncia violazione ed erronea applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 e con il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 1362 c.c. e segg. nonche’ “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”.

In particolare la ricorrente deduce che “il giudice del gravame, sulla premessa della natura “eccezionale” della clausola di apposizione del termine, ritiene arbitrariamente che per ridurre a razionalita’ il sistema, tale ipotesi dovrebbe essere necessariamente correlata ad una serie di limitazioni”, in tal modo disattendendo il principio consolidato “per il quale la L. n. 56 del 1987, art. 23 opera un’ampia delega alla contrattazione collettiva, la quale e’ libera e sovrana nell’individuazione delle fattispecie in relazione alle quali sia possibile l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, con l’unico limite della determinazione della percentuale dei lavoratori da assumere a tempo determinato, rispetto a quelli gia’ impiegati a tempo indeterminato”, con la conseguenza che, nel ricorso di tali fattispecie, deve escludersi “la necessita’ della prova del nesso causale in relazione alla singola assunzione a termine”.

Osserva preliminarmente il Collegio che la sentenza impugnata presenta una evidente intrinseca contraddittorieta’ da cui e’ scaturito un palese errore nella verifica della normativa applicabile ratione temporis (prima ancora che nella interpretazione della stessa).

La Corte d’Appello, infatti, dopo aver chiaramente indicato che si trattava di contratto a termine dal 2-5-2002 al 31-5-2002, senza peraltro indicare la causale concreta del contratto stesso, e’ poi partita dalla premessa della applicabilita’ nella specie della L. n. 56 del 1987, art. 23, in quanto “norma abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, ma quivi applicabile ratione temporis, data l’epoca del rapporto contrattuale sub indice”. Su tale premessa la Corte territoriale ha poi affermato che nel caso in esame non era stato in alcun modo provato il nesso tra la assunzione a termine de qua e le esigenze connesse con la ristrutturazione aziendale.

Orbene, essendo, invece, evidente che il contratto e’ intervenuto successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, la Corte avrebbe dovuto innanzitutto esaminare la specifica causale indicata nel contratto stesso e, alla luce di questa, stabilire preliminarmente se nel caso di specie fosse applicabile la pregressa normativa di cui alla L. n. 56 del 1987, art. 23, in forza della disciplina transitoria di cui all’art. 11 del citato decreto legislativo, oppure la nuova disciplina di cui all’art. 1 di tale decreto.

Al riguardo, in particolare, come e’ stato precisato da questa Corte con la sentenza del 4-8-2008 n. 21092, “in materia di assunzione a termine dei lavoratori subordinati, l’art. 23 della legge 28-2-1987 n. 56, che attribuisce alla contrattazione collettiva la possibilita’ di identificare nuove ipotesi di legittima apposizione del termine, continua a trovare applicazione anche a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, che pure ne reca la formale abrogazione, in relazione alle clausole dei contratti collettivi di lavoro precedentemente stipulati sotto la vigenza della L. del 1987 ed ancora in corso di efficacia al momento dell’entrata in vigore del citato D.Lgs. fino alla scadenza dei contratti collettivi, atteso che la disciplina transitoria, desumibile dal D.Lgs. n. 368, art. 11 ha proprio la finalita’ di garantire una transizione morbida tra il vecchio ed il nuovo sistema”.

In ipotesi, quindi, di applicazione del vecchio sistema, seppure in via transitoria, devono applicarsi i principi piu’ volte affermati da questa Corte in materia, in base ai quali, sulla scia di Cass. S.U. 2- 3-2006 n. 4588, e’ stato previsione di una clausola generale legittimante l’apposizione del termine “per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”.

In tale seconda ipotesi, vanno quindi applicati i principi recentemente dettati da questa Corte, in ordine all’interpretazione dell’art. 1 del D.Lgs. citato.

Al riguardo, come affermato da Cass. 1-2-2010 n. 2279, “in tema di apposizione del termine al contratto di lavoro, il legislatore, richiedendo l’indicazione da parte del datore di lavoro delle “specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”, ha inteso stabilire, in consonanza con la direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia (….), un onere di specificazione delle ragioni oggettive del termine finale, vale a dire di indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti identificative essenziali, sia quanto al contenuto, che con riguardo alla sua portata spazio – temporale e piu’ in generale circostanziale, perseguendo in tal modo la finalita’ di assicurare la trasparenza e la veridicita’ di tali ragioni, nonche’ l’immodificabilita’ delle stesse nel corso del rapporto; tale specificazione puo’ risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro e da esso “per relationem” ad altri testi scritti accessibili alle parti” (come accordi collettivi richiamati nello stesso contratto individuale).

In particolare, poi, come e’ stato precisato da Cass. 27-4-2010 n. 10033, l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1″ a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicita’ di tali ragioni, nonche’ l’immodificabilita’ delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attivita’ e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, si’ da rendere evidente la specifica connessione fra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa. Spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimita’, la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto”.

Con riguardo a questi ultimi questa Corte ha altresi’ chiarito che, “seppure nel nuovo quadro normativo….non spetti piu’ un autonomo potere di qualificazione delle esigenze aziendali idonee a consentire l’assunzione a termine, tuttavia, la mediazione collettiva ed i relativi esiti concertativi restano pur sempre un elemento rilevante di rappresentazione delle esigenze aziendali in termini compatibili con la tutela degli interessi dei dipendenti, con la conseguenza che gli stessi debbono essere attentamente valutati dal giudice ai fini della configurabilita’ nel caso concreto dei requisiti della fattispecie legale”.

Infine, con riferimento alle ragioni sostitutive, questa Corte (v.

Cass. 26-1 -2010 n. 1576, Cass. 26-10-2010 n. 1577) ha precisato che “nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non e’ riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorche’ non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilita’ della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimita’”.

La sentenza impugnata, in considerazione degli errori sopra evidenziati, va, quindi, cassata e la causa va rinviata alla Corte di Appello di Salerno, che provvedera’ al riesame attenendosi ai principi sopra richiamati e statuira’ anche sulle spese di legittimita’.

PQM

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Salerno.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2010

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